NAPOLI (di Atanasio Pizzi) – Quanti hanno studiato le vicende storiche che accompagnano le genti che vissero i territori dell’odierna Albania sino al XVI secolo, usavano riferire che: ogni volta che due o più arbër si riuniscono e parlano in lingua di quei tempi, nasce una piccola arbëria.
A questo principio generico non di luogo, se associamo il concetto di Regione Storica, inquadriamo anche i territori paralleli ove il codice consuetudinario tipico Arbëreshë, ha trovato l’ambiente ideale per fiorire come in terra madre.
La regione storica è lo stato, il luogo o ambito naturale parallelo in grado di unire tutti i paesi di simili radici, conseguenze della diaspora avviata dal XV secolo nei Balcani; da essa nasce la scissione della popolazione secondo due dinastie diametralmente opposte:
- La prima visse il proprio territorio e accolse le angherie linguistiche religiose oltre che consuetudinarie degli invasori e per questo furono appellate Skipëtarë;
- La seconda abbandonare quei territori e cercare fortuna oltre Adriatico, ove la ricerca dei territori paralleli ritrovati fece germogliare il rigidissimo codice, fatto d’idioma, sostenuto dalla metrica del canto, la consuetudine, la religione ortodossa e furono appellati Arbër o Arbëreshë.
Gli storici fanno risalire l’origine di questa dolorosa vicenda al tempo che vide protagonista Giovanni Castriota Principe di Croja e i suoi quattro figli Reposio, Stanista, Costantino e Giorgio.
Questi ultimi consegnati ai turchi a seguito del ricatto per evitare la capitolazione di Croja, furono allevati nella corte ottomana con nomi regole e abitudini dissimili dal codice Kanuniano Arbër.
Giorgio ed i suoi fratelli appena entrati nella corte turca, non mantenendo la parola, vennero circoncisi secondo il rito della legge di Maometto e secondo la costumanza di quella gente per l’occasione quella di cambiar il nome e Giorgio fu nominato Scander-begh: nome composto di due vocaboli Turcheschi; il primo !Scander”, che vuol dire “Alessandro” e il secondo “begh”, che vuol dire “Signore”.
Che questa fosse opera del caso o un presagio per il suo futuro nessuno lo può dire, certamente nome più idoneo non poteva essere scelto dai regnanti turchi.
La richiesta di riscatto dei figli appartiene a un modus operandi che i turchi utilizzavano e mirava a ottenere piena proprietà del principato o “regione” senza spargimenti di sangue a lungo termine.
Quando Giovanni Castriota dovette consegnare i suoi figli ai turchi, correva l’anno 1413 e Giorgio aveva poco meno di nove anni; dopo essere stato circonciso e avviato alle regole e all’apprendimento delle consuetudini turche, seguì la sua ascesa nell’arte della guerra, conducendolo già nel 1421 a rivestire la carica di “Sangiacco”.
Da lì in poi le sue gesta si annoverano negli annali delle dispute che ebbero come protagonista le velleità di conquista dei turchi, al punto tale che, le tante battaglie e scontri diretti, lo portarono l’alias di Scander-begh ain auge.
Chiaramente questa essendo stata un’incoronazione turca, sancisce la definitiva appartenenza al popolo di adozione; confermata addirittura persino dagli stessi Albanesi, i quali ormai soggiogati dalle sue gesta continuarono a utilizzare, ancora oggi lo fanno, in maniera poco attenta ripetono quell’alias.
Esso così come deciso dai turchi ogni volta che è pronunziata “conferma l’ideale occupazione, delle terre Albanesi e i luoghi dove viene ripetuto, da parte del popolo ottomano”; Tuttavia tornando alle vicende del grande condottiero Giorgio Castriota; la svolta si ebbe quando nel 1443 la morte raggiunse Giovanni Castriota principe di Croje (il Padre) e i turchi per nome e per conto del figlio Reposio (per i turchi Caragusio) per acquisire i possedimenti del principato.
A quei tempi Giorgio C. era tenuto impegnato dal pascià, in battaglie lontano da quei luoghi, sicuro che la manovra di acquisizione, non sarebbe scaturita in alcuna reazione nel ormai forgiato condottiero.
La realtà fu ben diversa, rispetto a quanto previsto, infatti, al ritorno dalla missione, la notizia della perdita del padre aggiunta a quella della dipartita dei suoi fratelli per avvelenamento, risvegliò in lui gli antichi dettami, sconosciuto ai turchi, che affonda le sua radici nel concetto di famiglia Kanuniana; vero è che nel 1444 videro tornare protagonista Giorgio a Croja e sedere sul trono del principato paterno e porsi alla testa dei gruppi territoriali albanesi. Fu da allora che ebbero inizio le attività contro l’usurpatore e da quella data, avranno modo di assaporare i dolori provocati da una macchina da guerra, sino allora, ritenuta nelle loro disposizioni.
Le doti di condottiero avranno modo di essere protagoniste nelle dispute tra Angioni e Aragonesi e in quella che è ricordata come la guerra dei baroni, sulla base di accordi di capitoli che ponevano diversi governarati in terra d’Albania alle dipendenze degli Aragonesi.
Non si astengono dall’amicizia di Giorgio Castriota, il Papa e i Dogi veneziani, che aprono dialoghi e trattative atte a rispolverare antichi ideali fatte di domini e crociate.
In questo mio breve, ciò che vorrei mettere in risalto è il comportamento del Castriota che non è dissimile da quello delle migliaia di arbëreshë, che partirono dalla terra di origine per imposizione turca dopo la sua morte.
Così come il Castriota non mise mai da parte il senso e il rispetto delle proprie radici, ritengo che a pieno titolo pongano Giorgio Castriota figlio di Giovanni a essere il primo arbëreshë esule forzato d’Albania.
Questa breve riflessione deve far meditare gli studiosi e quanti si prodigano per valorizzare con senso e garbo la lingua, la metrica del canto, la consuetudine e la religione ortodossa di quanti vivono la regione storica.
Lui pur se forzatamente esiliato in terre alloctone non ha mai dimenticato o messo da parte il codice antico e quando ha dovuto prendere la migliore decisione a preferito, le sue origini, la sua gente che lo riconosceva per il suo nome, per il suo cognome e non per l’alias assegnatogli dai turchi.
Per terminare affermo che: Gli abitanti della terra dei Balcani, della regione storica e di ogni dove si ripete il miracolo arbëreshë, devono ricordare che ogni volta che appella Giorgio Castriota con l’alias Scander-begh assegnano lo Stato, la regione e il luogo ai turchi e nel contempo dissipano un frammento del codice arbëreshë.
Volendo stilare una lista storica degli arbëreshë, il numero uno di diritto deve essere assegnato a Giorgio Castriota di Giovanni, nato a Kruja, il 6 maggio 1405 e deceduto ad Alessio, 17 gennaio 1468; gli altri che seguono sono tutti illuminati dalla sua luce e hanno seguito la stessa rotta adoperando quei principi contenuti in quel codice identitario che solo chi vedere e sente l’arberia, da sei secoli a questa parte, riesce ad avvertire.