NAPOLI (di Atanasio Pizzi Basile) – Dopo anni di costruttive interpretazioni comparando e letto le cose che compongono il costume, arbëreshë della media valle Crati (lato preSila), con scritti del bizantini, Alessandrini, si continua a predisporre manifestazioni, orfane dei più minimali principi di vestizione, quali il senso di civile coabitazione urbana, connessa ai valori religiosi della comunità arbëreshë, in tutto il ponte ideale che unisce cosa di casa e credenze di chiesa.
Gli archi e le linee che uniscono, credenze religiose e attività della consuetudine arbëreshë, riferire del costume tipico la vestizione, l’uso e il portamento, diventa complicato e non di facile attuazione.
Predisporre come come iniziare a indossarlo, serve a terminare con agli elementi utilizzati, sia si tratti, di giovane ragazza, sposa promessa, la settimana a seguire il matrimonio, e nel resto della vita prima in sposa e poi madre, il vestito giornaliero e terminare con l’allestimento per visite o accoglienza, non sono temi che possono essere trattati senza adeguata formazione .
Le vestizioni, comunemente confuse e di sovente tessute tra di loro, fanno emergere lacune a dir poco paradossali, il cui traguardo conduce irreparabilmente a rendere poco credibili le vesti.
E’ per questo che senza soluzione di continuità, smarriscono ogni valore in forma di senso o motivo per il quale sono state realizzate dai maestri sarti, alla fine del XVIII secolo, sotto la vigile guida dei saggi lettori, greci bizantini.
Nello svolgimento degli avvenimenti moderni, bisogna stare attenti, quando s’indossano le vesti, in quanto esse richiedono una conoscenza di base, qui di seguito sintetizzata: definire la distanza dal suolo del gallone che non deve salire oltre la pinta delle scarpe; l’aderenza che deve rispettare, avvolgere senza farle apparire le forme anatomiche e mascherare di forma leggibile; gli elementi di rifinitura utilizzati, siano essi veli dorati o di porpora, ori, collane, orecchini o fasce in stoffa, più o meno, colorata hanno un tempo un luogo e una misura per essere esposte.
Del costume esistono diverse trattazioni, unirle tutte e renderle coerenti non è impresa facile, specie se poi a cimentarsi in questo complicato protocollo, sono giovani leve, che non conoscono nulla e non sanno neanche i rudimenti del protocollo; in alcuni casi, nel passato, è stata sfiorata la decenza, a tal proposito non andate oltre, invitando per questo, figure di ogni ordine e grado, di riflettere, studiare per poi confrontarsi prima di apparire, come generi fuori da ogni regola di senso.
Il costume arbëreshë della media valle del Crati, (lato presilano) è un trattato consuetudinario, religioso, linguistico, metrico, tramandato oralmente, quanti hanno avuto la fortuna di crescere a fianco o abbarbicati tra queste vesti materne, possono riconoscere il senso del protocollo e ogni piccola diplomatica di riferimento.
Cercare di sovvertire le regole o elevarsi a tutori, valorizzatori o rifinitori di questo protocollo, solo perché di fresca laurea o perché si è in grado di usare una macchina da cucire, al suono di strumenti anomali, fanno male alla regione storica arbëreshë e alla storia di vestizione.
Quando s’indossa un costume della tradizione arbëreshë, della media valle del Crati, (lato presilano), serve essere lucidi, portatori sani di una tradizione, la cui radice affonda in tradizioni greco bizantine antichissime e non posso essere lasciati alla misura e i tagli dei comunemente che non avendo consapevolezza le cercano altrove e nell’attesa di trovare il bandolo della matassa, inventano.
La parte bassa del gallone pieghettato della zoga, deve mantenersi regolare su un piano orizzontale ideale, le pieghe terminare in vita, senza lasciare ombra, per intercettare o ipotizzare le parti anatomiche femminili, sia dei fianchi che dei glutei.
Il merletto debitamente inamidato, deve aderire alla giacca, quest’ultima a sua volta deve mantenersi aderente alle spalle ai fianchi e lungo la mezzeria dei seni per svoltare attorno alla base del collo.
Questi e molti altri, sono i minimali adempimenti che ogni indossatrice dovrebbe rispettare prima di esporsi in pubblica festività.
Senza dimenticare che il velo dorato ha un significato, diverso da quello porporato e ogni accessoriò di conseguenza completa il senso della vestizione.
Per questo non vanno intesi esclusivamente come mero arricchimento di bellezza o esibizione per carpire consensi, ma messaggio unico e indivisibile di una tradizione antica, che non deve e non può essere assolutamente smarrita per colpa dei noti comunemente.
Certamente non è in questo breve, che si può esporre quanto di sacro e profano è racchiuso in ogni elemento o atto che si compie prima e dopo la vestizione, ma avere un minimo di regola, serve almeno a non lasciare che il tempo intorbidisca ogni cosa.
Come accaduto per le architetture e dell’urbanistica o rimasto ben poco della credenza di Gjitonia, scambiata per quartiere, rione o vicinato, ragion per la quale, il costume sotto l’aspetto materiale è un componimento ancora intatto, difendiamo e divulghiamo, l’immateriale di memoria e il suo valore identitario.
Ritenere che esiste un costume moderno motivando la sua radice nella “llivera”, non è corretto dato che nessuna sposa andava vestita il giorno delle nozze come accadeva nell’aia, quando si separava il grano dalle impurità delle spighe.
Nessuna sposa andava in chiesa a maritarsi, portando il nastro nero apposto al collo, perché quello era un espediente, di gravidanza, che si utilizzava, almeno due settimane dopo, la sera delle nozze.
Questi e tanti altre regole di vestizione, complementari e fondamentali; o si conoscono compiutamente o si lasciano divulgare da quanti né anno consapevolezza, sia del significato storico, sia di quello civile e sia religioso, altrimenti si peccato e si dissipa la consuetudine di radice, se non addirittura si sfocia negli acquitrini del volgare che infanga e sommerge ogni cosa.
Altra cosa fondamentale, da non sottovalutare, è lasciare al libero arbitrio, di giovani operatori, stilisti o disegnatori, o generi diversi, la riproposizione moderna del tema costume, giacché, per il valore storico è opera complessa, tutto si può fare ed è lecito applicarsi liberamente in questa disciplina, ma almeno cerchiamo di non farlo nelle manifestazioni di tutela e prima di tracciare linee o spalmare colori, si faccia ricerca storica, così ogni figura avrà consapevolezza di cosa inizia a violare con matita e senza alcuna misura di sorta.