NAPOLI (di Atanasio Pizzi Basile- Storico) – In Terra di Sofia, ormai non si è più in grado di distinguere, a iniziare dalla fine del secolo appena trascorso, la storia vera dalle favole inventate; prova lo sono i pomeriggi di calura estiva, quando imprudentemente si elevano “Termini” d’inopportuna memoria.
Nient’altro che rovesci degli storici sacrifici di sangue, che segnano indelebilmente il corso del lavinaio del nobile casato ormai sotterrato completamente, oggi diventato l’ameno del cruento Giuda.
Questo accade, quando si affidano agli asini, i compiti in casa per organizzare parate e si imitano le impronte del cavallo del re, disponendo sin anche la fida gendarmeria, che suona inni di nobili propositi, invece di fare il mestiere primo; ovvero, imprigionare Scriba, Asini e Falsi Re, pronti a ricevere applauso dagli astanti ignari.
Purtroppo questo è il tempo che scorre quando non si possiede la volontà di perseguire la meta del santuario, ma, in continua mutazione si preferiscono Diavoli, bardati a Mezza Festa, senza alcuna consapevolezza delle urla che quel luogo diffonde, perché un “Dante”, lì in Terra di Sofia, è nato cresciuto e seminato germogli di sapere nobile.
Questa metafora vuole evidenziare la mancanza di un mulino, in grado di macinare e separare finemente, la farina dalla crusca, quest’ultima, la sfoglia che avrebbe dovuto difendere la locale cultura.
Tuttavia, quello che più duole, è il ripetersi con volontà perversa, delle cose più infamanti dopo due secoli dallo essersi svolte e penosamente avvenute; prima a “Giugno” in forma di tradimento, poi ad “Agosto”, con vestizioni di tradimento, concludendo alla vigilia di novembre con la pena di condanna a morte.
Non è comprensibile, come tanta perversione passi in quel “ Lavinaio”, al cospetto della Madre venuta da Costantinopoli e come se non bastasse, germoglia e fiorisce incultura, vilmente copiata e sottratta al genio locale.
Per le genti che vivono a impronta di Costantinopoli e Alessandria, il “Lavinaio”, avrebbe dovuto scorrere secondo i dettami dell’inverno e dell’estate, con protagonisti il giorno, la notte, il sole, il vento e le forme naturali irrigue, le stesse che in comune accordo, rendono merito al progredire della vita degli uomini.
Tuttavia da oltre otto stagioni, questa ritmica, ha terminato lo svolgersi in linea con la natura, in quanto vede il terzo genere, ovvero quello irrispettoso del ruolo di nascita, preferendo fare la sposa di notte che non può aver marito.
Lo stato delle cose è divenuto così inopportuno, avvilente, demenziale e deleterio, al punto da piegare le nuove generazioni, queste ultime, ancora acerbe, vivono senza cognizione alcuna, di fatti e cose del passato, non solo dal punto di vista immateriale o puramente conoscitivo, ma addirittura svengono privati della direttrice di approdo; infatti l’ipogeo, per ben due volte, nel tempo di poco men di un secolo è violentato, piantumando e sradicando ulivi nei campi, dove quanti passato a miglior vita, e quindi inermi finiscono per essere addirittura frullati per impasto di cemento.
La Terra di Sofia fa parte di una delle arche delineate a Capua da Scanderbeg nel1464, quella che nel corso della storia ha preso l’impegno con saggia devozione, secondo le disposizioni dell’Ordine del Drago, la stessa che nel XVIII secolo preferì Carlo III per guidare spiritualmente la sua personale armata.
Questo luogo dopo qualche anno ebbe modo di dare i natali a una schiera di luminari, cui purtroppo, fece parte anche chi è considerato il giuda storico di questi esuli: il modello di accoglienza e integrazione mediterranea ancora vitale, grazie a pochi.
Ad oggi purtroppo chi studia la storia di questo luogo, pericolosamente invertita in favore della sacra famiglia perversa, impegnata non a privilegiare tempo, luogo e genio, ma tenere ben distante o fuori i circuiti della cultura che conta, adoperandosi a far diventare questa nobile disciplina un tema di commercio di insaccati privi delle essenze dell’orto botanico di Sofia.
Quando tutto questo abbia avuto inizio, per i comunemente non tema di rilievo, ma per dare ragione a fatti e cose, si può sicuramente affermare che tutto ebbe inizio il pomeriggio dell’undici Novembre del 1799 quando il carro scortato dai Bianchi da Carcere di Castel Capuano, prese la via del Lavinaio e recarsi in Piazza Mercato, il circo di quel tempo, che per finta inforcare male poi, sgozzava come capretti i giovani e liberi pensatori.
Chissà come si si sentita sola Teresa, nel fare quel percorso al fianco del suo amato Pasquale, che andava incontro alla morte, in altre parole un funerale in solitudine con il promesso defunto, che con la sola forza degli sguardi divideva quell’ultimo amplesso di amore.
Dove stavano e cosa facevano, i falsi estimatori paesani, i parenti menzogneri, chissà come hanno impegnato i trenta denari, magari sommandoli a quelli di Giacinto e Paolo in Terra di madre Sofia, per imprestare grano, proprio dove si trova il Termine, di fianco al “Lavinaio” dove ogni 18 di agosto, scorre sangue e trascina grano.
Le cose della storia a terra di Sofia, sono come individui bendati che vorrebbero raccontare cosa è avvenuto in quel luogo ma non possono, il dovere di ogni buon ricercatore è di saper togliere quelle bende sulla bocca e poi in rigoroso silenzio ascoltare e fare tesoro del parlato di quest’ultimo racconto in pena di lingua Arbër Terminale.
Sofia e i suoi figli sono un esempio da non imitare, sia dal puto di vista sociale e sia per le tradizioni consuetudine valorizzate, giacche sempre pronti a disporre le cose “ritenute buone per gli altri”, e mai per sé stessi.
Noti consiglieri e sostenitori di stato gratuito di avvenimenti e vicende, che se affrontato dagli altri unisce tutti mel mutuo muro di gomma, poi quando la stessa vicenda entra nelle proprie case, si affidano al pianto terminale con i capelli sciolti, di chi ha vissuto in solitudine la stessa vicenda.
Come accennato prima, le genti insediatesi il sette settembre 1471, nel corso dei secoli, hanno partecipato con forza alle vicende storiche al pari degli indigeni locali.
Ciò nonostante non usano ricordare i traguardi per opera e genio di molti compaesani, preferendo a questi i giuda seme di morte per danaro.
I lavinai storici in Terra di Sofia sono tre: il primo a est del costruito, il secondo nella parte centrale e il terzo a est, degradanti da sud verso nord lungo il corso prima del Vallone del Duca che va da Ovest ad Esta.
Di questi è proprio quello centrale ad essere il baricentro delle eccellenze storiche in Terra di Sofia, diventato poi nel corso di quel tragico diciotto di agosto, piena di lacrime e grano insanguinato.
Assistere all’esibizione di qualche giullaresco farfallone dopo due secoli, rievocando l’orrenda giornata, per sentirsi protagonista irresponsabile senza velo anzi con fascia e dare la misura locale della vergogna, è stato come se il “ventisette di gennaio” giorno della Shoà, diventasse la giornata del grasso di colatura e lo cibarsi di carne alla griglia.
Un buon pellegrino non smette mai la via del santuario prescelto, anche se lungo il cammino incontra l’orto botanico di Sofia ridotto a discarica o luogo per bambini, che rubano polvere, per spargerla in testa, per sembrare adulti saggi, quando non sono altro che capricciosi di fasce sporche perché mai dismesse.
Allo stato delle cose e per terminare non rimane altro che piangere sui resti delle case che non parleranno mai ai bambini, che resteranno delusi, quando in età adulta scopriranno che quelle sono solo abusi.
In oltre chiedersi se Franco adesso che è passato a miglior vita, ha capito che umiliare Atanasio per il pianto della madre Adelina, davanti la bara di Demetrio non fu mera esibizione.
Caro Franco ovunque tu sia in cielo, devi comprendere che la madre di Attanasio, in quel frangente di dolore per la doppia perdita fisica e quella morale in atto, aveva capito, quando dolore si arreca quando viene riverberato in solitudine e non vuoi finire sola come Adelina, perché le ragioni materna non sono mai condivise quando non sono di casa proprie del figliol prodigo.
Queste note sono il pellegrinaggio culturale nascono quando cresci sotto la guida, prima del parlare secondo la metrica in terra di Sofia, sotto la guida di Madri e Gjitonie che sanno di tradizione e costumi gli stessi di cui si cibano e vestono cibano, poi da adulto studiare dopo essere stato battezzato in promessa di tornare e spiegare, quando tutto è pronto per la partenza potresti anche trovare nel tuo orto botanico, medici e infermieri che fanno gli invalidi da curare, li capisci che la penitenza da assolvere è iniziata.