NAPOLI (di Atanasio Pizzi Arch. Basile) – Le eccellenze nate in Terra di Sofia, storicamente, non hanno mai avuto il giusto riconoscimento in ogni dove, siano stati esempio per le generazioni a venire, specie in quella terra dove videro per la prima volta luce, per avere innestati i raffinati sentimenti vicino al cuore e alla mente.
E chiunque abbia guidato la comunità, in ogni aspetto civile e religioso, li ha sempre ignorati, preferendo quanti vivevano ai margini e del loro sapere perché niente e nessuno avrebbe potuto trarre, spunto per migliorarsi o rendere merito alla comunità di genio citeriore.
Questo è un dato di fatto che alcuna figura, con un minimo di senso ed educazione culturale, dovrebbe proferire parola o difforme parola, alla luce delle tappe storiche qui brevemente annotate.
Se oggi servisse definire i termini delle eccellenze, o l’evoluzione del costruito storico del violato centro antico in Terra di Sofia, non si commette errore nell’affermare che le maestranze, in campo edile, analizzando il costruito storico, non erano o non sono mai state locali, anche se le scelte specie dal XX secolo, erano una prerogativa, ben distintiva dei muratori che non erano altro che contadini in ferie.
Questa prerogativa ha da sempre caratterizzato le cose del costruito, con gusto e giusta causa storica, delle Terre di Sofia, a ben vedere e osservando con titoli i palazzi nobiliari costruiti dalla fine del decennio Francese.
Tutti seguono una impeccabile progettualità nei tratti e nei significati dell’architettura dell’epoca e, in questi anfratti tardarono di alcuni secoli prima di apparire, grazie all’economia in ascesa.
Vero è che il centro antico prende forma e sino a qualche decennio addietro, poteva essere facilmente letto e interpretato sin anche di comunemente, oggi per opera di un esperto locale e basta.
Tuttavia la necessità risorte degli anni sessanta del secolo scorso hanno penalizzato numerosi edifici del centro antico, per la quantità di risorge che arrivavano dal duro lavoro degli emigrati economici di quell’epoca e, mancando ingegneri architetti e manovalanze specializzate, seguirono numerose imprese allestite per rispondere al mercato, ma non certo a quello che faceva testo nella Carta di Venezia, che in queste latitudini resta ancora ignota.
Per dare una misura di cosa tratta, è la stessa che in questi giorni si ode nei telegiornali, degli ignari che segano le loro iniziali nel Colosseo o nei monumenti storici Italiani, scalfendo le minimali superfici.
Bisogna attende il sorgere del sole ad est, precisamente a Serra di Zhòtë, per vedere un imprenditore edile, il quale con forza d’animo, fatta di umiltà e buoni propositi inizia ad edificare con senso e meglio, le cose nuove di questo antico luogo.
Una mente di eccellenza imprenditoriale in periodo è l’insostituibile E. Azzinnari ,che per il suo spiccato spirito di onestà, organizzava nei minimi dettagli i suoi diffusi cantieri in Terra di Sofia, disponendo specifiche professionalità nei settori strutturali, edili, impiantistici e delle rifiniture, dovendosi a suo giudizio, porre in essere, senza lacuna di sorta.
L’Azzionnaro, per questo si dedicò a progetti di interesse sociale e privato seguendo i suoi elevati e raramente qualche esempio persone a lui vicine.
Le cose private, per questo, terminarono nelle disponibilità di numerosi addetti, che incisero pesantemente nella consistenza di Solai, Architravi, opere Fondali e Coperture, per il fine di superfetare e volumizzare.
In seguito definite le misure delle nove case private, ebbe inizio la stagione del veicolare ogni anfratto ameno, storico o memoria locale, smantellando, sedili, porte, piani inclinati e ogni sorta di caratteristica che rendeva la terra di Sofia un Katundë Arbër parallela, proprio per le sue eccellenze di luogo.
L’ennesima trasformazione venne cosi allestita e, il Katundë, abbagliò sin anche il monte Mula, con i colori pompeiani e di chissà quale altra radice indigena, immaginata gratuitamente, nel mentre all’interno del centro antico uhda. dera e rrugat, per opera dei rinnovati amministrati, privati, pubblici e clericali, vide stendersi il centro storico, fuori dalla misura e le memorie locali, da allora silenziose, umiliate e lasciate inlacrime.
Negli anni sessanta e settanta i solai, i muri, le coperture e le fondazioni; negli anni ottanta e novanta, porte finestre; e dal duemila senza soluzione di continuità sono mira dei veicolatori seriali e come se non bastasse si continua imperterriti a seguire la regola del non rispetto dell’insieme comune.
Le stese che pur apparendo al pubblico inattaccabili nella intimità costruttiva, si utilizza violarne le patine esterne, come fa l’acqua quanto deve sfondare o bucare i duri lapilli.
Notoriamente tutti conosciamo la prassi che inizia goccia a goccia e cadere sugli strati lapidei, il tempo nel frattempo fa da testimone, fino a vedere passare l’acqua, senza frontiera, dall’altra parte, in tutto, piccoli strati di muro violato, per entrare in casa d’altri e fare il padrone non invitato.
Ma questa è un’altra storia, il cui approfondimento, ha bisogno di verifiche, come dicevamo prima il tempo, per questo, aspettiamo, per scardinare goccia a goccia i Scoroni che ballano, suonano e cantano in pubblica piazza senza merito.
Per concludere sottolineare un dato storico senza precedenti, non è male, don Carlo chiese a chi affidare il realizzare la recinzione del suo palazzo; gli fu risposto, anche se dovesse costare il doppio Pjgionitë, ormai sta chiudendo, almeno rimane un pezzo del lavorare il ferro, in terra di Sofia e cosi fece.
P.S. In memoria di Han van Meegeren: il falsario del XX secolo
P:S: corse in piazza con il bastone in mano e disse: chi di voi tocca la porta o il quadro dell’altare, deve discutere con il muso del mio bastone… poi voltò le spalle e torno nella sua seggiola a immaginare la recinzione da farsi.