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TORNA CON SUCCESSO LA COOPERATIVA MUSICALE ARBËRESHE

Posted on 25 agosto 2014 by admin

LA COOPERATIVA MUSICALE IN CONCERTO DOPO TRENTA ANNSAN DEMETRIO CORONE (di Adriano Mazziotti) – Dopo trent’anni la Cooperativa Musicale  Arbëreshe torna con un concerto questa sera alle 21.30 nell’Anfiteatro comunale. Carichi più che mai i suoi componenti, tutti del posto e ancora con la stessa voglia di palcoscenico e di divertirsi  assieme a  chi li ascolta.

Lo storico gruppo musicale  sorse il 1982 e da allora ha svolto una attenta ricerca  culturale sulla tradizione  canora  dell’ Arberia e d’ Albania, rivisitando e   rielaborando  vecchi canti popolari,  riuscendo così a svelare un campo ricco di potenzialità canore e musicali che ha dato avvio e condizionato in positivo il nuovo  corso della canzone arbëreshe ed etnofolk. Fu un successo, fatto di spettacoli molto apprezzati nelle comunità italo-albanesi, in Albania e in Kossovo.

La vita e il lavoro, poi, hanno diviso i giovanissimi componenti del gruppo, e ognuno è andato per la propria strada; ma la grande passione per  le canzoni tradizionali  non si è mai spenta.

Stasera, la storica band sandemetrese  proporrà le celebri canzoni della cassetta  “Valle valle”, ancora conservata da molti come uno scrigno di affetti, ricordi e sensazioni. E siamo certi che il “grande ritorno” non solo renderà omaggio a tanti successi canori del passato, ma sarà l’occasione per i numerosi fan della Cma di riabbracciare i loro beniamini.

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BARILE AGOSTO 2014 IV° EDIZIONE DEL PERCORSO ENO-GASTRONOMICO E CULTURALE

Posted on 11 agosto 2014 by admin

Barile Agosto 2014BARILE (di Lorenzo Zolfo) – 50 anni fa, a Barile,  paese alle pendici del Vulture e di origine lingua e cultura arbëreshë,  il grande regista Pier Paolo Pasolini girava quattro delle scene più importanti – de Il Vangelo Secondo Matteo. Leone d’argento alla XXIV Mostra del Cinema di Venezia.

La Pro Loco di Barile in collaborazione con l’amministrazione comunale, dedica al grande regista la manifestazione  “ TUMACT ME TULEZ” che prende il nome dal piatto tipico arbëreshë  tramandato nei secoli: il Tumact me Tulez, ovvero tagliatelle con mollica di pane fritta in un sugo di noci, alici e pomodoro. L’evento, fondendosi con “Cantinando- dalle Cantine al Borgo”, si svilupperà attraverso un percorso enogastronomico e culturale lungo le strade dell’antico borgo “Sheshë ” giungendo fino alla piazzetta San Nicola e sarà incentrato sul piatto originario della cultura arbëreshë affiancato da stand espositivi delle eccellenze locali e regionali.

Per tre giorni, dal 12 al 14 agosto, le vie del centro storico di Barile saranno allietate con presentazioni di libri, mostre fotografiche ed artistiche, intrattenimenti musicali, stand dell’enogastronomia lucana e degustazioni di Aglianico del Vulture DOC.  I pomeriggi barilesi saranno animati dalle ore 18 nella meravigliosa cornice del palazzo d’epoca Frusci con la presentazione dei libri “Cristo è nato a Barile” del Prof. Donato Mazzeo” ( 12 Agosto), “ BASILUCANIAfra Vulture e dintorni” di Ernesto Grieco (13 agosto) e “Anagramma Italia” di Gennaro Grimolizzi (14 Agosto).

Le iniziative culturali proseguiranno nella piazzetta di San Nicola- Largo XX Settembre  con il convegno “ Il Vulture e lo Sviluppo nell’azione leader 2014-2020”  a cura del Gal Sviluppo Vulture e  durante  la prima serata del 12 Agosto con il laboratorio permanente di arte pubblicaURBAN SCREEN “ PASOLINI 50”  di Art Factory Basilicata , poi la giornata del  13 Agosto con varie performance artistiche sul tema IL CORPO: L’ARTE IN MOVIMENTO dell’associazione culturale Arcipelago Eva e per finire il 14 agosto con il teatro di strada itinerante dei CONTAFATTI LUCANI del Centro di Drammaturgia Europea.

L’intrattenimento musicale che arricchisce il programma enogastronomico e culturale sarà affidato per la serata del 12 Agosto  ad un gruppo di musica caraibica  gli “ ENTRE 8 OCHO” che  proporrà son e musica latino americana, salsa y merengue, seguirà la “Noche Cubana” con il Dj Silvio Sisto con il coinvolgimento delle scuole di ballo regionali e le degustazioni incrociate di sigari e Rum cubano.. Per la serata del 13 Agosto la piazzetta di San Nicola sarà coinvolta con la musica Bossa Nova, Samba Jazz e ritmi latini dei WATERMELON BAND  mentre  per la serata del 14 Agosto ci saràBarile JAZZ con l’esibizione del gruppo jazzDEIDDA-AMATO-SCASCIAMACCHIA.

Durante le tre serate ci sarà l’apertura della “ Fontana del Vino”per assaporare l’Aglianico del Vulture Doc e la diretta web con i Dj di Radio Hirundo.

Per l’evento sono previste le aperture della mostra “Collettiva di Pittura e Scultura” e la “ Casa Pasolini” e l’apertura serale della Chiesa di San Nicola per ammirare l’opera “l’Annunciazione” XVII sec. di Girolamo Bresciano, seguace del Pietrafesa.

Sarà una grande occasione per scoprire i prodotti tipici lucani e testimoniare quanto la qualità dell’offerta enogastronomica e culturale possono costituire un volano di rilancio turistico ed economico”, come sottolineato dal presidente della pro-loco Daniele Bracuto, dal Sindaco di Barile Antonio Murano, dal presidente del Gal Sviluppo Vulture-Alto Bradano, Franco Perillo, dal prof. Donato Mazzeo e dalla responsabile sezione Donna della pro-loco, Sabrina Gagliardi, il giorno 9 agosto nella presentazione di questo evento avvenuto nel palazzo Frusci, sede della pro-loco

Ecco il  PROGRAMMA dettagliato

TUMACT ME TULEZ 2014
PERCORSO ENOGASTRONOMICO E CULTURALE
 

Programma

 

Martedì 12 Agosto 2014 

  • Ore      18:00Presentazione del libro

“Cristo si è fermato a Barile” del prof.Donato Mazzeoa cura di

Rocco Brancati( Rai Tv), Francesco Rubino ( Universitè Paris X)

Sala della Memoria, Palazzo Frusci

  • Ore 19:00       Apertura stand enogastronomici, mercatini e percorsi di luce

Via delle Cantine – Via Coronei – Largo XX Settembre

  • Ore 19.30Il Vulture e lo Sviluppo nell’azione learder 2014-2020 a cura del Gal

Sviluppo Vulture

Largo XX Settembre – Piazzetta di San Nicola

  • Ore 20:00Degustazione del piatto arbëreshë  “Tumact me tulez ”e dei prodotti tipici

Largo Coronelle – Via Coronei – Largo XX Settembre

  • Ore 20:30  Apertura della “Fontana del Vino” 

Largo XX Settembre  – Piazzetta San Nicola

  • Ore 21:00LAP|Laboratorio permanente di Arte Pubblica     

Urban Screen “PASOLINI 50” a cura di Art FactoryBasilicata

Facciata Chiesa di San Nicola – Largo XX Settembre

  • Ore 22:30Latin      mood con “ENTRE 8 OCHO CARAIBIC LIVE MUSIC”

                  musica latino americana, salsa y merengue

Largo XX Settembre – Piazzetta San Nicola

  • Ore 23:30  Noche Cubana con il Dj SILVIO SISTO

 e degustazione di rum e sigari

Largo XX Settembre – Piazzetta San Nicola

 

Mercoledì  13 Agosto 2014

  • Ore 18:00Presentazione      del libro

“BASILUCANIA – fra Vulture e dintorni” di Ernesto Grieco a cura di 

Armando Lostaglio

Sala della Memoria, Palazzo Frusci

  • Ore 19:00       Apertura stand enogastronomici, mercatini e percorsi di luce

Via delle Cantine – Via Coronei – Largo XX Settembre

  • Ore 20:00Degustazione del piatto arbëreshë  “Tumact me tulez ”e dei prodotti tipici

Largo Coronelle – Via Coronei – Largo XX Settembre

  • Ore 20:30  Apertura della “Fontana del Vino” 

Largo XX Settembre  – Piazzetta San Nicola

  • Ore 21:00  IL CORPO: L’ARTE IN MOVIMENTO

a cura dell’associazione culturaleARCIPELAGO EVA.
Performance live di Enrico Gambera per Isadora e performance body art live

painting Roberta Lioy,con la pittrice Michela Schettini. Spettacolo di Robert 

                   Po.Mostra fotografica Donna e… di Michele Volonnino

Scalinata Chiesa di San Nicola – Largo XX Settembre

  • Ore 22:30Bossa Nova, Samba Jazz e ritmi latini con i WATERMELON BAND –

Gisela Olivierio voce, Lewis Saccocci al piano,Dario Piccioni al basso,Mauro ” Daila”  Salvatore alla batteria, Gino Capobianco percussioni.

Largo XX Settembre –  Piazzetta San Nicola

  • Ore 23:30  Radio Hirundo Party con i Dj di Radio      Hirundo

Largo XX Settembre – Piazzetta San Nicola

 

Giovedì  14 Agosto 2014

  • Ore 18:00  Presentazione del libro

“ANAGRAMMA Italia” di Gennaro Grimolizzicon la presenza del Giudice

Silvana Arbia

Sala della Memoria, Palazzo Frusci

  • Ore 19:00       Apertura stand enogastronomici, mercatini e percorsi di luce

Via delle Cantine – Via Coronei – Largo XX Settembre

  • Ore 19:30Degustazione del piatto arbëreshë  “Tumact me tulez ”e dei prodotti tipici

Largo Coronelle – Via Coronei – Largo XX Settembre

  • Ore 20:00       Teatro di strada itinerante deiCONTAFATTI LUCANI a cura delCentro

Europeo di Drammaturgia

partenza presso Piazza Carlo Alberto Dalla Chiesa (Comune) su prenotazione
(spettacolo gratuito previa prenotazione a: prolocobarile@gmail.com) 

  • Ore 20:30  Apertura della “Fontana del Vino” 

Largo XX Settembre  – Piazzetta San Nicola

  • Ore 22:00       Barile Jazz|

DEIDDA-AMATO-SCASCIAMACCHIA

Basso, tromba e percussioni.

Largo XX Settembre  – Piazza San Nicola

  • Ore 23:30  Radio Hirundo Party con i Dj di Radio      Hirundo

Largo XX Settembre – Piazzetta San Nicola

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Barile. A cinquant’anni dal film “Il Vangelo secondo Matteo”

Posted on 05 agosto 2014 by admin

Barile iniziative per pasoliniBARILE (di Lorenzo Zolfo) – Nel piccolo centro arbereshe, di Barile quest’anno ricorrono i 50 dalle riprese di alcune scene del film“ Il Vangelo secondo Matteo” del noto regista Pier Paolo Pasolini. Fino ad oggi, solo l’associazione culturale Sisma, da alcuni anni, indice un concorso letterario “premio Pasolini” che vuole essere appunto un omaggio al grande regista e scrittore e un riconoscimento all’originalità dell’intellettuale, assunto come emblema ideale e punto di riferimento di estrema attualità. La pro-loco, da quest’anno, ha pensato di non far cadere nell’oblio questa ricorrenza, realizzando una mostra fotografica di scene di allora nella sede di palazzo Frusci. A sollecitare l’amministrazione comunale, guidata da Antonio Murano, per un maggiore interesse per questa ricorrenza, ci ha pensato il consigliere comunale di minoranza, del gruppo politico “Orgoglio Barilese”Gennaro Grimolizzi:”Il Comune di Barile si faccia promotore di un coordinamento dei luoghi visitati in Basilicata dal regista Pier Paolo Pasolini cinquanta anni fa, in occasione della realizzazione del film “Il Vangelo secondo Matteo”. Nei giorni scorsi ha depositato la sua proposta al sindaco del borgo vulturino. A Barile vennero girate nel 1964 alcune delle principali scene del film di Pasolini: la strage degli innocenti e la nascita di Gesù. Il regista rimase colpito dalla particolare conformazione del quartiere delle Cantine, in grado di rievocare al meglio gli scenari della Terra Santa ed i luoghi delle Sacre scritture. Numerosi cittadini di Barile furono scelti da Pasolini per interpretare i personaggi delle scene girate cinquant’anni fa. «La proposta presentata da Orgoglio Barilese – dice l’avvocato Gennaro Grimolizzi – mira a creare un “coordinamento dei luoghi pasoliniani” in Basilicata, con Barile capofila, con il fine di promuovere l’intero territorio lucano. Si potrebbero avere ricadute positive per il nostro comune, dato che, come è stato annunciato, verrà riqualificato il Parco urbano della Cantine. Si tratta di un luogo legato indissolubilmente alla figura di Pier Paolo Pasolini». “Il Vangelo secondo Matteo” è stato girato anche a Lagopesole e Matera. «Quale occasione migliore – evidenzia il consigliere Grimolizzi – per fare squadra tra i Comuni interessati e promuovere tutti insieme i territori lucani nel nome del regista e scrittore?». Grimolizzi auspica che a Barile vengano incrementate tutte le iniziative culturali «atte a ricordare il legame tra il borgo albanofono e Pasolini». «A questo riguardo – aggiunge Grimolizzi – bisogna coinvolgere tutte le associazioni culturali, migliorare e rafforzare il ruolo della cosiddetta “Casa Pasolini”, collocata nel Palazzo Frusci per renderla maggiormente fruibile al pubblico. È necessario rendere più articolato ed omogeneo ogni intervento. Mai come in questo momento è necessario il gioco di squadra tra associazioni ed ente comunale. La cultura deve essere davvero considerata, e non solo percepita, come volano per lo sviluppo civile, oltre che economico, delle nostre comunità». Qualche anno fa Enrique Irazoqui, protagonista nei panni del Cristo del “Vangelo secondo Matteo”, ha ricevuto la cittadinanza onoraria di Barile. Nel novembre 2007 il Comune, in collaborazione con la Rivista “Basilicata Arbereshe”, ha avviato un Progetto internazionale denominato “Barile come Betlemme” dal quale sono scaturite diverse iniziative a Potenza (presso l’Università), Bologna (Cineteca Pasolini), Torino, Parigi (Università Sorbona), Barcellona (Filmoteca de Catalunya) e Tirana (Ambasciata d’Italia). Sono state, inoltre, realizzate due edizioni del libro fotografico “Cristo è nato a Barile” (AA.VV., Melfi, 2007-2009) e due mostre fotografiche in bianco e nero itineranti, con l’ausilio del giornalista Rai Rocco Brancati.

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AAA FRATERNITÀ CERCASI

Posted on 27 maggio 2014 by admin

FratellanzaROMA (di Paolo Borgia) – Cuore, il romanzo di De Amicis, lo lessi nel 1953, da diligente alunno appena immigrato a Torino. Era ambientato in una città che mi pareva di vedere nelle strade in cui giocavo e nella casa in cui abitavo a cinquanta metri dal primo parlamento italiano. Ancora la città non era divisa in quartieri catalogati per ceti sociali. I palazzi al pianterreno avevano botteghe ed nei cortili officine, il piano ammezzato era abitato dagli stessi negozianti e artigiani. Seguiva il primo piano “nobile”, dai grandi balconi ed alti soffitti. Nei piani sovrastanti, s’entrava in casa dal balcone interno comune, in fondo al quale c’era una latrina alla turca, anch’essa comune. Più su, sotto il tetto spiovente, le soffitte: piccole camere per i più poveri, fredde d’inverno, veri forni d’estate. Ogni scala era un mondo, in cui conviveva tutta la società: ricchi e poveri. Un vicinato urbano verticale come la “gjitonìa” (buon vicinato) orizzontale del paese nativo. Quando penso alla fraternità la ricordo così: una società in cui non s’era svilupppata «una visione economica di stampo puramente capitalistico che concepisce il lavoro come “merce” e il fine dell’impresa nel mero “profitto”». Oggi non si parla più di fraternità ma si avverte l’urgenza di «ripensare al lavoro e al mercato come luoghi di mutua assistenza e di fioritura umana». Qualche volta si parla di crescita resa impossibile dalla crisi strutturale dell’economia che ha mostrato un sistema bancario succube della speculazione (banche d’affari) e incapace di sostenere l’economia reale, quell’usare i soldi depositati per finanziare le famiglie e la produzione (banche commerciali). Si preferisce «investire in patrimoni e in capitali» perché «rende di più che investire nelle imprese. Con questa finanza dominante e speculativa, si riporta il capitalismo ad un livello feudale dove la rendita diviene il centro del sistema che schiaccia lavoro e imprenditori ». Occorrerebbe ripartire dall’amicizia dall’amore per ricreare i legami lacerati “dalla guerra armata e quella quotidiana” − causa dell’assenza delle leggi, che non si scrivono e, se scritte, non si rispettano. Come è lontana la fratellanza e il “credito etico”! In alternativa c’è una radice relazionale a cui attinge un profondo pensiero comune politico messo in luce, che attiene non solo alla sfera politica ma ad un umanesimo completo: ricostruire la città non è soltanto affare di politica ristretta ma libera decisione di appartenere alla società, in cui creare legami tra i gruppi meno abbienti e quelli più abbienti, rendendendo disponibili beni per soccorrere i più poveri, ottenendo una uguaglianza attraverso la fraternità. Questi 3 elementi insieme: libertà, uguaglianza, fraternità sono le precondizioni per la vita politica. La fraternità è stata accantonata se non dimenticata. A parlare oggi di fraternità c’è il rischio di essere fraintesi se non derisi. La continua ostilità tra i gruppi ci mostra la profonda crisi che sta vivendo la politica. Essa insegue le inclinazioni degli elettori anziché proporre programmi seri e  lungimiranti, trasforma i problemi politici in questioni di polizia e ordine pubblico, preferisce affidersi alle armi piuttosto che affrontare le vere cause dell’ingiustizia interna ed internazionale, si rende disponibile ad interessi economici giganteschi che sfuggono ad ogni controllo. E tutto ciò è deviazione dalla politica, a cui ciascuno non è più disposto a posporre il proprio interesse privato “particulare”, per conseguire quei beni che si possono raggiungere soltanto con una azione solidale con gli altri. Si tratta di stabilire una relazione di amicizia basata sull’utile, quando questo è il bene di tutti, realizzabile razionalmente e che rende buona la città. Città, in cui vivere nella fiducia con un lavoro onesto, nella sicurezza personale, nel riconoscimento dei propri meriti, in cui l’essere umano è cittadino sovrano non suddito. Si tratta di conciliare, in un contesto di avversione dominante, l’interesse privato e il bene di tutti, proprio quando a prevalere è l’insensibilità alla sofferenza e ad ogni istante sorge nuova rassegnazione ed odio, le due forme di guerra: contro se stessi o contro gli altri. Come ci raccontano le cronache dei giorni nostri. Abbiamo bisogno del rispetto del singolo uomo, di creare un progetto comune, di una legge uguale per tutti e che ristabilisca la giustizia, di una equa distribuzione delle risorse. Abbiamo bisogno che si crei lo spazio per permettere alle nuove generazioni che vogliono formarsi una famiglia di poter disporre di una casa e un lavoro, permettere a chi vuole studiare di poter disporre di libri e scuole e a tutti strade e ferrovie e regole certe, in modo che ognuno possa liberamente realizzare la propria vocazione, con la collaborazione corale della società, recuperando la fiducia gli uni negli altri.

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Protetto: TEK MERR E NËNG VË NËNG QUËNDRON FAREJË

Posted on 06 aprile 2014 by admin

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LE CARENE DI PIANETTE

Posted on 01 marzo 2014 by admin

ARBERIA MADENAPOLI (di Atanasio Pizzi) – Dovessi trarre le conclusioni e depositare un briciolo di certezze sugli arbëreshë secondo le teorie degli eminenti cultori, il risultato più ovvio cui  addivenire sarebbe che i minori non sono mai esistiti, anche se in consistenti macchie del territorio del sud Italia, una lingua alloctona pur si parla.

La spasmodica ricerca di un filone nobiliare, l’irrequietezza di dover cercare il documento archivistico e bibliografico dove sia testualmente trattato ogni tipo di argomentazione ha reso la storia dei minori, fragile, labile e ordinata secondo il vento che soffia.

Una comunità che si è affidata esclusivamente nella “sola” forma orale, quali verità può aver conservato nei meandri degli archivi o nei trattati della storia se non un personale punto di vista dello scrivano di turno, che non faceva certo gli interessi dei poveri e ignari esuli analfabeti.

Un popolo chiuso all’interno dei propri ambiti di famiglia allargata, non sapeva né leggere e né scrivere, cosa può aver lasciato nei grandi testi archivistici se non le capitolazioni unilaterali, che di conseguenza non sono state mai rispettate perché non comprese.

È chiaro che fare ricerca in maniera errata e per opera d’inesperti raccoglitori ha prodotto tante imprecisioni, che non si allineano neanche agli eventi più elementari della storia italiana.

Un esercito fatto di Agricoltori, Manovali, Farmacisti, Pensionati, Prelati, Calciatori, Barbieri, Ortolani, Pescatori, Carpentieri, Precari, rappresenta una scolaresca disomogenea che solamente la guida di un buon maestro poteva rendere proficua attraverso la formazione di gruppi di lavoro, ma la caratteristica egocentrica dei minori, non ha mai lasciato spazio a utopie simili.

Purtroppo il modo di operare nell’ombra immaginando di produrre chissà cosa ha reso ancor più buia la genuinità delle gesta minoritarie.

Il patrimonio culturale arbëreshë è depositato all’interno del perimetro dei piccoli paesi, è li che va ricercato, i katùndi contengono ogni piccolo frammento, per questo devono essere protetti e tenuti vivi in quanto archivi-librerie a cielo aperto, pagine di storia che si materializzano nelle strade, nelle piazze, nelle case, nelle chiese e in ogni piccolo frammento leggibile, purtroppo,  solo per esperti e titolati ricercatori.

Sono stati molti gli avventurieri che hanno provato a cimentarsi in questa difficilissima disciplina producendo gravi danni, perché hanno divulgato materiale scrittografico che è stato introdotto nei circuiti della diffusione libraria, senza avere scrupolo delle ferite che essi e gli amministratori avrebbero inflitto al patrimonio materiale e immateriale manomesso.

Questo è un danno biologico che tutta la comunità arbëreshë ha subito, se non si pone rimedio all’inadeguatezza storica, urbana, architettonica, religiosa, consuetudinaria e folcloristica degli ambiti albanofoni, avremo un decadimento che conduce inesorabilmente all’estinzione entro il decennio in corso.

Quanto detto, trova conferme nelle manifestazioni, negli appuntamenti storici della tradizione minoritaria e in maniera più clamorosa nella realizzazione della meglio identificabile Carene di Pianette .

Non è concepibile che con tanta facilità si possa vendere per minoritario albanofono la realizzazione di un intero paese di chiara matrice algerina (Vedere Touggourt Oase) o indagare negli ambiti del versante calabrese della mula, accompagnati da figure mitiche egiziane (lo scriba, il traduttore e il medico condotto), questo modo di produrre architettura arbëreshë, offende la cultura dell’etnia che fonda le sue radici nella sola  forma oral-consuetudinaria.

Ritengo che personaggi alloctoni non possano dare lezione di gjitonia, immaginando che ponendola come titolo di un progetto, possa addormentare le nostre menti; che fino a prova contraria, sono tra le più preposte a ricordare e produrre modelli che vivono in Italia dal XV secolo e che appartengono al patrimoni genetico delle genti di matrice balcanica.

La gjitonia, “dove vedo e dove sento”, intesa dagli alloctoni come il luogo dove vedo e dove sento, è stato interpretato, a torto, come un luogo fisico riconducibile a una piazza a una strada o  spazio toponomizzato, nulla di più errato poteva avere interpretazione, giacché, la gjitonia è il luogo dei cinque sensi e di solidissimi sentimenti; essi non sono riconducibili a un luogo fisico ma solamente ai valori personali e interpersonali: è spontaneo chiedersi che cosa volevano inventare i progettisti delle Carene di Pianette, depositando all’interno del manufatto urbano le Gjitonie?

Queste inesattezze, comunque, vanno anche ricercate tra le pieghe della legge 482 del 1999, che invece di favorire la ricerca dei veri elementi attribuibili ai minoritari, ha innescato il movimento delle grandi masse migratorie verso gli archivi e le biblioteche dove l’attività principale si è rivelata essere stata quella di setacciare i fiumi di documenti alla ricerca della pepita perfetta da brandire, dissociandoli così dal territorio.

È opportuno che si ponga rimedio a tutto ciò al fine di non ricadere nell’incauta esperienze dove si è cercato di mercanteggiare un prezioso cameo, con uno nuovo, fatto di materiali sintetici, che sottoposto all’esposizione degli eventi naturali, non darà il benessere atteso.

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Commemorazione dei defunti 2014

Posted on 22 febbraio 2014 by admin

BENEDIZIONE DEL GRANO ALL'APERTO 2014SANDEMETRIO CORONE (di Adriano Mazziotti) – Commemorazione dei defunti all’insegna della tradizione e del rinnovamento. Nei rioni via Termopili e Croci la benedizione del grano bollito in suffragio dei defunti da parte del parroco è avvenuta per la prima volta all’aperto. Oltre a preparare il tradizionale desco imbandito dei simboli sacramentali propri della suggestiva cerimonia, quali la bottiglia di vino,  due pani  e i collivi, i residenti dei  due rioni  hanno amorevolmente esposto le foto dei propri cari scomparsi di recente e molti anni or sono. Una benedizione collettiva. Molto sentita, velata da profonda tristezza e palpabile commozione nel ricordo delle  tante persone che hanno lasciato questo mondo per sempre. Un vortice di emozioni per  i pochi residenti rimasti e per chi è cresciuto nel microcosmo della gjitonia di una volta, fatto di forte socialità e condivisione, saldi vincoli amichevoli e di solidarietà reciproca.     

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KAIVERICI I VJETER UNA LEZIONE DI GJITONIA

Posted on 02 febbraio 2014 by admin

KAIVERICI UNA LEZIONE DI GJITONIA NAPOLI (di Atanasio Pizzi) – L’enciclopedia Treccani descrive gli Stati Generali come l’assemblea dei rappresentanti dei 3 ordini o Stati (clero, nobiltà e ‘terzo Stato’, ossia la borghesia), prima della Rivoluzione nel Regno francese.

Volendo accumunare questi sostantivi agli albanofoni odierni, sarebbe identificabile rispettivamente nel clero, nei letterati e nei cultori.

Tutti uniti dal legame di sangue albanese, per esaltare i propri diritti della Legge del 15 Dicembre 1999, n. 482,che ha moltiplicato come per miracolo storico il numero dei grecanici a scapito degli albanofoni, così anche quando si promuove il ricordo di luminari o  la realizzazione di sagre ed eventi tra i più disparati; in questi casi  pronti a dare battaglia sotto la bandiera bicipite, in favore dei valori caratteristici della minoranza.

Purtroppo lo stesso entusiasmo e gli stessi principi, con molto dispiacere, nei giorni scorsi  non li ho riscontrati nel leggere le relazioni della conferenza di servizi che ha riunito i vertici della regione Calabria, della Provincia di Cosenza e del Comune per la delocalizzazione del centro albanofono di Kaiverici i vjeter.

Dalla diffusione della notizia dell’evento franoso, alla realizzazione del progetto, sono trascorsi oltre otto anni, nessuno degli Stati Generali, Associazioni, Proloco o liberi movimenti atti alla valorizzazione delle pertinenze albanofone, ha sprecato una parola, nonostante gli organi di informazione e i prodotti messi a stampa ci informavano che c’èra la volontà di costruire un intero paese albanofono, delocalizzandolo dal suo vecchio sito, depositando al suo interno la Gjitonia (?) e non una ma, addirittura, cinque (?).

A questo punto due sono le domande che è legittimo porsi; o nessuno ha consapevolezza di che cosa sia la gjitonia; oppure la volontà di difesa e valorizzazione delle pertinenze è solo un sentimento platonico.

Vero è che tanti arbëreshë, quanto si contano nelle dita di una mano, sono stati costretti, nonostante minoranza linguistica, ad addossarsi la croce sostenendosi esclusivamente negli ideali arbëri, depositati nel loro piccolo agglomerato da cui erano stati allontanati.

Oggi nonostante una sentenza abbia dato a loro ragione, i perseguitati albanofoni, rimangono ancora da soli e nessuno supporta le loro ragioni che affondano le radici in quei dettami identici a quelli di tanti paesi minoritari della Calabria, della Sicilia, del Molise della Puglia e di Lucania, che potrebbero vivere lo stesso trauma sociale.

Da nessuna di queste regioni i discendenti del Kanun o dei Koronei ha soffiato un alito di vento a sostegno dei valorosi abitanti di Kaiverici i vjeter.

Questi ultimi rappresentano l’esempio moderno della vera arberia, armati di una grande forza di volontà hanno difeso la storia di noi tutti (per coloro che non lo sanno, questa è l’originario significato della gjitonia), salvaguardando il modello sub urbano arbëreshë e non solo.

I valori di appartenenza sono gli stessi che nel quattrocento indussero il Kastriota alla guida del piccolo esercito di Albanesi a impartire dure lezioni a chi metteva a rischio gli stessi principi della fratellanza albanofona.

http://www.amatelarchitettura.com/2014/01/cavallerizzo-la-legge-e-legge-ma-solo-se-ce-la-deroga/comment-page-1/#comment-5672

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QUALE RECUPERO DELLA TRADIZIONE?

Posted on 25 gennaio 2014 by admin

ConseguenzaNAPOLI (di Atanasio Pizzi) – Conseguentemente ai palesi, ma non ancora del tutto redenti, errori nell’utilizzare in modo improprio il patrimonio minoritario, si cerca di rime­diare ripiegando l’interesse verso proposte all’insegna del recupero della tradizione.

Due termini antitetici di cui a ben vedere: il Recuperare, esprime le gesta del rivitalizzare, rimettere in funzione o semplicemente rispolverare ciò che è stato dismesso; la Tradizione invece è il filo ininterrotto che unisce le conoscenze al passato, senza soluzioni di continuità.

Come si può recuperare la continuità storica, se coloro che la devono salvaguardare, non sanno riconoscere le azioni delle esperienze tramandate dissociandole dalle aliene contaminazioni?

Il recupero, segna il cambio di tendenza e di gusto individuabili nel:

–          Determinarsi di una nuova etnia che è interessata non più a sé stessa, ma al fenomeno;

–          Deter­minarsi di un nuovo concetto di storia distaccata dal passato e che traccia il trapasso da storia-racconto a storia-problema;

–          svilupparsi dei nuovi processi sociali legati alle innovazioni tecnologiche.

Ora, mentre l’ultimo punto è senz’altro chiaro, molti più dettagli occorrono per comprendere gli altri due.

Il termine tradizione deriva dal latino e significa consegna di una cosa ad altri, e quindi anche trasmissione attraverso il tempo di nozio­ni e ricordi, in forma raccontata e vissuta, come avviene per le minoranze nel meridione.

La consegna di un’eredità consuetudinaria, come nel caso degli arbëreshë, implica, la contemporanea pre­senza di chi riceve e chi da; il racconto orale, non può avveni­re altrimenti, che con la partecipazione all’azione vivendola e raccogliendone tutti gli aspetti caratterizzanti.

Chi narra è sullo stesso piano di chi ascolta: entrambi usano lo stesso linguaggio, entrambi partecipano al fatto, entrambi possono provare e riprovare ciò che hanno appreso perché i mezzi, le gesta e il fine a loro disposizione è comune.

Questo indica palesemente quali siano stati i precursori principali, del secolo scorso, che hanno dato avvio al processo di degrado del modello sociale legato alla consuetudine.

La tradizione, allora, implica contatto diretto tra chi tramanda e chi apprende il processo, affinché vada a buon fine, richiede che le due sfere coinvolte appartengano all’etnia, parlino la stessa lingua e abbiano cognizione dei dettami di patrimonio.

La tradizione non è altro che la trasmissione dell’espe­rienza, vincolata a regole ferree, per cui l’attendibilità del messag­gio e regolata dall’appartenenza del comunicatore e dell’ascoltatore, il buon fine delle consegne da tramandare, avviene se il maestro che trasmette il messaggio e l’allievo che ascolta si prefiggono comuni intenti.

Appare evidente che il sapere ha una diffusione lineare, da padre in figlio, senza intromissioni o ricerche di conferme è cosa ben diversa lo sperimentare, che per aver valore, ha bisogno di essere condivisa perché non è attendibile.

Stando a queste inconfutabili interpretazioni, la tradizione ha avuto una prima aggressione proprio dalla diffusa sperimentazione, legato, poi, al discorso della divulgazione che è racchiuso nella seconda affermazione; il passaggio da storia-racconto a storia-problema.

Il passaggio dell’esperienza all’esperimento implica anche un largo coinvolgimento di soggetti ammessi a parteci­pare alla narrazione attraverso il racconto scritto, in cui tutti possono prendere parte al  evento di sperimentazione, non come attori, ma come spettatori e quindi l’idea moderna di storia basata sull’oggettività del fatto.

E per rag­giungere tale livello di obiettività è necessario presupporre un distacco dall’evento descritto, una non partecipazione a esso.

La trasmissione di questi saperi sono per lo storico come dei fenomeni, con la nuova idea di storia, non interessano la cose, ma gli effetti.

La storia continua a esser fatta di racconti, ma l’oggetto della narrazione non è più l’evento vissuto in prima persona, piuttosto è il fatto, il documento.

La storia è la forma scientifica di memo­ria collettiva, ciò vuol dire, che una cosa è il dato materiale, un’altra è il racconto che scien­tificamente è redatto per produrre testimonianza imperitura.

Va oltremodo affermato che il passaggio di consegne da una generazione a quella successiva avviene sia per gli ambiti materiali che per quelli immateriali, due aspetti inscindibili e univocamente commessi gli uni dagli altri.

Stando a questo dato fondamentale, infatti, non avrebbe più senso parlare di conservazione del manufatto in senso generale o salvaguardarne il dato documentale o narrativo; tutela fisica del manufatto, ma anche adoperarsi a proteggere il dato, documentale.

Purtroppo riguardo queste condizione si cerca di ottenere molte notizie e riempire gli archivi, le biblioteche, con monumenti di carta, fotografie e incomprensibili prodotti scrittografici, prestando in questo modo il fianco ai restauri moder­ni utilizzando in maniera incauta, metodiche non in linea con le abitudini locali.

A che serve allora conservare il dato narrativo se poi il monumento, la strada o l’anfratto, sono oggetto delle più clamorose e anomale manomissioni?

Basti pensare ai restauri condotti durante tutti gli anni Ottanta con la sostituzione di parti degradate di edifici, con materiali seriali di produzione industriale, impiegati come panacea a qualunque tipo di causa ammalorante, producendo in questo modo la perdita di una moltitudine di soluzioni storiche e quindi anche della perdita del significato materico, architettonico  e strutturale.

Un esempio per tutti, che poi è quello più appariscente, s’individua nell’utilizzo dei nuovi intonaci derivati da sintesi industriale.

La diffusa pratica, ogni volta che si è intervenuto su di un manufatto, ha prodotto lo scarnificare degli strati d’into­naco a calce esistente, sostituiti con intonaci cementizi, con la relativa stesura superiore di tinte al quarzo o ai sili­cati, provocando danni irreparabili alla stessa statica degli edifici, in quanto l’alieno strato di intonaco non ha permesso alla muratura sottostante l’idonea traspirazione, di conseguenza, l’umidità in esso contenuta ha dato avvio al processo di ammaloramento del nuovo intonaco e il distacco della pellicola di pigmento.

Gli esempi messi a frutto negli ultimi decenni sono tanti e molte volte hanno messo a rischio la statica degli stessi edifici che in apparenza possono sembrare in ottimo stato, ma nelle parti più intime della statica e del loro valore storico sono stati gravemente compromessi.

La tendenza delle istituzioni e specialmente nel meridione, cerca di imporre modelli di nuova concezione che diano almeno conforto alla statica degli edifici storici, ma la piaga prodotta è troppo devastante, per cui si preferisce sottacere, augurandosi che non accada mai quello che hanno visto protagoniste le murature d’Abruzzo, nell’evento sismico del 2009 quando le nudità murarie orizzontali e verticali ha messo in evidenza quanta e quale incoscienza era stata operata in quegli ambiti.

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Protetto: L’ARBERIA OGGI: DISCORSO SULLA SOSTENIBILITÀ ETNICA (nëng qëndroi faregjë)

Posted on 12 gennaio 2014 by admin

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