NAPOLI (di Atanasio Pizzi Architetto Basile) – Quando ci si accosta alla storia, lo si fa in primo luogo perché si desidera capire, con onesta intellettuale la di cui alta formazione è la forza trainante, per questo potranno essere ispezionate come siano effettivamente le case di uno specifico manufatto o luogo storico.
In questo senso la ricerca porta alla definizione della storia e, non si esaurisce nella paziente ricostruzione del passato; perché diventano protagonisti lo sforzo erudito e, la raccolta del materiale documentario, i quali forniscono semplicemente lo strumento che ci permette di cogliere i nessi tra i vari frammenti di realtà, per formulare giudizi o progetti di valore per un manufatto da tutelare.
A ben vedere diviene fondamentale per la tutela del bene, memoria storica comune, il postulato che pone la ricerca e la diagnosi, innanzi al progetto finale da porre in essere.
La compilazione di tesi, editi o relazioni specifiche, sulla storia locale, la lingua, le consuetudini, la toponomastica, i cunei agrari e le Masserie, della trasformazione con mulini e trappeti, l’urbanistica, l’architettura, la religione, tutto questo a partire dalle originarie attività estrattive di genio, dei luoghi di studio, poi additive vernacolari, di espansione post eventi pandemici, sismici e siccità, sono le componenti da tessere, per poi tracciare un percorso solido degli elementi che modellano e oggi la storia restituisce come Katundë Arbëreşë.
Se nel corso di circa un secolo questi ultimi non sono mai stati indagati come suggeriscono la Carta di Atene (1931); Carta Italiana del Restauro (1932); Carta di Venezia (1964); Carta Italiana del Restauro (1972); Carta di Amsterdam (1975); Carta di Washington (1987); Carta di Cracovia (20009).
Di queste, la Carta di Venezia, in questo 2024 in corso, compie gli anni e, per ciascuno di noi tutori del garbo Arbëreşë, dovrebbe almeno indurre a fermarci, riflettere e meditare, quanto sia sfuggito del nostro patrimonio di genio locale, in quanto, sarebbe bastato leggere quanto qui riportato dall’art 1 al 16 e sicuramente avremmo avuto in dono un numero indefinito di eccellenze immutate, ancora presenti nelle prospettive storiche dei Katundë:
Articolo 1:
La nozione di monumento storico comprende tanto la creazione architettonica isolata quanto l’ambiente urbano o paesistico che costituisca la testimonianza di una civiltà particolare, di un’evoluzione significativa o di un avvenimento storico.
Questa nozione si applica non solo alle grandi opere ma anche alle opere modeste che, con il tempo, abbiano acquistato un significato culturale.
Articolo 2:
La conservazione e il restauro dei monumenti costituiscono una disciplina che si vale di tutte le scienze e di tutte le tecniche che possano contribuire allo studio e alla salvaguardia del patrimonio monumentale.
Scopo
Articolo 3:
La conservazione e il restauro dei monumenti mirano a salvaguardare tanto l’opera d’arte che la testimonianza storica.
Conservazione
Articolo 4:
La conservazione dei monumenti impone innanzitutto una manutenzione sistematica.
Articolo 5:
La conservazione dei monumenti è sempre favorita dalla loro utilizzazione in funzioni utili alla società: una tale destinazione è augurabile ma non deve alterare la distribuzione e l’aspetto dell’edificio.
Gli adattamenti pretesi dall’evoluzione degli usi e dei costumi devono dunque essere contenuti entro questi limiti.
Articolo 6:
La conservazione di un monumento implica quella delle sue condizioni ambientali.
Quando sussista un ambiente tradizionale, questo sarà conservato; verrà inoltre messa al bando qualsiasi nuova costruzione, distruzione e utilizzazione che possa alterare i rapporti di volumi e colori.
Articolo 7:
Il monumento non può essere separato dalla storia della quale è testimone, né dall’ambiente dove esso si trova.
Lo spostamento di una parte e di tutto il monumento non può quindi essere tollerato che quando la salvaguardia di un
monumento lo esiga o quando ciò sia giustificato da cause di notevole interesse nazionale o internazionale.
Articolo 8:
Gli elementi di scultura, di pittura o di decorazione che sono parte integrante del monumento non possono essere separati da esso che quando questo sia l’unico modo atto ad assicurare la loro conservazione.
Restauro
Articolo 9:
Il restauro è un processo che deve mantenere carattere eccezionale. Il suo scopo è di conservare e di rilevare i valori formali e storici del monumento e si fonda sul rispetto della sostanza antica e delle documentazioni autentiche.
Il restauro deve fermarsi dove ha inizio l’ipotesi: qualsiasi lavoro di completamento, riconosciuto indispensabile per ragioni estetiche e teoriche, deve distinguersi dalla progettazione architettonica e dovrà recare il segno della nostra epoca. Il restauro sarà sempre preceduto e accompagnato da uno studio archeologico e storico del monumento.
Articolo 10:
Quando le tecniche tradizionali si rivelino inadeguate, il consolidamento di un monumento può essere assicurato mediante l’ausilio di tutti i più moderni mezzi di struttura e di conservazione, la cui efficienza sia stata dimostrata da dati scientifici e sia garantita dall’esperienza.
Articolo 11:
Nel restauro di un monumento devono essere rispettati i contributi validi nella costruzione di un monumento, a qualunque epoca appartengano, in quanto l’unità stilistica non è lo scopo di un restauro.
Quando in un edificio si presentano parecchie strutture sovrapposte, la liberazione di una struttura inferiore non si giustifica che eccezionalmente, e a condizione che gli elementi rimossi siano di scarso interesse, che la composizione architettonica rimessa in luce costituisca una testimonianza di grande valore storico, archeologico o estetico, e che il suo stato di conservazione sia ritenuto sufficiente. Il giudizio sul valore degli elementi in questione
e la decisione sulle eliminazioni da eseguirsi non può dipendere dal solo autore del progetto.
Articolo 12:
Gli elementi destinati a sostituire le parti mancanti devono integrarsi armoniosamente all’insieme, distinguendosi tuttavia dalle parti originali, affinché il restauro non falsifichi il monumento, sia nel suo aspetto artistico, sia nel suo assetto storico.
Articolo 13:
Le aggiunte non possono essere tollerate se non rispettano tutte le parti interessanti dell’edificio, il suo ambiente tradizionale, l’equilibrio del suo complesso di rapporti con l’ambiente circostante.
Ambienti monumentali
Articolo 14:
Gli ambienti monumentali devono essere oggetto di speciali cure, al fine di salvaguardare la loro integrità e assicurare il loro risanamento, la loro utilizzazione e valorizzazione.
I lavori di conservazione e di restauro che vi sono eseguiti devono ispirarsi ai princìpi enunciati negli articoli precedenti.
Scavi
Articolo 15:
I lavori di scavo devono essere eseguiti conformemente a norme scientifiche e alla “Raccomandazione che definisce i princìpi internazionali da applicare in materia di scavi archeologici”, adottata dall’UNESCO nel 1956.
Saranno assicurate l’utilizzazione delle rovine e le misure necessarie alla conservazione e alla stabile protezione delle opere architettoniche e degli oggetti rinvenuti.
Verranno inoltre prese tutte le iniziative che possano facilitare la comprensione del monumento messo in luce, senza mai snaturarne i significati.
È da escludersi “a priori” qualsiasi lavoro di ricostruzione, mentre è da considerarsi solo l’anastilosi, cioè la ricomposizione di parti esistenti ma smembrate.
Gli elementi di ricomposizione dovranno sempre essere riconoscibili e rappresenteranno il minimo necessario per assicurare le condizioni di conservazione del monumento e ristabilire la continuità delle sue forme.
Documentazione e pubblicazione
Articolo 16:
I lavori di conservazione, di restauro e di scavo saranno sempre accompagnati da una documentazione precisa con relazioni analitiche e critiche, illustrate da disegni e da fotografie.
Tutte le fasi dei lavori di liberazione, di consolidamento, di ricomposizione e di integrazione, come gli elementi tecnici e formali identificati nel corso dei lavori, vi saranno inclusi.
Questa documentazione sarà depositata negli archivi.
Conclusioni per la tutela dei Katundë Arbëreşë
Naturalmente non tutto il patrimonio è perso, importante non rimanere incanalati nella identica deriva e lasciare che le cose si difendano da sole, in quanto ancora un numero rilevante di esempi resistono allo scorrere dell’incuria e del tempo.
A tal proposito servono progetti mirati per riportare all’interno del centro antico almeno una delle prospettive storiche così come furono immaginate e sostenute dai nostri avi, testimoni saranno le nuove generazioni che ne faranno tesoro.
Materiali, componimenti, prospettive ammalorate sono ancora presenti, serve datarli e investirli del giusto valore di pigmentazione storica, poi il tempo modellerà tutele cose a misura della consuetudine e del genio Arbëreşë.