NAPOLI (di Atanasio Pizzi) – La città del sole, Katùndi Dialit, è la proiezione di un modello di società giusta e pacifica in un luogo immaginario, nella realtà essa rappresenta un’utopia letteraria, per la netta frattura tra la realtà storica e l’esigenza di quel periodo.
Tommaso Campanella, ipotizza l’esigenza di un totale rinnovamento civile e spirituale.
L’opera, è scritta sotto forma di dialogo tra due personaggi; l’Ospitalario, cavaliere dell’ordine di Malta e il Genovese, nocchiero di Colombo.
Quest’ultimo racconta di aver girato il mondo scoprendo nell’isola di Taprobana, odierna Sri Lanka, una città ideale per tipologia urbana, per le leggi in vigore ed i costumi.
La città si eleva su un colle ed ha struttura circolare, realizzata in sette gironi di mura grandissime e concentriche, i cui nomi sono presi da sette pianeti.
La struttura urbana si ritiene che sia inespugnabile poiché ogni girone è fortificato da mura che sono impossibile da superare, il che implicherebbe che qualora il primo dei gironi fosse travalicato, l’impresa dovrebbe essere ripetuta per ben sette volte.
L’accesso alla città avviene attraverso quattro porte, ognuna orientata secondo i punti cardinali principali.
Nella sommità del colle vi è un grande pianoro in mezzo al quale sorge il tempio del Sole, la sua planimetria assume forma circolare, cosi come anche il suo altare, che è diviso a forma di croce, sostenuto da un mappamondo.
L’organizzazione della città è rigorosamente razionale e ordinata in ogni sua parte senza lasciare nulla al caso.
La governa un Principe sacerdote chiamato Sole, capo supremo del potere civile e religioso, affiancato da tre primalità, definiti capi o magistrati:
Pon (Potestà), preposto alla guerra e alla pace,
Sin (Sapienza) che ha cura delle scienze, e
Mor (Amore) al quale è affidata la procreazione, la salute, la produzione, il lavoro e l’educazione degli abitanti.
L’organizzazione della città del sole esclude i beni privati, che indurrebbero all’egoismo e alla sopraffazione.
Gli abitanti, nominati Solari, hanno in comune i beni e le donne, secondo il modello di Platone e tutto è perfettamente ordinato e predisposto dagli offiziali i quali vigilano affinché nessuno possa fare torto agli altri della fratellanza.
L’agglomerato edilizio al suo interno non prevede divisione in classi, se me deduce che il lavoro è obbligatorio per tutti e non v’è distinzione tra attività manuali e intellettuali.
I Solari affidano alla comunità l’educazione dei figli che è generale e indifferenziata per maschi e femmine.
I piccoli Solari dopo li sette anni vanno a lezione di scienze naturali, mentre gli altri si esercitano il corpo, o fan li pubblici servizi, imparano giocando, correndo per le vie della città temprando idoneamente il loro fisico e la mente grazie al fatto che le mura sono istoriate, in modo da costituire una vera e propria enciclopedia visiva.
Nel primo girone sono rappresentati le figure matematiche, una carta geografica di tutta la terra e le tavole riguardanti ogni provincia con i rispettivi riti, i costumi, le leggi e gli alfabeti delle varie lingue.
Nel secondo girone sono raffigurati i minerali, le pietre ed i metalli, i mari, i laghi e i fiumi.
Nel terzo, gli alberi, le erbe e le loro virtù medicinali, oltre ai pesci e i loro modi di vita.
Nel quarto sono riprodotti le varie specie di uccelli, rettili e insetti.
Nel quinto gli altri animali terrestri.
Le mura del sesto girone illustrano le arti meccaniche e gli inventori delle leggi, delle scienze e delle armi.
I Solari si nutrono di erbe e di carni, alternativamente, secondo precise regole dietetiche, vestono abiti bianchi, di giorno, e rossi di notte, mentre è vietato il colore nero.
Gli abitanti della Città del sole vivono esclusivamente secondo la ragione e secondo la religione naturale, che è innata e propria dell’uomo che, avendo origine da Dio, tende a ritornarvi.
Credono nell’immortalità dell’anima e nell’infinita metempsicosi, non credono in un castigo eterno, dopo la morte, onorano Cristo e i dodici apostoli, ma anche Mosè, Osiride, Giove, Mercurio, Maometto.
Ed è il Cattolicesimo la religione naturale, cioè conforme a ragione e quindi comune a tutti gli uomini della Terra.
Nella città del sole ogni cosa è accuratamente disciplinato e persino i rapporti sessuali, a tal proposito è rigorosamente stabilita un’età minima per procreare: diciannove anni per le donne, ventuno per gli uomini; l’accoppiamento è un vero e proprio rituale che tiene conto anche dell’ora e della posizione degli astri.
Le leggi della città del sole sono scolpite su tavole di rame e impongono una rigorosa condotta di vita, che non ammette eccezioni di alcun genere.
Non ci sono carceri, ma solo un torrione dove vengono isolati i membri definiti infetti della comunità.
Tutta la vita dell’agglomerato si fonda su una cultura seria, sull’educazione globale e specializzata, sulla coscienza civile dell’impegno, della verità, dell’onestà e dell’amore.
La politica, per Campanella, si deve fondare sulla moralità: concezione totalmente opposta alla realtà dell’epoca storica in cui vive, caratterizzata da epidemie, guerre, violenza, soprusi e angherie.
Campanella è per temperamento e vocazione un profeta, convinto della possibilità di realizzare il suo sogno, dopo aver letto e interrogato i cieli.
Ecco perché la Città del sole nella sua mente, non è stata concepita come utopia, o almeno non in tutto.
Nei fatti, è vero, La città del sole è essenzialmente utopia, ma che ha una tale forza tanto da diventare un’aspirazione, un obiettivo primario, fino ad indurre Campanella a rischiare la propria vita sfidando le autorità dell’epoca.
La città del sole è stata accostata al pensiero di un altro grande calabrese del Duecento, l’abate Gioacchino da Fiore, e al suo profetismo millenaristico cristiano, di cui sembra una rielaborazione in chiave naturalistica.
Sono evidenti gli influssi che Campanella acquisisce dallo studio della Repubblica di Platone e forse in modo più determinante, dall’Utopia di Tommaso Moro, testo a lui storicamente più vicino,infatti porta la data di pubblicazione del 1518.
La città del sole è l’idea di una repubblica comunistica e teocratica; non pochi hanno visto, in questa descrizione, un’anticipazione del pensiero di Marx.
Ma qui ci troviamo di fronte ad un testo che parte da un’impostazione completamente diversa, non è un’analisi fredda, tecnica, scientifica della storia passata e presente che porta Campanella all’elaborazione di questo modello sociale, di questa utopia avvolgente, ma è la passione emotiva verso una società perfetta di giustizia e uguaglianza, dove l’individualismo scompare, dove non esistono egoismi, dove non c’è la guerra perché non ha ragione di esserci, dove il male è cancellato dalla solidarietà, dalla fratellanza e dall’amore.
La città del sole del Campanella andrebbe comparata e misurata con il Kanun, infatti in molti aspetti si accosta alle regole degli albanofoni, che scremavano nel tempo le parti buone da quelle che potevano creare squilibri e instabilità, lasciando in eredità i nuovi modelli senza l’ausilio di tracce scrittografiche.