NAPOLI (di Atanasio Basile Pizzi) –
Premessa
L’excursus che si vuole intraprendere, in questa premessa e nei capitoli seguenti, mira ad analizzare e confermare con ordine di tempo, di luogo, di eventi e figure di rilievo, indelebilmente impressi, nelle tavole raffiguranti gli accadimenti mediterranei vissuti dagli Arbanon.
Attento verso ogni particolare coerente, su ciò che ha contraddistinto la su citata popolazione nel tramandare il proprio patrimonio identitario, senza l’ausilio di alcuna forma scritta o documentale, per questo si ritiene opportuno allargare i confini della ricerca, sulle vicende mediterranee dei popoli limitrofi o con i quali gli arbanon hanno condiviso operosità, pene, vittorie, conquiste e primati.
Il punto di partenza da focalizzare è incentrato sulla capacità, storica, delle genti Arbanon, di tramandare il proprio patrimonio identitario, esclusivamente con l’ausilio della forma orale associata alla consuetudine, quest’ultima ritmata secondo l’esclusivo svolgersi di due stagioni; l’inverno e l’estate, caratteristica fondamentale dell’habitat naturale, denominato mezzogiorno del mediterraneo.
La trattazione qui di seguito riferita, sarà eseguita con l’ausilio dell’indispensabile conoscenza linguistica originaria, non fatta di favole, ma secondo la solida radice, l’unica in grado di supportare e interpretare con coerenza le nozioni ritrovate per tradurre con cognizione le dichiarazioni di quanti forniranno tasselli per la costruzione d’insieme.
Certamente la ricerca non volgerà l’interesse verso gli inutili elenchi di alfabeti o vocabolari, tantomeno verso luoghi di accumulo documentale, in quanto, non esistono riferimenti storici o, riferibili o riferiti a questa minoranza.
Il progetto parte con pochi dati certi, in altre parole, la definizione di tutti gli elementi del corpo umano, associato al sostentamento garantito dall’ambiente naturale cercato, bonificato per poi essere vissuto dagli Arbanon,
La rotta che si vuole percorrere, segue l’asse mediterraneo nella direzione Est-Ovest e precisamente tra i paralleli terrestri, che passano nella parte a nord dell’Epiro nova e quello più a sud dell’Epiro vecchia, considerati dalla geografia storica: i più esposti alla luce del sole, dove l’esposizione all’irraggiamento consente, di far germogliare con successo Agricoltura, Tecnologia e Cultura.
Avvalendoci della conoscenza della lingua Arbanon antica, si coglieranno meglio, le dinamiche sociali e religiose che amplificavano e restringevano i limiti geopolitici, entro i quali questa singolare popolazione, si riconosceva, si distingueva e si confrontava con gli indigeni, nel corso dei secoli.
La trattazione per non perdere il senso dell’argomento ha come riferimento di tempo e di luogo, l’era in cui l’impero romano di occidente e di oriente aveva come capitale Costantinopoli; e per questo nel dettaglio, saranno estrapolati gli eventi e gli accadimenti sociali, economici, politici e religiosi in specie, gli artriti che contrapponeva mussulmani da una parte e cristiani, ortodossi, bizantini e alessandrini dall’altra.
Centro nevralgico di questa storica vicenda, poiché tratteremo degli Arbanon, saranno i territori, che a quel tempo erano, identificate come: Epiro vecchia ed Epiro nuova, il perimetro che descrive l’Albania odierna, oltre porzioni di Cosovo, Grecia, Romania e Slovenia.
Sono questi i territori che diventeranno “cerniera” delle divergenza che vede schierata l’espansione Cristiana da Ovest verso Est e la Mussulmana in contrapposizione da Est verso Ovest, divenendo le terre dell’allora Epiro Nova ed Epiro Vecchia, Muro/Teatro/Campo delle dispute più efferate dal IX al XVII secolo.
Dalla parte cristiana Carlo Magno si adopero a ingrandire i suoi possedimenti verso la Sassonia, la Baviera, la Marca di Spagna (fascia pirenaica della Spagna del Nord) e l’Italia, strappata ai Longobardi, sottomise, la Pannonia, un’analoga strategia venne attuava nei confronti del ducato di Benevento.
I Mussulmana intanto estendevano i confini sino a raggiungere le terre del Sacro Romano Impero individuate, alle periferie di Vienna e della Polonia a nord, lo Yemen e all’Eritrea a sud; dall’Algeria a ovest fino all’Azerbaigian a est, controllando gran parte dei Balcani, del Vicino Oriente e del Nord-Africa.
I secoli videro contrapporre alla avanzata dei Mussulmani, Dogi veneziani, Re, Papi e Principi, tutti in egual misura, al dialogo e al non dialogo, avendo come fine d’interesse, l’economia e il potere offerto da tutte le terre prospicienti il bacino del mediterraneo e in particolare del Mare Adriatico e lo dello Jonio.
Frizioni economiche, sociali, territoriali, ideologiche e religiose, il cui culmine fu raggiunto nella sanguinosa battaglia della Piana dei Merli, combattuta il 15 giugno 1389 (Giorno di San Vito) nella spianata dell’odierno Kosovo.
Questa regione come quelle limitrofe diventano il teatro che contrappone, valori cristiani da una parte e mussulmani dall’altra, schieramenti radicati nelle proprie ideologie, e ben presto vedrà apparire la mitica figura di Giorgio Kastriota, comunemente noto, o volgarmente denominato “Scanderbeg”.
Prima, per ricatto a fianco ai mussulmani e appena libero di tale stato di fatto a capo della cristianità con l’impegno ereditato dal padre di tutelare il suo popolo e la sua radice identitaria.
E quando si rese conto che l’impresa era ardua, complicata e impossibile ebbe l’intuito di scindere la popolazione delle regioni dell’Epiro ancora sotto la sua guida, in quello che oggi è riconosciuto come il miracolo d’integrazione identitaria, più solido del mediterraneo; tutelando con gli “odierni Albanesi” i territorio in senso di luogo originario e la “Regione storica diffusa Arbëreshë”, intesa quale luogo parallelo dell’identità linguistica consuetudinaria e delle arti, solidamente sostenute dal modello religioso originario, quello difeso in quelle terre natie, ovvero, il Greco Bizantino di radice Alessandrina.
Gli arbëreshë s’insediarono in quella fascia mediterranea, a quei tempi identificata come regno di Napoli o delle due Sicilie; in quanto terre parallele a quelle di origine, con la certezza di avere garantito “Terra, Pane e Pace”, il trittico fondamentale alla radice identitaria arbëreshë, ideale sistema diffuso, sotto identici valori territoriali; dal XIV secolo vive e partecipa al pari delle genti indigene oltremodo valorizzando l’economia, le dinamiche sociali e culturali, dal primo giorno di insediamento ad ogni, in fraterna condivisione.
Seguiranno i capitoli: dal I° al XIX°