NAPOLI (di Atanasio Pizzi) – La geografia si è andata storicamente definendo e utilizzata idoneamente può essere fondamentale a delineare in maniera attendibile le anomalie diffuse degli ambiti minoritari.
Al progressivo susseguirsi di viaggi ed esplorazioni del passato, in relazione al contesto storico-culturale possono essere di grande aiuto alla definizione di ambiti che non trovano riscontri nei tanto acclamati scritti archivistici.
Perciò, avendo una nuova prospettiva grazie alla geografia, che da alcuni decenni si è trasformata nella sua antica natura di disciplina, descrittiva, compilativa è statistica, in applicativa, acquisendo noi, grazie a questa evoluzione, un nuovo strumento di ricerca secondo canali più moderni e affidabili.
Superandola fase del dibattito a volte anche aspro fra sostenitori del determinismo geografico e promotori della reazione possibilistica, la tematica dei rapporti uomo-ambiente ha un suo posto di rilievo anche nella cultura del mondo antico.
La geografia, a partire dalla metà del secolo scorso, si è mossa, avvalendosi delle metodologie, secondo correnti di pensiero di matrice strutturalistica, quantitativa, sistemica e percettiva.
Ed è proprio alla luce di quest’ultimo orientamento , la geografia della percezione che bisogna auspicarsi di derivare la costruzione di una carta geografica dei contesti storici della regione d’arberia.
In sintesi, la geografia della percezione, contigua ad altre discipline umane come la psicologia, la sociologia, la letteratura, oggi, ha cambiato le sue metodiche di applicazione, giacché non si osservare più il territorio nella sua oggettività pura e semplice, bensì è prerogativa dell’osserva e alle modalità con cui vengono fatte le indagini che sono funzione indispensabile dalla preparazione e capacità soggettive.
Ne consegue che i rapporti uomo-ambiente vengono colti non solo considerando l’ambiente nella sua obiettiva realtà, ma soprattutto attraverso i modi con cui l’uomo si pone in relazione ad esso e lo percepisce in base alla propria cultura, all’età, alle esperienze di vita e al patrimonio culturale.
Una delle più note tecniche messe a punto dalla geografia della percezione rendere le immagini spaziali che singolarmente ci forgiamo nella nostra mente e consiste nella costruzione, a scala urbana o regionale delle cosiddette “mappe mentali”, ossia carte disegnate a mente, tendono in risalto quegli elementi ed aspetti del territorio soggettivamente utili all’autore e meritevoli di considerazione.
Pertanto è intento derivare dalla toponomastica e dalle note dei documenti di archivio, tracciare una cartografia o geocarta configurabile in senso lato come mappa mentale, in quanto costruita su toponimi tratti dalle opere e appunti e quindi correlata alla sua percezione dello spazio.
NAPOLI (di Atanasio Pizzi) –