Dal tredici di dicembre, giorno in cui si festeggia Santa Lucia si da inizio ufficialmente al periodo pre natalizio, dodici giorni che conducono al Natale rinnovando secolari tradizioni popolari e usanze suggestive, alcune delle quali sfumate o ormai scomparse e rievocati dalla memoria degli anziani.
Dodici giorni, come i mesi dell’anno e come tali ognuno di essi rappresenta un mese a cui associare similmente l’andamento meteorologico, detti mùejrat, osservati speciali da tutti gli albanofoni, essendo l’economia primaria basata sull’agricoltura, conoscere preventivamente l’andamento meteorologico aiutava e aiuta le strategie agricole dell’anno seguente.
Tradizione antichissima per la quale gli albanofoni annotavano l’andamento meteorologico di ogni giorno dal 13 al 24, poiché avrebbero anticipato quello dell’anno seguente.
Oltre a questa antichissima previsione meteorologica a lungo termine, le comunità albanofona sono in grande fermento poiché nelle famiglie si è alle prese con i preparativi dei tipici dolci natalizi arbëreshë, si da inizio ad una serie di rituali che uniscono famiglie legate da antichi rapporti di socializzazione, sera per sera casa per casa si ripete il rito della croce di pasta cresciuta, immersa nell’olio opportunamente riscaldato sul fuoco del camino.
Essa è una antica tradizione, che si lega con molta probabilità, all’affidare la guida della famiglia di tipo allargato alla persona più carismatica e capace.
Nella moderna rievocazione, di famiglia metropolitana, a deporre il contenitore colmo d’olio sul fuoco, non è sempre il marito, ma il più affermato socialmente del nucleo familiare.
In questo periodo si accumula la legna che la sera del 24 dicembre unisce tutta la comunità albanofona attorno a quel gigantesco falò che li preparerà alla rievocazione del rito della natività e dopo la rievocazione, tutti assieme attorno al fuoco a cantare le vjersh, i tipici canti tradizionali degli albanofoni.
Suggestivo l’inizio della messa di mezzanotte che avvolge tutti in una atmosfera di incanto, resa ancora più magica dalla sola luce che avvolge il sacerdote di rito greco bizantino, che all’inizio della funzione con in braccio la statua di Gesù Bambino, gira tre volte attorno ai fedeli raccolti in chiesa, prima di adagiarlo nel presepe.
Appartiene sempre più al passato l’usanza secondo la quale la mattina di Natale i contadini raccoglievano e conservavano la cenere del grande falò della sera precedente, per poi spargerla nell’aria allo scopo di evitare di veder compromettere i loro raccolti.
Essendo la carne non in sintonia con la tradizione cristiana del periodo prenatalizio, la cena della vigilia è a base di pesce e di verdure, queste ultime anche se solamente sotto l’aspetto meramente simbolico, è d’obbligo consumare.
Il baccalà con i porri è tradizionalmente preferito e rievoca l’antica tradizione oralmente tramandata dai nostri genitori.
Nella magica notte della vigilia di Natale, si crede che persino i miracoli siano possibili.
È leggenda che gli animali, compresi quelli da stalla bisogna avere cura di rifocillarli, infatti quella notte essi possono parlare, evitando però di origliare dietro la porta della stalla, poiché l’imprudenza potrebbe costare caro.
Si racconta, che un contadino che si astenne da tale divieto, sarebbe morto di spavento nel ascoltare i loro discorsi.