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LA CRUSCA ANCHE PER LA LINGUA DELLA REGIONE STORICA DIFFUSA DEGLI ARBËR (Krùndja Thë ghjughës Arbërèshëvet The Shëprishiura)

LA CRUSCA ANCHE PER LA LINGUA DELLA REGIONE STORICA DIFFUSA DEGLI ARBËR (Krùndja Thë ghjughës Arbërèshëvet The Shëprishiura)

Posted on 18 febbraio 2023 by admin

I fratelli Grimm a lavoro

NAPOLI (Lo Storico Atanasio Pizzi Basile) – L’Accademia persegue il fine di tutelare, conservare e divulgare la lingua degli Arber, delineando Termini solidi e indistruttibili, con monoliti atti a circoscrivere le interferenze moderne, le stesse che insistono nel generare fatuo, cercando di vanificare la promessa data, in terra natia nel 1469, quella che ancora oggi i “Cruscofoni” promuovono dentro e fuori i confini della Regione storica diffusa degli Arbër.

Oggi da Napoli con il contributo di parlanti natii delle 21 macro aree, che compongono la regione storica diffusa, si vuole separare la farina, cioè la lingua, identificata con l’Albanese, dalla “crusca” ovvero la corazza che gli esuli utilizzano da quando approdarono nelle terre parallele, dal 1469 al 1502.

Il nobile intento a impronta dell’impresa del Cavaliere Giorgio Castriota figlio di Giovanni, non è stato finalizzato a forme di battaglie per sovrapporsi agli indigeni, ma per tutelare la propria identità rispettando anche le altre Crusche ancora vive.

Un progetto di non facile attuazione, ma la caparbietà che contraddistingue questo popolo, fa la differenza, con  quanti rimasero in terra natia a segnare confini di terra in fermento.

Tuttavia tutti consapevoli allora, che dovevano come noi oggi, affrontare non poche difficoltà, prima di uscire in pubblico confronto, per realizzare un solido progetto, che accolga con misura tutti i Residui nei luoghi di macinazione dei cereali, separando con dovizia di radice, dal grano duro.

Un semplice ma antico atto di rifinitura, noto nel saper distinguere con saggezza la farina di oltre Adriatico, dalla crusca Arbër, ovvero, l’elmo del drago e non del capretto come suolesi rappresentare; come facevano le nostre genitrici quando infornavano buk me Krùnde , per sfamare ogni genere vivente di quelle terre, le stesse genitrici che hanno saputo allevare quanti sanno distinguere, il cattivo dal buono.

L’accademia che germoglia a Napoli, non è altro che un seme antico piantato nella purpignera (in Arber, vurvini i llem llitirit) protetto poi in età parlante, nel recinto del “giardino di l’Ina Casa” da uno dei contadini della lingua Arbër, definito il più eccelso, in Terra di Sofia, dal 1913 al 1964, anno, quest’ultimo, che passo il testimone al giovane parlante adottato a Napoli.

L’unico esponente Arbër vissuto con lo scopo principale di vigilare sul buon uso delle cose materiali e immateriali, portate nel cuore e nella mente delle genti provenienti dalla terra madre.

Il nome, promuove i crusconi senza alcun dubbio come eccellenza (per burlesca modestia, «gente degna di crusca e non di farina»), gli unici in grado di separare, nella lingua, la farina, cioè la lingua più pura, dalla crusca, cioè l’elemento meno valido, ovvero l’elemento della difesa di suolo.

La formazione culturale nella capitale con eccellenze in campo linguistico, sociale, storico, sia materiale ed immateriale, nel campo della musica, del restauro, della museologia oltre a saper leggere e disegnare le cose del passato, consentono quel titolo accademico, un tempo esclusiva delle Botteghe del Sapere o figli in discendenza.

A tal proposito è bene fare una piccola premessa, ovvero, fratelli Grimm, si nasce e non lo si diventa, solo perché si è in grado di favoleggiare, senza adeguata consapevolezza di garbo, educazione e sentimento, come hanno cercato di fare provetti fochisti, saliti sulla Cattedra che non è la stessa cosa di un Camino che unisce la famiglia.

Generando riverberi incontrollati prima lungo le Gjitonie, raccontate dagli indigeni e poi allontanandosi sempre di più, in piazze e palchi, scambiando, deserti culturale con oasi.

I fratelli Grimm sono diventati celebri per aver raccolto ed elaborato moltissime fiabe della tradizione tedesca e più in generale europea.

Le fiabe, per loro natura tramandate oralmente, sono di difficile datazione e attribuzione come la trasposizione letteraria in lingua napoletana Lo cunto de li cunti di Giambattista Basile, che precedette sin anche i Grimm, per più di due secoli.

Tuttavia le loro storie non erano concepite per i bambini, oggi ricordate soprattutto in una forma depurata dei particolari più cruenti, e non mancano di contrarietà a edulcorare le storie.

Resta comunque sempre valido in concetto di Camino, la Crusca che contiene e avvolge la parte genuina di un ben identificato popolo, attraverso l’attenzione che i minori applicavano nell’ascoltare e comprendere le cose materiali e immateriali delle favole.

In dato non è stato compreso dai giullari o saltimbanchi, che invece di comprendere il senso dell’atto che si andava a esternare, disporre, attuare e attuare attorno al camino, ovvero la fucina del parlare una lingua antica, ci si è fermati alla mera falciatura delle favole poi lasciate alle intemperie a macerare.

Le favole non sono altro che il “vocabolario primo”, il più antico, autentico e solidale condiviso dall’uomo, senza carta penna e calamaio, sin dalla notte dei tempi realizzato.

Essendo le favole racconto di generi e parole che si usano descrivono il corpo umano e l’ambiente e le cose naturali che lo circondano per farlo crescere e vivere, in definitiva il messaggio, la consuetudine che i fratelli Grimm, seminavano e diffondevano per unire uomini della stessa terra, in tutto, quello resta e sarà sempre il corpo umano, lo stesso che suda, semina, opera e raccoglie le cose per fare vita.

È naturale chiedersi perché anche noi Arbër, per iniziare a delineare il vocabolario primo, quello che unisce la Regione storica diffusa ad Ovest del fiume Adriatico, con le popolazioni ad Est di detto fiume, non faremo altro che diffondere semplici parole che descrivono il corpo umano e il suo ambiente naturale?

In altre parole, mano, braccia, orecchie, capelli, ecc., ecc.; avrete, come per incanto, adesioni da parte di tutti i parlanti moderni e antichi di questa lingua, perché tutti senza alcuna distinzione comprenderanno il sostantivo, il verbo o aggettivo che sia, senza riserve.

P.S. visto che non ho fratelli, io faccio Grimm e voi sarete la fratria, così la storia si ripete anche per gli Arbër

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LA CULTURA SOPRAVVIVE FUORI DAGLI ISTITUTI IN PENITENTE SOLITUDINE!

LA CULTURA SOPRAVVIVE FUORI DAGLI ISTITUTI IN PENITENTE SOLITUDINE!

Posted on 13 febbraio 2023 by admin

Giotto-cappella-degli-scrovegniNapoli  (di Atanasio Arch. Pizzi Basile) – Dopo secoli vissuti entro i paralleli di accoglienza, senza mai palesare di essere d’Arbaria  stato sovrano, gli Arbër o Ghjèghj, vivono con orgoglio il ruolo di cittadini Italiani.

A tal proposito, come la geografia e la politica insegna, essi popolando oltre cento Katundë  delineano la Regione storica diffusa degli Arbër, vero e proprio insieme diffuso e identificativo sociale, linguistico e cose materiali ed immateriali in cultura, ovvero, la minoranza più solida e duratura del mediterraneo, dalla terminazione del medioevo.

L’evidenza di fatti e delle cose, presenta uno scenario secondo cui, l’universo culturale, delle Minoranze storiche di Calabria, Puglia Basilicata, Abruzzo Molise Campania e Sicilia, seguono logiche del vivere in rispetto della terra parallela ospitante, esprimendo così la propria radice, promossa, sia dal governo delle donne e degli uomini, in derivati storici, che promuovono e allevando le generazioni, negli ambiti di Gjitonia.

Tuttavia al giorno d’oggi la globalizzazione e i processi di cultura miscelati, esalta figure di questa “Arbaria”, in attività fuori e dentro il luogo dei cinque sensi, ignorando confini, generalizzando ogni cosa, aggiungendo pene alle  figure genuine, oltremodo,  isolandole secondo direttive, emanate a impronta di quanto disposto il 10 ottobre del 1986.

Pochi conoscono le realtà parallele, che vivono saggi o eccellenze della regione storica diffusa degli Arbër, in quanto, le perimetrazioni dei gruppi familiari allargati, in forma di fratrie, sommate a quelle compassate, restringono gli spazi per la cultura a quanti saggiamente dentro le proprie, case allevano sapere puro, lasciando spazi di libertà a  quanti/e, si adoperano per allevare orecchie d’asino, ai Gjitonj/e, in prove canore di ragli, muggiti, belati e attività, poste al bando di corte dai tempi di Platone.

Correva l’anno 1871 e la Germania che si unificava, voleva riconoscersi in una lingua unitaria, non sapendo come fare, si affidò alla saggezza dei fratelli Grimm.

Questi, due esperti e ricercatori di storia fatti e favole, non dovettero fare sforzi immani e ne si adoperarono a predisporre grammatiche o componimenti di assurde, con inutili parlate locali, ma data la loro esperienza in tale settori, unificarono la lingua Germanica, partendo e avendo come solido, unico, indivisibile e incontrastato riferimento, le cose e gli organi che componevano il corpo umano.

Nessuno sforzo, nessuna favola nessuna, leggenda, o eroico avvenimento di saggi dovettero allestire, per unire il popolo di questo vasto territorio, nelle braccia ben accoglienti del corpo umano e i luoghi, le cose ambientali di cui si nutriva l’uomo geniale, per germogliare simili.

Ad oggi si parla, si esalta, si discute, in rigoroso affanno, per unire la regione storica, sotto un idioma unico e indivisibile; cosa può esserci di cosi semplice e unitario per addivenire a questa soluzione………….. semplice; il corpo umano e non le favole, di cui si occupavano i fratelli Grimm per dilettarsi quando non dovevano fare cose solide, durature e serie.

Di contro dal 23 febbraio1985 e poi via via come cerchi concentrici, hanno raggiunto ogni dove, si producono, regimi in dissenso, escludendo chi promuove nuovi stati di fatto, non in linea con i poteri dei compassi, che fanno musei, immaginandolo il mercato di Zofferano.

Per questo utilizzano barriere per non fare cultura e chiudono gli spazi dell’apparire a quanti fanno innovazione e non riciclo di cose e concetti vetusti, relegando chi tiene fede al diciotto di gennaio, per la promessa data in terra madre: (Besa).

Sono questi valorose figure ad essere condannati e perseguiti secondo dure e continuate umiliazioni, escludendoli dalle cose pubbliche, relegandoli nell’illuminata solitudine, sin anche dalle istituzioni amministrative di ogni ordine e grado, le stesse che  dovrebbero promuovono attività di ricerca e valorizzazione, specie se già pronte nelle menti e nei cuori di queste solide figure di libero pensiero, preferendo promuovere,  il diciotto di agosto l’elogiare  il Brusca locale e non ricordare il nobile giudice di chiesa in pena.

La condanna emanata dai neri, mira esclusivamente a penalizzare le eccellenze buone e sapienti, in altre parole, gli eroi che offrono il proprio impegno, per la tutela di radice identitaria con senso, garbo; il fiorire di radice storica.

La condanna inizia con un ergastolo definitivo senza in difesa, come avveniva per i liberi pensatori del ‘99, cui nel breve tempo si mirava prima alla morte fisica, per eliminare la mente, oggi non più possibile, anche se il fine perseguiva il non diffondere le cose immateriali e il materiale di scritti;  regimi totalitari, che usava eliminare il nuovo pensiero facendo ardere scritti; condanna, applicata in ogni dove, grazie all’opera di faccendieri culturali senza scrupoli, pronti a sterminare ogni sussulto ritenuto alieno del non sapere o germoglio di albero, per la libertà di pensiero.

Comprendere il senso di questa condanna è molto complicato, perché frutto di pazzia e dell’irragionevolezza dell’uomo cattivo, esso trova spazio e vie di fuga, in quanto contrappone, stolti e incoscienti da una parte, la massa del 99%; dall’altra i pochi creativi in raffinato lume all’1%.

Rimane comunque e dovunque l’irragionevole attività dei tribunali con a capo quanti sfornano inopportune sentenze senza appello, decise, per acclamazione di quanti sono nati di vesti povere.

Intanto la condanna fa il suo corso, esclude i malcapitati saggi, da ogni confronto, dibattito o forma culturale che potrebbe abbassare la media delle orecchie in elevato verticale.

Tuttavia, avvolte capitare per fortuiti atti, di riuscire ad accedere al pubblico dibattito, ma subito intercettati, si è ignorati per poi essere                                       esclusi dall’aula di confronto, perché non invitati, o perché potrebbero sciogliersi le catene del fatuo pensiero, che non germogliano il grano buono, ma solo generi ignoti e confusi, i detentori di cose e principi riversi, di concetti ormai in aceto che non diverrà mai vino buono.

L’esercito dei pronti, ad escludere e tenere relegate figure in regime di compasso; arche di ignoranza che, dicono, parlano ed esprimono giudizi verso i saggi, in perenne condanna, spargendo cose che alla fin dei conti imprigionano la mente del popolo in perenne cammino, senza speranza di luce o meta.

Chi ha emanato questo anatema di esclusione, ancora non è consapevole che, gli Arbër hanno avuto, alla fine del medio evo, il condottiero lo Scanderbeg, e nel tempo del rinascimento i dodici saggi luminari o apostoli di cultura, rispettivamente qui elencati:

1) Rev. Bugliaro;

2) Bib. P. Baffi;

3) Vesc. F. Bugliari;

4) Not. G. Feriolo:

5) Vesc. Bellusci;

6) Vesc. G. Bugliari;

7) Edit. V. Torelli;

8) Ing. L. Giura;

9) Avv. R. Giura;

10) Avv. P. Scura;

11) On. F. Crispi;

12) Gri. A. Basile;

a queste eccellenze di religione cultura e arte sempre vive e irraggiungibili, va aggiunto; chi approda per cenare e trova il piatto a tavola, in tutto “il Giuda”, ma questo lo lascio aggiungere, come premio, a chi ha avuto la pazienza di leggere;

13)………………………………….

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(LE MASIES DELL’AGRO CALABRESE); PIETRA MILIARE DELLA PRODUZIONE ARBËR (Válë, Vérë e thë mbielëturáth e Votëvethë)

Protetto: (LE MASIES DELL’AGRO CALABRESE); PIETRA MILIARE DELLA PRODUZIONE ARBËR (Válë, Vérë e thë mbielëturáth e Votëvethë)

Posted on 29 gennaio 2023 by admin

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É IL TEMPO DI APPELLARLA: “REGIONE STORICA DIFFUSA DEGLI ARBËR”

É IL TEMPO DI APPELLARLA: “REGIONE STORICA DIFFUSA DEGLI ARBËR”

Posted on 21 gennaio 2023 by admin

Ato

NAPOLI (a cura dello Storico Atanasio Pizzi Basile) – La geografia suddivide i territori del globo terrestre in, Regioni Politiche, Storiche e Ambientali, esse rispettivamente definiscono:

– gli ambiti politici, economici e culturali simili, condivisi da una ben identificato popolo;

– i legami storici di popoli che migrano per la tutela i propri valori identitari, diffusamente disposti nei parallelismi ritrovati;

– i sistemi ambientali di uno specifico luogo, non replicabile o ripetibile altrove.

Parlare di regioni politiche circoscritte, o localmente ambienti naturali, non è l’argomento di cui si vuole in questa breve diplomatica trattare, ma il rispetto, volto nell’appellare, non “Regione Storica ” o identificato popolo, privato del suo territorio, ma Allegoria”, senza regione, in tutte le divagazioni storiche e  nelle analisi grammaticali “diffuse”, in terminazione di “ia”.

Certo che per ogni azione la mira dovrebbe puntare nell’atto di valorizzare le cose del popolo in esame di tutela, non affidarsi a un semplice e isolato sostantivo, verbo o aggettivo, con la terminazione in “ia”, perché così, non sarà mai sforzo sufficiente per valorizzare cultura, luoghi e uomini.

A tal fine si può affermare che non è così che si dà forza, a secoli di storia in sacrifici, per giungere a nobili e duraturi risultati.

Ogni qual volta, che è stato chiesto espressamente memoria, di tele terminazione alfabeta, le molteplici garanzie, dai saggi non sono convenute e una tessitura comune, chiara o comprensibile, se non romanze estratte da altre culture.

Ragion per la quale, prima che lo storico incontro tra i presidenti Italiano e Albanese, avvenisse nel Cortile Adrianeo, è stata inviata ampia missiva al Presidente, che poi nel mitico incontro si è espresso, come qui segue: “gli Arbër sono esempio di accoglienza e integrazione mediterranea e vanno tutelati”.

In ragione di questa elevata affermazione, e rileggendo le direttive legislativo del 26 marzo 2008, n. 63, per il quale l’indirizzo fondamentale di tutela, non deve esse inteso come “mero divieto alla non discriminazione dei minori”, bensì, “sollecito ad acquisire atteggiamenti e misure positive per il prodursi della più solida continuità culturale”.

In ragione del fatto che per principio, gli Arbër, sono sempre stati rispettosi della legittimità, che pretende che i confini etnici non siano violati dalla politica e, in particolare, che i confini etnici all’interno di un determinato Stato … non separino i detentori del potere di tutti i cittadini.

In ragione di ciò si conferma l’urgenza, di promuovere studi multidisciplinari, secondo cui, una identità culturale, non può terminare con l’essere identificati come lingua altra, ignorando i meriti delle attività, ad essi attribuite, in campo sociale, culturale, in consuetudine, credenza, il genio locale oltre al rispetto dell’ambiente naturale e le leggi di quel territorio nazionale, giacché, luogo diffuso di “esempio in modello identitario”.

La Regione storica diffusa degli Arbër, rappresenta un fenomeno mediterraneo che non ha eguali, essa si riverbera identicamente nel corso dei millenni, sempre in egual misura, facilitata dal suo codice antico e per questo conservato nei detti termini diffusi.

Un popolo capace di confrontarsi con le genti indigene di ogni luogo con la fratellanza, la conoscenza, per evidenziare in prima analisi, il voler vivere in pace operosa e il rispetto del luogo di accoglienza, buone intenzioni finalizzate al rispristino delle cose perdute o in pericolo, di quel luogo buono.

Greci, poi Romani nel tempo delle capitali di Oriente e Occidente, i Veneziani e tutti i popoli e le dinastie che hanno dominato il vecchio continente, hanno sempre riconosciuto a questo popolo, le caparbie intenzioni di tutela di uno specifico territorio, sulla base del leale confronto tra uomo e natura.

Cosi come avviene dopo il 1468, il tempo della unica e vera migrazione albanofona, durata sino al 1502, un corridoio di accoglienza per Arbër e Arbën, verso le province del Regno di Napoli.

Un patto progettato, definito e sugellato alla luce dei principi di mutuo soccorso, dei facente parte dell’Ordine del Drago, i quali, prima in favore degli Aragonesi, e poi verso i profughi provenienti dalle terre di oltre adriatico orfani del padre condottiero, allestirono capitoli e arche di preferenza, durati non meno di cinque decenni.

Oggi la minoranza di tema, detiene un potenziale in autotutela relativamente solido, la cui tendenza tende a sminuirlo con provvedimento molto discutibili, in altre parole, con farina di sacchi altrui, terminando di fare come il navigante inesperto con le vele spiegato al vento, senza comprendere come per dare forza alla navigazione e nel mentre il vento termina.

Sono numerosi gli accadimenti e gli avvenimenti che sviliscono la forza identitaria di questo popolo, a cui comunemente sono abbarbicati fatti cose e persone indigene o accadute in altri luoghi, non ultimo e il divulgare promuove e valorizzare l’accoglienza e i percorsi del turismo buono, senza menzionare l’ideatore di questa nuova disciplina della carta stampa del XIX secolo scorso.

Come l’attribuzione al luogo dei cinque sensi degli Arbër, esposta in gogna come mera piazzetta, abbellita da quattro, cinque, forse sei e anche sette porte, (buon peso come si fa al mercato) per terminare il preferire l’indigeno al parente (cosa mai vera ne disposta in nessun loco) poi venne, il mercato a cielo aperto del Criscito per fare pane, senza mai citare il luogo dei cinque sensi o ancor meglio il governo delle donne per fare discendenza e formazione alle nuove generazioni, in altre parole la scuola ancor prima che Greci e Romani ne avessero consapevolezza.

Senza dimenticare l’evento storico passato inosservato, da tutti i cultori e difensori della storia del consuetudinario di minoranza, restati impassibili davanti al genio che costruiva un Katundë nuovo, perché esperto delle terre desertiche prive di Acqua, affermando per questo, (quindi udito e noto a tutti i difensori di cose malevoli), di voler costruire un “nuovo centro antico” in quanto forte in all’allestire  cantiere, in loco meno pericoloso, impastando, centrifugando alchimie in cemento e intrecciando ferri strutturali, “per fare Gjitonie a petalo”.

Il consuetudinario importato dagli Arbër e Arbën, forza indelebile della Regione storica diffusa degli Albanofoni, oggi vive lo stremo delle ultime forze, per questo, occorrono figure di estrazione curriculare, capaci di attingere dal cuore e dalla mente e i cinque sensi, tutto l’inchiostro indispensabile, per diffondere la storia vera, secondo il diktat quanti sono in sintonia con la storia vera.

Per terminare, un piccolo appunto va fatto sul costume tipico Arbër; quello che unisce le cose della casa e della chiesa e fare famiglia, ovvero, il manuale in forma di arte sartoriale, comunemente indossato, per scalciare, ballare e sollevare a mo’ improprio, così tanto da non creare i parametri di educazione minimali, per i quali fu realizzato.

Esso oggi appare come lamento stremo di stoffe ori e merletti, inoperosi delle antiche regine del fuoco, vibrazione di filamenti nelle attività di famiglia, che al giorno d’oggi si traducono, in atti non di valore, ma per soffocare gli stridi di dolore delle famiglie che terminano la missione.

A questo punto urge appellare in raccolta, le eccellenze tutte lasciate a macerare, per sterili campanilismi, il popolo delle cattedre vuote o spazi ameni in attesa di udire certezze; serve alimentare il futuro di verità e certezze, lo stesso intercettato ed espressa dal presidente della Repubblica Italiana, in quel cortile che ha sempre dato lumi solidi alla minoranza, gli stessi disperi del protocollo Arbër, troppe volte depositati in luoghi di buio permanente!

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DICIASSETTE E DICIOTTO GENNAIO DEL 1977 (Dietë e shëtat e gnë, thë moi Janaritë 1977)

Protetto: DICIASSETTE E DICIOTTO GENNAIO DEL 1977 (Dietë e shëtat e gnë, thë moi Janaritë 1977)

Posted on 17 gennaio 2023 by admin

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PIRRRS: PIANO ILLUSORIO DI RIPRESA E RESILIENZA DELLA REGIONE STORICA

Protetto: PIRRRS: PIANO ILLUSORIO DI RIPRESA E RESILIENZA DELLA REGIONE STORICA

Posted on 12 gennaio 2023 by admin

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GNË FILÀRË JONË (Un tema nostro)

Protetto: GNË FILÀRË JONË (Un tema nostro)

Posted on 05 gennaio 2023 by admin

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2023 L’ANNO DI TERMINE E DEI CINQUE SENSI

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Posted on 03 gennaio 2023 by admin

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GJITONIA: GOVERNO LOCALE DIFFUSO, DELLE DONNE ARBËR

Protetto: GJITONIA: GOVERNO LOCALE DIFFUSO, DELLE DONNE ARBËR

Posted on 21 dicembre 2022 by admin

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IL BORGO MURATO MEDIOEVALE NON È KATUNDË O HARË ARBËR/N

Protetto: IL BORGO MURATO MEDIOEVALE NON È KATUNDË O HARË ARBËR/N

Posted on 27 novembre 2022 by admin

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