NAPOLI (di Atanasio Pizzi) – Come ormai consuetudine di questi tempi e con la stessa pena, mi appresto a scrivere questa nota, certo del dilagare della deriva culturale che non termina o cambiare rotta.
Le sagre e gli eventi a modo culturale si esauriscono nell’atto di ingurgitare una salsiccia o bere vino, nei bicchieri diamantati, come ricordavano, non poco tempo addietro sin anche gli organi di controllo della legalità, non solo culturale.
Di questi eventi continuano a rimanere cenerentole, gli stati di fatto della storia, l’ambiente, il territoriale, le articolazioni urbane e le architetture, lasciate attorno ai tavoli in attesa di confronto; diversamente dalle sorelle linguistiche salite sui tavoli, (secondo lo scrivere dalle eccellenze culturali)che non smettono di ballare senza decenza.
Quello che comunque si coglie da questo vero è proprio costume d’irriverenza, è la totale mancanza di una visione generale di quello che si dice e si fa, continuando a diffondere messaggi privi dei minimali connotati per un idoneo passaggio del testimone tra generazioni.
Il comportamento si esaurisce nell’atto dell’apparire previo naturalmente l’allestimento di presidi tra i più allegorici avendo cura di spogliarli preventivamente di ogni più elementare indumento per la decenza.
In poche parole si semina perplessità ed indignazione, in quanto ancora si ignora che i confini della vituperata gjitonia, che prima degli anni novanta consentiva questo modo di comportassi, tuttavia da due decenni con le tecnologie della comunicazione di massa, tutti siamo osservati e questo modo di comportassi, non è più ammissibile, in quanto sminuisce il valore storico della minoranza.
Motivo per il quale, la novità di costume, il ritratto storico, il capitolo o la vestizione perfetta sono immediatamente riconosciuti, se veri o falsi e posti alla stregua di episodi senza luogo ne tempo, singoli segmenti di una discorso molto pi esteso e articolato, per cui non interessa a nessuno, se non un ristrettissimo numero di addetti, amici e parenti compresi.
La minoranza storica più solida del mediterraneo è molto più di singoli filamenti che non hanno lo spessore per fornire la solidità storica già trovata e che attende solo di essere divulgata, in maniera diffusa.
Occorre per questo aprire a nuovi stati di fatto, che nono si possono trovare nell’amalgamare episodi senza ne tempo e ne luogo, occorre utilizzare canali multidisciplinari, al fine di rendere solide le fondamenta di quel ponte che unisce Balcani e Meridione Italiano.
Purtroppo gli appuntamenti di oggi giorno e quelli in atto di questa stagione “culturali”, sono simili alla luna nuova dopo l’epifania.
E quanti hanno vissuto nei piccoli centri minori, ricorderanno il pranzo prima della lavorazione e confezionamento degli indispensabili alimenti, che a mangiare partecipavano non chi aveva contribuito alla “fine del suino”, ma solo quanto si erano adoperati a tenere ben salda la coda sacrificale animale.
Il pranzo (la storica abbuffata a base di sufrithë) è un’avvenimento indelebile nelle menti di ogni abitante cresciuto nei piccoli Katundë ( è sempre opportuni ricordare che non sono borghi), giacché, la festa dello sheshi, s’insinuava all’interno della privata abitazione e diventavano quel pomeriggio, il luogo di Lucullo.
Qui gli elementi più rappresentativi sedevano a tavola assieme ai cultori di spicco (i giullari locali) e mentre le donne cucinavano, i detentori incontrastati della regia, per prolungare ed allietare la storica buffata e farla durare il più a lungo possibile; i registi di questo evento intrigavano, inebriavano e ammagliavano i partecipanti, con racconti e avvenimenti di pura immaginazione, ironizzando sugli assenti “nemici” e valorizzare i presenti “amici intoccabili”.
Questo chiaramente era la parabola della luna nuova “ la chiama del maiale” ; è spontaneo chiedersi cosa sia successo di anomalo per rendere questo appuntamento della consuetudine di sostentamento locale, dove non si buttava nulla pecche utile, in manifestazioni dove tutto si consuma senza lasciare traccia, fermo restando sull’ironizzare verso gli assenti “nemici” e valorizzare i presenti “amici intoccabili”..
Ritengo che essere acculati, come storicamente noto in tutte le parti del maiale, ne i conti e ne la storia, tornano, specie confrontando l’evento lunare con quello del solstizio di primavera: nel primo, si adopera ogni cosa per produrre e tenere alto il valore economico e sociale ; nel secondo, si fa l’esatto contrario, consumando risorse senza alcun rispetto e persino su cosa di irreparabile si compromette, modelli preziosi che non appartiene nemmeno dei partecipanti, in quanto affidata per porgerla alle generazioni future.
Tuttavia, a ben vedere nell’esperimento lunare,a fare da padrone sono sempre ed esclusivamente le stesse figure, le quali, con dignità locale mantenendo sempre vivo e atteso l’appuntamento.
Diversamente in quello solare, la dispersione di elementi tangibili alla fine degli eventi, senza cautela e professionalità, disperde e spoglia di significato, frammenti irripetibili del nostro idioma sociale , la consuetudine, la metrica, la religione, interlacciati senza soluzione di continuità con gli ambiti attraversati, vissuti e costruiti dagli esuli balcanici.
Motivo per il quale, a ben vedere i due eventi una differenza sostanziale la mantengono; un tempo il maiale veniva allevato in casa e serviva per il comodo e il sostentamento della famiglia; invece oggi si comprano i pezzi, di carne più magra e non secondo il disciplinare di ogni famiglia, comunque non ha lo stesso sapore, ma agli amici inconsapevoli si racconta che sono fatte allo stesso modo come li facevano i nostri genitori, ma non è vero, è non la stessa cosa!
La casa vecchia dove stagionare lentamente le prelibatezze è stata ristrutturata, gli intonaci non sono di strati di calce usata per imbiancare, ma di premiscelati, il solaio in legno è stato sostituito con uno più pesante in cemento armato, la finestra per la ventilazione è di alluminio, i pavimenti di cotto sono di marmo e al posto del camino è stato apposto il termosifone.