Posted on 10 novembre 2013 by admin
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Posted on 27 ottobre 2013 by admin
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Posted on 31 luglio 2013 by admin
Napoli ( di Atanasio Pizzi) – Il termine Folklore è usato da molti per indicare esclusivamente quelle rievocazioni recenti (spesso arbitrarie) di antiche feste cittadine in cui fanno sfoggio gruppi che cantano e danzano.
I programmi si basano su testi poetici e musicali elaborati da maestri che li istruiscono secondo gusti che si affidano alla preparazione storica e critica di una diffusa insufficiente valutazione della importanza del Folklore.
Il termine comparve la prima volta il 22 agosto 1846 unendo due parole antiquate e di origine sassone: folk= popolo, e Zore=sapere, che letteralmente tradotto vuol dire, sapere del popolo, e rappresentano l’insieme delle cognizioni e forme di vita tradizionale proprie delle classi popolari.
In Italia per un certo periodo fu usato dagli studiosi il termine demopsicologia, sostituito poi con demologia: ma il termine che ormai si è imposto e a cui si deve un patrimonio inestimabile di valori pratici, etici, estetici, è quello di Tradizioni popolari.
Attività spirituale delle collettività, la quale crea, conserva, tramanda e rinnova la vita sociale e culturale oltre alle tradizioni che si dimostrano utili e congeniali alle collettività stesse, mentre elimina quelle che non si riconoscono come proprie.
Affinchè essa si realizzi occorre che un costume, una credenza, un canto, un proverbio, siano accolti e diventino la regolai di un numero più o meno grande di individui, si conservino nel tempo per una durata più o meno lunga e si diffondano nello spazio o area che talvolta si estende a regione storica.
Altro elemento è il tono psicologico di semplicità, di primitività che agevola l’assimilazione da parte delle classi popolari.
Il termine è assimilabile non ad una regione geografica, bensì a quella storica, che avvicina usi che risiedono nella cerchia delle classi popolari minori estese, basti pensare agli usi natalizi, nuziali e funebri, alle principali feste dell’anno o anche alle superstizioni, ai proverbi e così via degli arbereshe d’Italia.
Quanto al contenuto del Folklore e delle sue manifestazioni, rimangono tuttora valide, favole, racconti, leggende, proverbi, motti, canti, melodie, enigmi, indovinelli, spettacoli, feste, usi, costumi, riti, cerimonie, pratiche, credenze, superstizioni, tutto un mondo palese ed occulto di realtà e di immaginazione che si muove e si agita, sorride, geme a chi sa accostarvisi e comprenderlo.
La scoperta del mondo popolare ebbe la sua prima divulgazione in Italia, a interessi artistici e letterari, attraverso le figure, scene di vita rustica o anche di Folklore cittadino già dal Cinquecento.
L’attenzione di pittori e incisori che ne fecero soggetto dei loro quadri e delle loro calcografie, in seguito vennero gli interessi scientifici di questa materia, con piena coscienza del suo valore documentario e culturale, si afferma con l’interesse napoleonico (1809-1811), per tutto il Regno centro-meridionale, su dialetti, costumi e l’indole delle popolazioni.
I documenti di questa inchiesta, offrono già un quadro ampio, preciso e prezioso, del Folklore italiano nei primi dell’Ottocento e permettono, tra l’altro, di confrontare le tradizioni popolari di allora con quelle di oggi.
Anche le fogge di vestire furono documentate con il Leopardi che compose a soli 17 anni, oltre ai numerosi riflessi di vita popolare che si trovano in tutta la sua opera poetica e letteraria.
I primi a raccogliere i nostri canti popolari furono i romantici tedeschi, a cominciare dal Goethe, ma ben presto la partecipazione dei nostri letterati alla discussione e alla raccolta dei materiali, si andò affermando, specie per quanto riguarda la poesia popolare pubblica Atanasio Basetti nel 1824.
La raccolta e la valorizzazione della poesia popolare fu una delle componenti di prim’ordine per la formazione dello spirito nazionale durante il nostro Risorgimento e la migliore sintesi che il nostro Romanticismo seppe esprimere in questo campo.
Questa purtroppo è un’altra storia, che i precursori odierni del folklore minoritario forse ignorano, giacché, attratti da inutili stereotipi.
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Posted on 16 luglio 2013 by admin
SAN MARZANO (di Lorenzo Zolfo) – Per la prima volta nella storia di San Marzano (TA), centro arbereshe della Puglia, la più popolosa tra le comunità arbereshe sparse per il centro-Italia, con i suoi diecimila abitanti, tale da definirsi la “Capitale Arbereshe in Italia”, domenica 14 luglio si svolta la prima edizione della storica battaglia di Maschito (Pz) denominata “RETNES”. Le due compagnie d’arme del Capitano Stradiota Lazzaro Mathes di Maschito (PZ) si sono sfidate nel centro di San Marzano (TA). E’ uno spettacolo con rievocazione storica della cittadina di Maschito in costumi e soldati Arbereshe e Greci di Corone. Entusiasti gli organizzatori pugliesi che hanno ritenuto questo evento una delle manifestazioni più importanti della provincia di Taranto e l’intera Puglia, sponsorizzata dal Comune di Maschito (PZ), Comune di San Marzano (TA), Regione Puglia, Basilicata Turistica, Meraviglia Italiana, Regione Basilicata, Gruppo Culturale San Marzano Turistica, Comitato Film e Spettacoli, Cosimo Di Maglie (promotore), Compagnie d’arme del Capitano Lazzaro Mathes di Maschito, Comunità Europea e tutte le testate giornalistiche e tv locali. Un evento, quello della Retnes prettamente arbereshe riproposta da alcuni anni dall’associazione culturale arbereshe di Maschito Compagnie d’Arme Lazzaro Mathes, presieduta dall’insegnante Elena Pianoforte il 5 e agosto e da pochi mesi questa rievocazione storica sta diventando itinerante per i paesi non solo arbereshe con lo scopo di mantenere viva la storia, la cultura e le tradizioni arbereshe del proprio paese. San Marzano, venuto a conoscenza di questo evento, ha voluto riproporlo ai propri cittadini ed i risultati sono stati positivi. Commovente è stato il momento in cui il banditore di questo gruppo ha annunciato, in lingua madre, l’inizio di questa festa arbereshe: “Onorevoli sanmarzanesi,uomini, donne e ragazzi, oggi domenica 14 luglio alle ore 20 facciamo una festa arbereshe nella piazza del Milite Ignoto. Venite tutti, vi aspettiamo”. La “Retnes”, non è altro che una rievocazione dell’origine di Maschito, fondato dai mercenari guidati dal Capitano Lazzaro Mathes. La Retnes, tra le manifestazioni maschitane è sicuramente la più antica ed interessante, risale certamente ai primi anni della nascita della cittadina (primavera del 1517) e commemorava la sua fondazione con una giostra di Stradioti. Alla luce di nuove ricerche storiche inedite singolari ed eroiche sul passato di questo centro arbereshe è stata organizzata, con minuziosità di particolari, sia nella realizzazione dei costumi, sia nelle armi tipiche nonché in tutti i dettagli di carattere storico, da alcuni anni, una rievocazione storica più vicina alla realtà della Retnes. Particolare attenzione è stata posta per organizzare i figuranti in due schieramenti che rappresentano le due etnie principali che fondarono Maschito: i Greci-Coronei ( che si insediarono nella parte nord del paese) e gli Albanesi-Scuterini (occuparono la parte sud del paese), i primi “Majsor” e secondi “Cndrgnan”, da sempre rivali per diversi motivi, anche futili, fino agli anni ’70. La conclusione, come nei migliori film, è piacevole, dopo la battaglia finale, segue la sfilata congiunta delle due fazioni al comando del Capitano Lazzaro Mathes dove la manifestazione si conclude con il giuramento di pace delle due fazioni. “La rievocazione della Retnes vuole essere un viaggio nella memoria per rinsaldare i vecchi legami con la storia e l’identità, un salto nel cinquecento tra colori,musiche,costumi, armi e cavalieri, per vivere l’emozione di essere trasportati nel passato” ha riferito Elena Pianoforte, presidente dell’Associazione Retnes. Presente a San Marzano anche Vincenzo Pianoforte, tra l’atro figurante ed ex amministratore di Maschito ed ideatore del gruppo storico Retnes: “ dopo i costumi maschili, il nostro prossimo obiettivo sarà quello di recuperare i costumi femminili. Dopo aver riprodotto per alcuni anni questa rievocazione storica a Maschito, da qualche mese sta diventando itinerante per i centri arbereshe d’Italia. Dopo Ginestra, altro centro arbereshe del Vulture, siamo stati ad Avigliano alla festa patronale di San Vito ”.
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Posted on 05 luglio 2013 by admin
NAPOLI (di Atanasio Pizzi) – È un sentimento che caratterizza solamente alcuni soggetti di una determinata civiltà, l’innata indole contribuisce in maniera determinate a intuire quali siano i costumi originali evitando di incamminarsi verso oscuri sentieri.
Lo studio più idoneo generalmente è fatto esaminando non i migliori e i più suggestivi costumi, ma riconoscere quali siano i propri, degni di approfondimento e considerazione.
Ciò che non contiene e veicola modelli di appartenenza non caratterizza un popolo, una comunità o una minoranza, giacché solo gli animali sono inclini e attaccati ad imitare le cose altrui; mentre solamente quello che è proprio ed è radicato nell’ animo fa consolidare il senso dell’appartenenza.
Individuare esattamente i costumi propri, da quelli impropri, pone in piani differenti i soggetti che si possono classificare in uomini colti e barbarici.
L’analisi ideale progredisce comparando, la conoscenza delle caratteristiche morali, politiche, consuetudinarie sino a giungere alle forme dell’arte strettamente correlate con gli avvenimenti storici, sono questi gli oggetti di studio indispensabili, che contribuiscono a produrre un itinerario compiuto e privo di insane aberrazioni.
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Posted on 01 luglio 2013 by admin
MASCHITO (di Lorenzo Zolfo) – Nei giorni scorsi, nell’ambito del Progetto “Novecento”, la Fontana Skanderbeg è stata trasformata in una Aia. Nonostante la partita Brasile-Italia, tanta gente ha partecipato a questo evento promosso dall’indefesso Michele Sciarillo, un emigrante che ritornato definitivamente a Maschito, ha deciso di rianimarlo con eventi arbereshe significativi. Una manifestazione che ha promosso antichi mestieri e la valorizzazione di alcuni piatti tipici arbereshe.In bella mostra utensili di una volta, tra questi l’aratro in legno (Suglion) ed il “Dirimone”, attrezzo agricolo che serviva per la pulizia del grano di Elia Cuviello, che nel centro del paese, custodisce in una cantina, altri attrezzi antichi, il suo desiderio è quello di creare un museo della civiltà contadina.Altri attrezzi in evidenza: la macchina del grano di Tommaso Caglia. Giovanni Carlone, appassionato per la lavorazione in pietra, ha messo in mostra alcuni suoi lavori, bassorilievi con ricami in architrave. Antonio Bochicchio, dedito alla pastorizia, ha creato un piccolo gregge di pecore. Si è dato risalto anche alla cucina contadina, preparata dalle massaie Teresa Manuto, Rosa Daraia e Maria Telesca con la lavorazione della pasta fatta in casa( hanno sostenuto: “ la pasta fatta in casa è più saporita rispetto a quella comprata, che viene prodotta da macchinari. Il segreto è la semola di grano duro che mantiene la pasta più resistente ed intatta”), assaggio di fagioli con la cotenna, peperoni cruschi, pettole, e preparazione di mozzarelle in seduta stante da parte di Rocco Caraffa dei Sapori Lucani di Filiano. Anche un gruppo di giovanissimi:Gabriella,Francesco,Roberta,Esmeralda e Domenico hanno voluto essere presenti per conoscere il passato dei propri antenati: “siamo curiosi di vedere all’opera massaie e contadini che dimostrano come si prepara la cucina di una volta e come si utilizzavano attrezzi di una volta. Conoscendo il passato si può meglio costruire il futuro”. Presente anche il Sindaco, Antonio Mastrodonato: “un evento importante per i giovani e soprattutto un amarcord per gli anziani. Maschito ha bisogno di queste iniziative per arricchire il bagaglio della propria cultura arbereshe”. Michele Sciarillo, organizzatore, ha aggiunto: “è una rievocazione di antiche tradizioni. L’obiettivo è stato quello di rievocare quanto i nostri avi realizzavano nel loro quotidiano. Dalle numerose persone presenti, l’evento si può dire riuscito, grazie al contributo delle massaie e dei proprietari degli attrezzi agricoli”. Un intrattenimento musicale ad opera di Pasquale Cella di Muro lucano e Donato Albano di Forenza,all’organetto con il contributo di Nino Giuralarocca al tamburello, ha allietato la serata con balli arbereshe.
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Posted on 20 giugno 2013 by admin
BARILE (di Lorenzo Zolfo) – Ritorna, secondo l’antica tradizione , la cerimonia laica del “battesimo delle bambole” (Puplet e Shenjanjet) nella festività di San Giovanni Battista. Per iniziativa dell’Associazione Intercultura presieduta dall’Insegnante Giovina Paternoster con la collaborazione del coreografo Robert Lani (un albanese trapiantato a Barile da oltre 20 anni e ben integrato nel tessuto sociale, fino al punto da costituire una scuola di ballo che promuove anche canti in arbereshe) e di numerose famiglie e giovanissimi in costume tipico arbereshe.Bambini ed adulti lunedì 24 giugno alle ore 18, nel piazzale della stazione si esibiranno in questa cerimonia laica. E’ una antica tradizione arbereshe che si festeggia il giorno di San Giovanni Battista. Le bambine tra i sette e gli undici anni, accompagnate dalle loro madri si recano allegramente presso il piazzale della stazione di Barile.Le bambine formano delle coppie, vicino ad una rampa di scale in pietra. In ogni coppia vi è una con una bambola confezionata appositamente per questa circostanza. Sono bambole ottenute avvolgendo delle fasce e pannolini per neonato attorno al manico di un grosso mestolo di ferro o di alluminio.
La testa ha la calotta sferica riempita di stracci e avvolta da un panno bianco con il viso dipinto sulla parte convessa. Cuffiette di lana, camiciole, magliettine, bavaglini e sacchetti porta infante completano l’abbigliamento delle bambole. A turno le bambine madri depongono a terra, con gran cura, come se si trattasse di neonati in carne ed ossa, le bambole-figlio collocandole subito sotto il primo gradino della scala di pietra e saltano per tre volte ogni volta pronunciando, cantilenandola, la seguente formula: Pupa de San Giuanni Battizzami sti pann Sti pann sono battezzate. Tutte cummari sime chiamate. Il rito finisce in questo modo:la pupattola viene presa e baciata, quindi la comare bacia la bambina- madre consegnandole la figlia. Dopo la cerimonia tutti festeggiano mangiando dei biscottini.
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Posted on 16 aprile 2013 by admin
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Posted on 04 gennaio 2013 by admin
BARILE (di Lorenzo Zolfo) – La comunità arbereshe di Barile, grazie al Comitato Sacra Rappresentazione della Via Crucis di Barile, presieduta da Angioletta D’Andrea, il 3 gennaio scorso è stato a Roma in piazza S.Pietro a visitare il Presepe (attorniato da splendidi plastici raffiguranti alcune scene della Cripta del Peccato originale di Matera) realizzato dall’artista materano, Franco Artese la mostra Basilicata: Tradizioni, Arte e Fede promossa dalla Regione Basilicata, dall’APT e dalla Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici della Basilicata, con il coordinamento della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Basilicata. Questa mostra, inaugurata il 24 dicembre è visitabile fino al 3 febbraio presso il Braccio Carlo Magno, in Vaticano. Nella sezione espressioni della devozione popolare non poteva mancare Barile con la sua Sacra Rappresentazione con personaggi viventi del Venerdì Santo di Barile, la più antica della Basilicata e del Sud Italia. Le sue origini risalgono al 1600. Da allora, ogni anno, ininterrottamente, “Fede, Tradizione e Storia”, in quest’angolo di terra della Basilicata, per le viuzze del centro storico si tengono per mano il giorno del Venerdì Santo. Tra i personaggi in mostra a Roma, vi figura il Moro, è un personaggio pagano, creato dalla tradizione del borgo vulturino. Non ha origini precise. Forse simboleggia i Turchi, che nel 1400 minacciarono l’Albania, causando dal «Paese delle aquile» la fuga di molti cittadini. Gli albanesi fondarono diverse comunità nell’Italia meridionale. Compresa quella di Barile. L’11 maggio del 1983 il “Comitato Sacra Rappresentazione – Via Crucis di Barile” realizzò a Roma e nella Città del Vaticano, alla presenza di Giovanni Paolo II, l’inimitabile processione dei misteri, ricevendo la Benedizione. Ad accogliere il visitatore in questa mostra un maestoso Carro della Bruna, che si festeggia a Matera ai primi di luglio. Tra i tanti visitatori del 3 gennaio, si è notata la presenza di due anziane. Lucia Carriero di Matera, adesso abita a Roma e Maria Altavista di Brienza di circa 90 anni , ospite della signora materana.Alla vista di queste gigantografie dal titolo Terra d’incanto e di sacralità hanno riferito: “ Matera ed altre cittadine lucane finalmente finiscono di uscire dall’anonimato, contrariamente allo spirito meridionale. Finalmente anche i piccoli centri della Basilicata visti da tutto il mondo”. Che questa mostra sia visitata da centinaia e centinaia di persone ce lo conferma Martina Buoscio di Roma, una delle assistenti di questa mostra: “dal giorno di inaugurazione, 20 dicembre, entrano almeno 600 persone al giorno. Quelli che vi entrano, non è gente da passatempo, percorrono con attenzione ed ammirazione tutte le sale della mostra, come anche i video sono visti da tante persone”. Una famiglia di Brescia, pur non conoscendo la Basilicata, ha riferito: “chiunque visita questa mostra alla fine ha voglia di visitare questa regione”. Dispiace non aver visto gigantografie inerenti il Santuario di San Donato di Ripacandida gemellato con la Basilica Superiore di Assisi grazie ai suoi splendidi affreschi cinquecenteschi o i centri arbereshe con le loro tradizioni culturali! La giornata della comunità arbereshe di Barile è continuata per alcuni con un pranzo al ristorante”I Vascellari” gestito da un lucano, Ivo Bitetti di Paterno, in quel momento frequentato da Francesco Apolloni, sceneggiatore (distretto di polizia),regista (Un sueno a Mitad) e attore( in scusa ma ti voglio sposare) e Alessandro Haber, attore, regista e cantante, ed altri con la visita presso le Scuderie del Quirinale alla mostra di Vermeer, il secolo d’oro dell’arte olandese.
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Posted on 12 dicembre 2012 by admin
GINESTRA (di Lorenzo Zolfo) – Sabato 15 dicembre il piccolo centro del Vulture si trasformerà in un borgo arbereshe con l’arrivo ed il saluto dei Sindaci di alcuni Comuni Arbereshe (assicurata la presenza dei Sindaci di Maschito e Barile), l’esibizione del gruppo storico “Rethnes” di Maschito e l’apertura del “Borgo dei Sapori Arbereshe” con degustazione di alcuni prodotti tipici del posto. Questa iniziativa, patrocinata dalla Regione Basilicata e dal Gal Sviluppo Vulture Alto Bradano, ha lo scopo di mantenere viva la storia, la cultura e le tradizioni arbereshe. Dopo il saluto delle autorità, alle 17 nella sala consiliare del Comune in piazza Albania, alle ore 17,30, per le principali strade del paese, si esibirà in costume arbereshe la comunità arbereshe di Maschito con la “Retnes”, una rievocazione dell’origine di Maschito, fondato dai mercenari guidati dal Capitano Lazzaro Mathes. La Retnes, tra le manifestazioni maschitane(che si svolge ogni 6 agosto) è sicuramente la più antica ed interessante, risale certamente ai primi anni della nascita della cittadina (primavera del 1517) e commemorava la sua fondazione con una giostra di Stradioti.Alla luce di nuove ricerche storiche inedite singolari ed eroiche sul passato di questo centro arbereshe è stata organizzata, con minuziosità di particolari, sia nella realizzazione dei costumi, sia nelle armi tipiche nonché in tutti i dettagli di carattere storico, da alcuni anni, una rievocazione storica della Retnes. Particolare attenzione è stata posta per organizzare i figuranti in due schieramenti che rappresentano le due etnie principali che fondarono Maschito: i Greci-Coronei ( che si insediarono nella parte nord del paese)e gli Albanesi-Scuterini (occuparono la parte sud del paese), i primi “Majsor” e secondi “Cndrgnan”, da sempre rivali per diversi motivi fino agli anni ’70. La rievocazione della Retnes vuole essere un viaggio nella memoria per rinsaldare i vecchi legami con la storia e l’identità, un salto nel cinquecento tra colori,musiche,costumi, armi e cavalieri, per vivere l’emozione di essere trasportati nel passato. Il borgo dei sapori arbereshe realizzato dal Comune di Ginestra alcuni anni fa consiste di un museo all’interno del nucleo storico, costituito da una rete di locali che ospitano le diverse fasi della gastronomia locale e della trasformazione agroalimentare. Visitando la Cantina del Vino, la casa del grano, la bottega dei pastori (verrà preparato in seduta stante la ricotta ed il formaggio), la bottega dell’olio si potranno degustare alcuni prodotti della cucina arbereshe: Prscesc (minestra di verdure), P’Z’Fugliat (è un tipo di focaccia molto particolare e prelibato), Papdign Crc (i)-CRC (i) (peperoni cruschi),Cuddac (pane-biscotto),Mastazzul Cu u vin Cut e Casatedd (due dolci natalizi). Un appuntamento da non perdere.
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