Santa Sofia d’Epiro (CS) (Redazione il Banditore, Giugno 2008) – Negli ultimi decenni l’insieme inscindibile di natura e storia esistente all’interno delle comunità arbëreshë, ha subito un degrado senza precedenti e va costantemente monitorato per evitare uno scontato destino.
La speculazione edilizia ha invaso memorie storiche e luoghi naturali; il territorio è stato aggredito nella sua morfologia e nella sua estetica.
Tutto ciò aggravato ed amplificato da un altro fattore altrettanto determinante (e forse anche più pericoloso): la caduta della qualità.
L’abusivismo è non tanto la causa, bensì la più consistente conseguenza di un decadimento del pensare e del progettare e, vorrei aggiungere, del comportamento “sociale”.
Un diverso governo del territorio potrà consentire di contrastare tale decadimento se non, addirittura, di recuperame gli effetti negativi.
Occorrerà ricostruire una sensibilità paesaggistica che mantenga la continuità culturale delle preesistenze nell’attuale vita sociale ed economica di quei luoghi .
Tutto ciò, rivalutando lo stretto rapporto tra natura e sito in considerazione, anche, delle compatibilità economiche e sociali dei luoghi.
L’urbanistica non dovrà esprimersi in forma concettuale ed autonoma ma dovrà invece basarsi tanto sulle attuali esigenze quanto sul patrimonio culturale di quei luoghi Governare il territorio vuol dire indirizzare lo sviluppo, garantirne la qualità nella continuità con il passato.
Tale intento non dovrà pretendere di conservare immutabilmente i luoghi e l’ambiente, quand’anche suggestivi, ameni, ricchi di storia e d’arte; dovrà invece consentirne la compatibilità con i naturali, continui ed inesauribili fenomeni evolutivi sociali.
I centri abitati arbëreshë, devono fare del passato, riuscendo ad aggiungere a questo, i “nuovi episodi” di una storia che si intende proseguire; ciò in delicata armonia, senza traumi o strappi e non congelandolo in una icona.
Programmare lo sviluppo è l’unico modo per evitare delle modificazioni incontrollate.
Per amministrare un territorio occorre una profonda conoscenza della storia, sensibilità e capacità manageriali; occorre agire in simbiosi tra conservazione e innovazione, essere artefici di una riscrittura della scena nel più profondo rispetto del passato, saper attraversare i livelli intrecciati della forma storica o dell’ambiente in un’illuminante e innovativa spazialità.
Da ciò la necessità di porre in simbiosi le istanze della conservazione e quelle dell’innovazione, la realizzazione di immagini di grafici e testi dell’architettura urbana e rurale delle comunità arbëreshë, ove avvalendosi, della catalogazione degli elementi architettonici primari che caratterizzano i luoghi oggetto di studio, il rapporto tra ambiente costruito ed ambiente naturale.
La comunità arbëreshë ha conservato per molto tempo la sua identità, ma negli ultimi decenni, ha fatto si che i tipi architettonici ed urbanistici che la caratterizzavano siano andati costantemente e irreversibilmente perduti.
Considerando che la conservazione, la catalogazione degli elementi architettonici, non sono state oggetto di culto ne dal privato che dal pubblico, il fine potrebbe essere appunto, quello di allestire un Archivio e non solo riferito asetticamente alle modalità della tecnica costruttiva, ma rivolto a raccogliere, pure negli omogenei modi della modernità, quelle possibili tipizzazioni attraverso cui ricostruire i lineamenti specifici dei luoghi.
Arch. Atanasio Pizzi
www. a tanasiopìzzi. it