NAPOLI (di Atanasio Pizzi Basile) – Nel leggere il volume su citato, colmo di spunti e fornire ragione a quanto prodotto inutilmente, per delineare un itinerario storico logico delle regioni minoritarie.
Le mille difficoltà che s’incontrano quotidianamente, ritenute un’avversità verso persone specifiche, non cambia il peso della delusione, tuttavia, nel leggere questo breve episodio fa comprendere che lo stato delle cose, conserva tutta l’identica radice locale, immaginabile da quanti sentono e vivono le cose a distanza riguardevole, ragion per la quale, qui di seguito viene riportato il” testo integrale” di questa antica esperienza riportata nell’edizione del 1973:
Immigrazione calabrese
La metà del cinquecento vede una Calabria polo di attrazione della cultura rinascimentale. L’essere la Calabria nel Vicereame equiparata ad una provincia di Spagna con tutti i diritti e conseguentemente con tutti i doveri determina un flusso immigratorio delle più qualificate correnti culturali del tempo.
Da Firenze arriva a Cosenza Tideo Acciarino. È un letterato di chiara fama e porta in questo estremo lembo della penisola l’eleganza letteraria toscana che si incontra con la concezione virile della vita di una gente che innesta a questo filone la raffinatezza di una Magna Grecia perennemente viva nelle azioni della pratica quotidiana. Si affina così uno spirito rinascimentale che ricerca il bello e che considera la bellezza il canone di una vita protesa verso le più raffinate posizioni spirituali Tideo Acciarino, amico del Poliziano, fonda a Cosenza una scuola che polarizza subito l’attenzione dei ceti culturalmente più sensibili. La scuola di Acciarino conta discepoli illustri quali, tanto per fare un esempio, il Parrasio che nel 1511 fonda, quale diramazione della Pontaniana di Napoli, la Accademia Cosentina, il sodalizio che vedrà le glorie di Bernardino Telesio, il primo degli uomini nuovi.
Il caso di Bisignano
Acciarino viene in Calabria su invito del Principe di Bisignano. Ma Bisignano non è la Calabria. Bisignano — la Bisignano del tempo con il Principe — è la mortificazione ed è la vergogna della Calabria.
La ragione? In una Calabria equiparata alla provincia spagnola con tanto di diritto e tanto di dovere, in una Calabria dove la dignità spirituale è sinonimo di sana concezione della vita, in una Calabria rimasta indipendente persino allo strapotere della Spagna in virtù della saggia opera di una classe nobiliare in linea con le esigenze e con i bisogni del popolo, in questa Calabria caratterizzata ancora dalla intelligente fattività di una classe dirigente tutta protesa alla soluzione dei problemi più urgenti, il Principato di Bisignano non fa riscontro.
È un governo autoritario e meschino cui la mancanza di una classe di nobili imprime un carattere feudatario e comunque negatore delle individuali e generali libertà.
Ci si indugia a parlare di Bisignano non per l’importanza che riveste nella storia calabrese — importanza che del resto non ha — ma per la eccezionalità, ovviamente negativa, di un governo che fonda la sua effìmera potenza su un popolo inetto e vagabondo soddisfatto da una manciata di pasta e fagioli.
La mancanza di nobiltà — qui si parla della classe sociale — offre al Principe di Bisignano la possibilità di uno strapotere che arriva alle cime più assurde. È una mortificazione ed è di più la vergogna della Calabria.
Tideo Acciarino nella bella villa fiorentina confortato dalla amicizia del Poliziano pensa che Bisignano è la Calabria. Orribile illusione! Si mette in viaggio ed arriva in quella bruttura di aggregato inurbano in una notte di tempesta. È questo Bisignano? Chiede alla sua delusione l’Acciarino.
Rispondono positivamente le galere zeppe di galeotti, le cantine fumose piene di signorotti che trascorrono il tempo ad insidiare le serve, i contadini macilenti, le botteghe scure e vuote.
Risponde positivamente lo strapotere di un Principe che esercita con mano di ferro la dittatura e la tirannia su una gente che non ha esigenza e bisogno di indipendenza. È uno squallore; uno spettacolo penoso,
Tideo Acciarino non si lascia scoraggiare.
Monta su un cavallo e varcata la valle del Crati raggiunge il giorno seguente Cosenza.