NAPOLI (di Atanasio arch. Pizzi) – Trovare soluzioni per il rilancio economico e turistico dei “Borghi”, dei centri abitativi detti “Minori” i “Katundë Arbëreshë”, si ritiene indispensabile prestare la dovuta cautela quando si vogliono rivitalizzare il costruito storico, oltre a valorizzare il territorio collinare, risorsa naturale irripetibile e unica.
Un sillogismo i cui temi abitativi di riferimento, scontano la difficile elaborazione di politiche, capaci di coniugare e legittimare attese di sviluppo socio-economico del territorio, attraverso il contenente-contenuto, sfruttando i vantaggi naturali, che ha generato l’identità storico-culturale di queste aree.
L’estrema eterogeneità dei macrosistemi, in cui fu realizzata l’armonica convivenza, tra “territorio e centri abitati”, non agevola il compito, per questo, si cerca di fornire linee generali indispensabili a intercettare il rapporto, secondo antiche consuetudini e moderne imposizioni, “sintetizzato” in tre categorie fondamentali di eventi:
- Per espansione edilizia indispensabile a soddisfare agricoltura e industria;
- Per abbandono a seguito di catastrofi naturali o indotte figlia innaturale della,barbarica, metodica delocativa;
- Per un forsennato recupero locale senza regole, applicazione della “carta dell’abbellimento”;
Questa vuole essere una distinzione tipologica di base, da cui a sua volta si dipartiscono, successive sottospecie che focalizzano regione ambientale, storica o minoritaria:
In tutto, centri minori che si traducono in fucine di appartenenza ambientale, linguistica, consuetudinaria, economica e religiosa, le stesse che rendono unico e “irripetibile” l’ambiente naturale e quello costruito.
Ovviamente, per rispondere con misure adeguata a tali perle del “genius loci”, è indispensabile tracciare preliminarmente quali siano le emergenze più devastanti o errori del passato, al fine di predisporre più opportuni progetti di ricerca, storica e tecnologica, per “un buon progetto d’insieme” armonizzando: ambiente, costruito e uomo.
In altre parole fermare la causa che ingurgita imperterrita l’insieme storico, svuotandolo del significato per il quale fu protagonista.
Le cause di questi tre sistemi generali su citati vanno ricercati nei seguenti episodi:
- il primo, dall’abbandono locale che ha messo in ginocchio il tessuto primitivo in armonia con l’ambiente naturale, causa imputata prevalentemente all’isolamento, la vera causa di migrazioni verso i grandi centri.
- il secondo, comunemente applicato, nel corso della storia, di sovente con frettolose scelte emergenziali e trovarono risposta naturale nel modello delocativo dell’intera popolazione, verso siti adiacenti, ritenuti meno pericolosi di quelli originari. Con identica metodica sono noti una grande casistica di esempi e tutti comunque confermano la “scarsa conoscenza” della storia dei centri antichi minori, confermando, ogni volta che la metodica è stata applicata, l’identità locale in senso paesaggistico e sociale che si disperdeva. Valgano di esempio Martirano nel Catanzarese, Cavallerizzo nel Cosentino, Matera in Lucania, San Leucio, nel Casertano.
- Il terzo e più pericoloso della casistica, raccoglie tutte quelle attività attuate, per le risorse elargite dal governo centrale, il cui fine mirava a un miglioramento dei centri antichi minori. Questi ultimi, invece di essere valorizzare il senso storico, in quanto, luoghi irripetibili, per l’inadeguatezza delle leggi che dovevano tutelare i centri minori hanno sortito l’esatto contrario. Centri urbani, a misura d’uomo che nel mentre le città moderne e le metropoli inventavano le isole pedonali, questi si attivavano a rendere veicolabile l’intero perimetro dei centri antichi,, applicando per questo, metriche progettuali a dir poco paradossali, e il cui fine mirava all’uso veicolare. Le nuove lamie rotabili, dilatavano le quinte, spazzando via il rapporto naturale con l’ambiente circostante spazzando fisicamente luoghi della, memoria; spazi di aggregazione o delle attività del passato.
Alla luce di questi accadimenti del passato, trovare la soluzione più idonea, facilita il compito a chi si prodiga per rendere partecipi alla vita sociale economica di questa nuova società “mediatica”.
Allo scopo diventa prioritaria un’adeguata e approfondita valutazione della pluralità e dell’eterogeneità degli interessi pubblici, (governo del territorio, sviluppo economico) connessi con interesse culturale, paesaggistico, ambientale, tutela del suolo, sono questi che devono essere coniugati al fine di rendere come stadio finale il buon progetto.
Interessi affidati alla cura di amministrazioni che operano con strumenti diversi, innescando, conflitti e possibili sovrapposizioni; le politiche di governo di un territorio devono mirare a garantire ai residenti più ampie possibilità di accessibilità ai servizi essenziali.
L’immagine finale deve restituire un territorio nazionale caratterizzato da una rete di comuni o unioni di comuni, attorno, cui gravitano aree caratterizzate da economie diverse, “aree interne”, che pur essendo un territorio profondamente diverso, conducono a dinamiche dei vari e differenziati sistemi naturali, dei peculiari e secolari processi di antropizzazione.
Rendere più comode le distanze con i principali centri di servizi essenziali, istruzione e salute, attraverso interconnessioni con luoghi di risorse ambientali, idriche, sistemi agricoli, foreste, paesaggi naturali e umani, oltre che culturali, come beni archeologici, insediamenti storici, abbazie, piccoli musei, centri di mestiere, mantengono al loro interno caratteristiche uniche , è il tema che deve trovare applicazione per restituire il senso comodo di sentirsi a casa..
Il rilancio dei centri, spesso di ridotte o ridottissime dimensioni, specie delle aree interne o collinari, deve essere lo spirito con cui si vuole restituire il ruoli di baricentro che unisce i sistemi citati, per questo occorre che siano recuperati per offrire il servizio indispensabile, che unisce società moderna con tutte le innovazioni possibili, il nuovo, e l’ambiente naturale con la storia in esso contenuto; l’antico; l’ identità.
Il tema di accoglienza, in senso di casa, non deve essere inteso come un luogo asettico, un appartamento, un palazzo, un albergo, una residenza puramente formale in senso di luogo protetto, ma deve essere capace di offrire il senso familiare smarrito, lo stesso che tutti cercano quando si recano senza sapere come, dove e quando.
Residenze che in apparenza si presentano con forme semplici e irrazionali o addirittura minimali; sono il centro del luogo dei cinque sensi, racchiudono in quei minimali spazi tasselli irripetibili della grande famiglia mediterranea, la stessa che riverbera quei valori antichi di chi ti sta a fianco e vive con te l’ambiente circostante dove suoni, odori, sapori, tatto e visioni, ti proiettano nella dimensione della Gjitonia, quel fenomeno di aggregazione sociale che rende i “centri antichi minori” il palcoscenico naturale dove sentire e vedere la nostra origine.
In questa prospettiva l’istituzione della legge 6 ottobre 2017, n. 158, recante «Misure per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni, e disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici dei medesimi comuni», mira a rendere possibile questo miracolo anche se i presupposti non lasciano nen sperare giacchè definita legge “salva borghi” (??????).
Ciò nonostante i finanziamenti sono diretti alla tutela dell’ambiente,i beni culturali, la mitigazione del rischio idrogeologico, la difesa e la riqualificazione urbana dei “centri antichi detti minori”.
In oltre la legge si prodiga per la messa in sicurezza delle infrastrutture stradali e gli istituti scolastici, nonché promuovere lo sviluppo economico e sociale con particolare attenzione verso modelli produttivi ritenuti a torto vetusti e non al passo con la produzione globale.
Tra le iniziative finanziabili con il Fondo come predisposto dalla legge “n. 158/2017” rientrano gli interventi di conservazione, recupero, riqualificazione e restauro al fini di riuso del patrimonio edilizio pubblico e privato.
In oltre è il caso di ”ribadire” che un centro antico minore nasce come luogo intermedio, tra la cabina di regia (Borgo)e il palcoscenico produttivo(Risorsa), per questo, i piccoli centri senza barriere materiali, rappresentavano l’ago della bilancia per sostenere uomini e ambiente naturale.
Tra i centri detti minori, particolare attenzione andrebbe rivolta, verso i centri rivitalizzati dalla fine del XIII secolo, della minoranza storica denominata arbëreshë.
Una delle più antiche popolazioni prospicienti il mar Adriatico e lo Jonio, il cuore pulsante del mediterraneo, gli antichi abitanti dell’Epiro Nuova e dell’Epiro Vecchia, ancora presenti sul territorio, scandendo lo scorrere del tempo senza alcuna forma scritta condivisa.
Si trasferirono nelle terre del meridione italiano per necessità, indispensabile per la difesa e tutela del loro idioma, le consuetudini di dialogo con l’ambiente naturale, sostenuti idealmente dalla metrica del canto e la religione, greca bizantina.
I paesi di origine Kalbanon , Arbanon, Arbëri o Arbëreshë, nascono nei pressi di un presidio religioso e quando iniziano a tracciare le linee de i quattro rioni tipici rispettivamente: Kishia, Bregù, Katundi e Sheshi, è il segno della fine della parentasi di nomadismo è si avvia l’era della caratterizzazione del “Luogo” ovvero “Gjitonia”.
La precisazione, vuole esse un incentivo a non confondere i tre modelli abitativi tipici del meridione, compreso il loro modo di misurarsi e confrontarsi con il territorio e la natura circostante, per questo la’atteggiamento di avvicinamento alla comprensione del costruito deve avere consapevolezza del dato che il tempo non sia mai trascorso.
Tenere ben chiaro che i luoghi Amministrativi nel chiuso delle loro insule artificiali sono una cosa, gli ambiti di produzione sono altro e al centro i piccoli agglomerati che attingono le risorse dalla terra producendo economia.
Sistemi urbani diffusi realizzati nei pressi di luoghi di culto, aggregati di confronto e sostegno sociale, dove la vita scorreva in armonia con l’ambiente naturale.
Questo è quello che deve essere riattivato, piccole attività locali indispensabili a ricollocare il “trittico alimentare mediterraneo”, accompagnato da consuetudini a misura d’uomo, la vita scorre lenta e senza frenesie, luoghi di aggregazione in cui la conferma sono le similitudini familiari, le stesse che non hanno uno spazio identificabile ne un tempo per terminare.
È solo ricordo immateriale uno spazio indefinito, senza barriere o ideali, giacché condivisione, accoglienza, libertà di chiedere come stai e dove vai senza sospetti.
Fatta salva la piena autonomia di ogni centro minore, vanno valorizzate le dinamiche sociali tipici dell’economia agricola, quella che garantiva i profitti dopo l’attesa e lo svolgimento delle stagioni, le stese nelle quale gli abitanti dei piccolo centri minori si misuravano con gli eventi naturali e con il tempo.
L’ospite è sacro e una volta riconosciuto l suo bisogno di famiglia, di integrazione e partecipazione a quel determinato ambito, ne entra a fare parte, diventa elemento essenziale, apprende le tecniche di un tempo con il compito di preservarle e diffonderle alle nuove generazioni.
La vacanza nei paesi arbëreshë è una sensazione unica in quanto non si è ne turisti e ne ospiti, ma si diventa parte integrante del centro e delle attività ad esso connesse sia dal punto di vista sociale ama anche sotto l’aspetto produttivo, partecipando attivamente per essere coinvolti in un ambito familiare e di altri tempi.
Un modello dove la colazione, il pranzo, la merenda e la cena si programmano e si realizzano durante il corso della giornata, cosi come tutte le attività e le consuetudini delle stagioni in cui ci si dovesse trovare a vivere, diventa un motivo per tornare e vivere nuovi e indimenticabili momenti di condivisione.
Distanza sociale all’interno delle proprie abitazioni e vicinanza d’intenti e sensazioni che solo un paese arbëreshë può offrire, dopo che i programmi attuativi della legge“n. 158/2017” ha avuto svolgimento con le dovute misure in linea con le antiche consuetudini che hanno fatto grande i centri minori, grazie al cuore grande, che li hanno sempre distinti:
Chiesa, Promontorio, Edificato, Espansione: Kishia Bregù, Katundë, Shëshi.