NAPOLI di (Atanasio Pizzi Architetto Basile) – I diffusi manufatti abitativi vernacolari, dei centri minori e dell’agro Arbëreşë, qui presi in esame, hanno convinto a perseguire questa pista di indagine o ricognizione, con lo scopo di sensibilizzare le amministrazioni locali; in figure di genere, ordine e grado pertinente.
Il tema mira al recupero di un patrimonio largamente esposto ai disastrosi operatori, che non avendo misura e formazione pertinente hanno lasciato che il valore di questi storici manufatti, venisse deturpato dalle ire del tempo e dell’uomo munito di pico e accetta.
Quello che oggi ereditiamo dopo questo intervallo sciagurato, è lo stato di degrado rilevato, per il nulla fatto, verso questi esemplari unici dell’edificato vernacolare
I quali si sono potuti difendere solo grazie alla buona scelta dei materiali locali impiegati e resistono in autonomia alle avversità, offrendo a noi tecnici, un’ultima opportunità al loro cospetto, perché allievi dalla “Scuola Olivetara” e dare cosi una nuova era di rivalsa dopo l’indagine qui in proposta.
Questi esempi di architettura vernacolare irripetibili, sono ormai sulla via della terminazione e, in molti casi non si tratta più né di conservare e/o restaurare pur se presenti, ma siccome ignorati, hanno preso la via della terminazione.
Questa breve constatazione non vuole essere atteggiamento accusatorio o di giudizio, degli interventi pubblici o privati, posti o non posti in essere, ma piuttosto un tentativo di sensibilizzazione e trarre l’attenzione, su quanto non è stato fatto per la conservazione di antiche strutture, prive sia di rilievo per la memoria e sia di progetti a fini conservativi.
Inoltre si è constatato che gli esempi disponibili quelli vernacolari, monocellulari denominati Katoj, Moticelljè, Kocellja o Kallive, sono stati poco considerati, mancando una seria attenzione o interesse per la conservazione, che avrebbe dovuto seguire le regole del restauro, per la memoria che avvolgono questi luoghi.
Gli stessi e unici in grado di raccontare o meglio il teatro della storia antica e quella più recente sino agli anni sessanta del secolo scorso.
Quella storia che i letterati, o meglio gli scribi che non sanno di carta lucida, matite e righelli, ma carte e penna per annotare e certificare per conto di chi li ha preceduti, favole di miti diversi senza cavallo.
La possibilità di vedere in tempi brevi realizzato un progetto di ricerca vernacolare, con trasparenza per la sua origine ispiratrice dell’inesplorato mondo tangibile e intangibile degli innalzati storici, fatti dagli Arbëreşë.
Il rapporto, tra scuole locali e beni culturali, sarà uno dei passi fondamentali per aprire un nuovo protocollo di tutela innovativo, che parte dal basso per impedire la deriva di abbandono sino ad oggi lasciata alle ire del tempo.
Allargare l’interesse partendo dal basso con le scuole locali, pronte alla formazione nuova e, poi terminare nei piani alti delle istituzioni sino ad oggi assenti, pur se formate, ma mancanti di leggi specifiche verso il vernacolare Arbëreşë
Le considerazioni che qui seguono e prima sono trattate, mirano ad illustrare quali prospettive potrebbero avere le esperienze pregresse del gruppo di lavoro, le stesse utilizzate e riversate per sensibilizzare le nuove generazioni, verso questi manufatti locali, nelle scuole dell’obbligo lì di fianco e, identificate come vernacolare identitario delle proprie famiglie.
È chiaro che prima di avviare questo percorso di tutela, bisogna giungere ai risultati preposti, con l’ausilio di alte indagini in argomento vernacolare e con la stessa sensibilità utilizzare l’analisi, materica, che possa garantire quali sono gli di edifici civili o eventualmente religiosi e, dopo i protocolli di rilievo, da allegare a memoria del progetto di recupero a farsi, onde evitare di incorrere a errori che ne possano smarrire per sempre l’essenza.
Questo lavoro di rilievo grafico, fotografico, e materico serve a identificare e catalogare, ogni cosa dell’edificato vernacolare della ricerca, previo la definizione di un protocollo con la individuazione di fonti archivistiche e bibliografiche dello stato del modulo, anche se inglobato in edifici di epoca più recente gli stessi che caratterizzano numerosi edificati rinascimentali, diffusamente presenti nelle provincie meridionali.
Lo studio e l’analisi ormai sviluppate e pronte ad essere applicate, potrebbero alimentare future attività di lavoro e recupero del patrimonio vernacolare, gli stessi non contemplato nella tutela dei beni culturali e in specie relativi o caratteristica inequivocabile del territorio minoritario Arbëreşë, anche perché, la legge di tutela 482/99 ad oggi, non è arricchita con le disposizioni dell’art. 9 della costituzione Italiana.
Già consapevoli, dalla corposa, ma lacunosa, documentazione custodita dalle istituzioni tutte, si è partiti con il verificare numerosi centri antichi e i relativi cunei agrari, avvalendosi dell’effettivo stato di conservazione dei manufatti in loco.
Il materiale in elaborazione è stato schedato facendo riferimento, quanto più possibile, alle reali condizioni delle strutture e il materiale che compongono i manufatti.
Il rilievo e le indicazioni grafiche fotografiche e di osservazione in presenza, daranno seguito alla composizione di schede sulla base del comparto di indagine specifico, con le quali si vogliono fissare e fermare lo stato delle cose di conservazione in atto.
Tutto questo per avere lo stato all’interno di ciascuna specifica Manxzana (Rione tipico di Iunctura Arbëreşë) dello stato a seguito di specifico sopralluogo, relazione tecnica, oltre a specifica nota descrittiva, contenente i riferimenti di osservazione materica degli elevati e gli orizzontamenti di piano e lamia di copertura, oltre la descrizione del continuo dei manufatti articolati nel corso degli anni, in tutto, lo stato finale del bene culturale vernacolare Arbëreşë.
L’indagine mira a catalogare sia edifici sul territorio preso in esame, sin anche quanti distrutti o resi ruderi dal tempo e dei quali restano frammenti di testimonianza in resti di fondazione ancora, presenti sotto le eventuali colture.
A breve saranno reso noti reperti non catalogati o addirittura noti, dei quali si ha memoria nei vari sopralluoghi effettuati.
Allo scopo e stimolare ulteriori studi da parte degli specialisti o dalle giovani leve che portano la notizia nei propri ambiti familiari come domanda per ricevere risposta scientifica in seguito.
Alla catalogazione seguirà un’ampia informativa storiografica, o aggiornamento sullo stato della ricerca, in ordine della storia locale, la toponomastica, riferita al comune preso in esame.
Per quanto riguarda i materiali, visto il tema di indagine, si mira a produrre o allestire un Prontuario o manuale che ne dia ampia illustrazione.
Saranno date alle stampe illustrazioni fotografiche e grafici di memoria, al fine di fermare lo stato di quanto sarà descritto, e di quanto scoperto, anche inedito.
Con la consapevolezza che indagini di questa caratura, voglio restituire un lavoro unico di questo genere, l’auspicio o l’augurio vuole che quanto a breve esposto, sia un utile strumento per gli specialisti di nuova generazione o studiosi delle cose di storia locale.
Tutto questo ad iniziare con il comparare quanto di vernacolare innalzato nei centri antichi e dell’agro, specie quanto riferibile in prima stipula degli atti di sottomissione degli Arbëreşë.
Gli esempi estratto dai numerosi o risalenti alle disposizioni delle celle monastiche di area bizantina; le vetrine di genio vernacolare primo, la stessa metrica indagata e riproposta in epoca moderna, dai più illustri architetti del razionalismo del secolo appena trascorso.