NAPOLI (di Atanasio Pizzi Basile) – Che tra Arbëreshë e gli odierni abitanti di quello che rimane delle antiche terre d’oltre Adriatico, ci sia una radicale differenza non c’è ombra di dubbio alcuno, anzi direi è culturalmente sostanziale, in quanto, i falsi aquilotti sono un incrocio degenere della peggiore specie.
Se poi analizziamo la radice con quello che rimane dell’antico fusto, si resta basiti nel costatare che tutto è fasullo e nulla potrà restituire la linfa antica, come fa da sei secoli la trapiantata in regione storica continuando a fiorire ancora oggi e produrre frutti raffinati.
Di sovente, da un po’ di anni giungono come conquistatori negli ambiti della Regione storica Arbëreshë, personaggi a dir poco stravaganti, i quali immaginando che essa sia una provincia d’oltre adriatico di loro proprietà, si manifestano senza alcuna dignità culturale apparendo come marionette senza garbo e forma.
Non è concepibile dare spazio a tali giullari dal gomito alto; individui con la copia (pure sbagliata) dell’elmo dell’eroe di quella nazione, appellato sin anche con il nome dello storico nemico, vera e propria caduta di stile, di gusto e di irriverenza per noi educati arbëreshë.
La regione storica, è una fonte inestimabile di consuetudini, idioma, metrica, religione, in tutto una cultura inestimabile; quanti vi si recano per abbeverarsi non si devono permettere ne di manomettere i cannoni e ne di inquinare quelle limpide acque.
Se non siete in grado di rispettare questi fondamentali guide, restate sulle vie maestre e non addentratevi nei campi incontaminati, che noi arbëreshë tuteliamo da secoli.
Noi non leggiamo pagine rosa o ci inchiodiamo, da abusivi, davanti alle altrui frequenze televisioni popolari; gli arbëreshë di buon senso generalmente studiano e si applicano nelle discipline più consone alla tutela del consuetudinario storico più longevo e puro del mediterraneo.
Gli arbëreshë, quelli veri, non ballano e ne cantano in turco; chiama Giorgio Castriota il Grande l’eroe e se gli uffici Italiani del paese di fronte, ogni tanto donano busti e statue, con l’auspicio di segnare il territori a impronta turca, sappiano, che sino ad oggi, tutte e dico tutte quelle effigi sono state malamente collocate, prive di ogni senso storico culturale, come la consuetudine insegna.
Il colore Rosa non appartiene né alla lettura e né alla tradizione degli arbëreshë, i colori nostri è bene che sappiate, sono il Rosso (e non vi meritate di sapere cosa indica), il verde (e non vi meritate di sapere cosa indica), il blu (e non vi meritate di sapere cosa indica), il porpora(e non vi meritate di sapere cosa indica), la trama dorata(e non vi meritate di sapere cosa indica), il bianco (e non vi meritate di sapere cosa indica).
Che voi skipetari siate poveri in ogni senso, lo dimostrate con i fatti, specie quando vi svendete per bevande non contemplate nel disciplinare del trittico mediterraneo “la nostra legge alimentare”, o un piatto di pasta fatto male ed eseguito peggio e poi addirittura pernottate in un letto sporcato dagli altrui rapporti.
Nasce spontanea la domanda: cosa avete letto e quali canali televisivi avete approcciato sino a oggi?
Cosa credete di fare quando andate ramenghi con l’elmo di un personaggio che non rispettate pur essendo il vostro eroe.
Quell’elmo che inopportunamente postate sul capo ha tanti significati che se avreste studiato, potreste essere considerate persone culturalmente formate e vi vergognereste di aver portato cosi allegramente senza alcun rispetto lungo le vie e i luoghi arbëreshë.
Egregi fratellastri degeneri del paese di fronte, noi abbiamo un eroe per ogni katundë, essi non facevano guerre ne sopprimevano persone con la spada, vivevano di cultura di leggi, di scienza e cooperazione, immaginavano modelli sociali a favore e per il bene del popolo.
Scalarono gli olimpi più ambiti d’Europa, sedendo sulle vette, osservati e riveriti dalle menti più colte di tutto il globo.
Essi si chiamavano, Pasquale Baffi, Pasquale Scura, Luigi Giura, Francesco Bugliari, Domenico Mauro, Angesilao Milano, Giuseppe rev. Bugliari, Rosario Giura, Antonio Rodotà, Giuseppe Bugliari, Giorgio Feriolo e tanti altri, almeno il doppio dei novantacinque paesi, che costruiscono da oltre sei secoli la Regione Storica Arbëreshë.
Per quanto ci riguarda storicamente e culturalmente come modello da emulare preferiamo loro e un po’ meno, l’aquila a due teste e lo Skander, che alla luce degli sviluppi, dell’odierna società sarebbe il caso di iniziare a stendere veli consistenti per coprirne le gesta, forma e contenuti.