NAPOLI (di Atanasio Pizzi) – Quando si affronta il tema delle minoranze, ci si riferisce normalmente, anche alla luce dell’evoluzione storica a gruppi che s’identificano per peculiari legami etnici, linguistici o religiosi, con ciò differenziandosi dal resto della collettività del Paese, e che, secondo la nota definizione di Capotorti, “un sentimento di solidarietà, tendente a preservare la cultura, le tradizioni, la religione e la lingua proprie”.
La tutela dei diritti delle minoranze è uno degli aspetti più espressivi e prioritari della tutela dei diritti fondamentali che presuppone la consapevolezza dell’importanza che assume la difesa delle identità e delle diversità per la costruzione di società democratiche e pluraliste.
Una società che si vuole pluralista e genuinamente democratica deve non solo rispettare l’identità etnica, culturale, linguistica e religiosa di ogni persona appartenente a una minoranza nazionale, ma anche creare condizioni appropriate che le consentano di esprimere, di preservare e di sviluppare questa identità.
La tutela delle minoranze presuppone qualcosa di più della sola non discriminazione perché implica l’adozione di misure speciali a favore per la conservazione della loro particolarità, richiede cioè forme di discriminazione positiva.
“Illuminato” da queste premesse il pensiero va al piccolo agglomerato urbano di Cavallerizzo, in cui la consuetudine, tipica della minoranza arbëreshë attende di essere ripristinata dal 7 marzo del 2005 a seguito dell’evento franoso.
L’aver tradotto in ambito di emergenza le caratteristiche sociali, urbanistiche e architettoniche riversate a Pianette, ha di fatto creato un divario con l’antico centro abitato che non trova punti di coesione, in oltre, il non aver messo a dimora i servizi ha reso il nuovo rione povero sotto l’aspetto aggregativo .
Gli stessi servizi che con poca spesa si possono ripristinare nel presidio antico e i simboli a esso riferibile, allo stato, correggere quanto edificato a Pianette farebbero solamente lievitare ulteriormente i costi di quelle scelte emergenziali che hanno risposto all’esigenza dell’abitare.
Rimane, un paese dismesso che conserva nei suoi “rioni integri”, le caratteristiche storiche materiali e immateriali che nel nuovo agglomerato non sono state riversare, in oltre l’ambito di frana, nonostante le diffuse teorie secondo cui la cattiva gestione del territorio fu il motivo scatenante del suo innesco, attende da dieci anni gli adempimenti minimi di sicurezza.
A questo punto è lecito affidare al nuovo sito il ruolo dell’integrazione con moderne abitazioni che dal 2012 fanno parte della storia di Cavallerizzo, mentre nel rione denominato Nxerta, ripristinati lo stato dei luoghi ante 1950 e l’arteria viaria, consentiranno di riattivare l’antico modello diffuso dei rioni storici, Katundì, Moticèlleth, Sheshi, Brègù, in cui il palinsesto architettonico arbëreshë combatte tenacemente contro l’abbandono.
Nei fatti affideremmo il senso del rione a Pianette con abitazioni moderne che rispondono alle esigenze dei costumi moderni, mentre, servizi di controllo, edifici di culto e abitazioni riferibili al vecchio modello minoritario nel borgo antico; una convivenza possibile diviene espressione moderna di eventi e vicissitudini che hanno da sempre caratterizzato la storia di quel sito.
Solo in questo modo si potrà scrivere una pagina moderna che abbia senso con l’antica consuetudine dei minoritari e nello stesso tempo fornire un nuovo frammento di coesione sociale della macroarea in linea con le vicende d’integrazione che hanno caratterizzato da secoli la regione storica arbëreshë.