NAPOLI (di Atanasio Pizzi Architetto Basile) – Pe quanti conoscono la storia e affiancano processi sociali e crescita dei generi, avvicinare questi momenti di vita diventa, somma per allestire processi in grado di rendite alto il valore dei luoghi vissuti, specie se per continuare a conversare e, non perdere il patto stipulato con testimoni, il sole e la luna, al fine di fare Casa, Famiglia e Gjitonia.
Gli studiosi del Mezzogiorno hanno molte volte orientato la loro attività di ricerca, secondo percorsi, tesi ad aprire i confini della storiografia e, raccogliere tracce che confermino la presenza di uomini e donne, li abbandonati secondo autonomie sociali al fine di affrontare e rispondere in forma di mera soluzione, matematica.
Idee, mentalità e immagini letterarie, diventano così i simbolismi di solidità, che porta ad altri interessi, anche se, in linea generale possiamo definire antropologici, dove tutto si materializza in ambiti di studio, da attraversare, ma purtroppo come è successo nel passato, avendo come compagni lettori o traduttori locali, sconosciuti, e quasi sempre non sono lucidi osservatori, ma ignari viandanti che non hanno arte o memoria di nulla.
Tuttavia vi sono stati grandi intellettuali, come Giuseppe Maria Galanti, con cui alcuni fortunati sono riusciti a dialogare per ricevere una visione generale dei modelli sociali qui in analisi e studio.
Penso, fra gli altri, a Giuseppe Galasso e le indicazioni verbalmente espresse in vari incontri, all’Istituto Italiano di studi filosofici a Napoli e, la caparbia lena di suoi discepoli, hanno reso possibile il germoglio del postulato a titolo. E rendere gli Arbëreşë attori fuori dalla portata di banali e negazionisti antropologi, che credevano “Gjitonia” fosse e un mero prodotto post industriale di mero vicinato.
Ovvero, la trasformazione avvenuta dopo la grande espansione dell’industria pesante e della produzione di massa che ha caratterizzato il XIX e gran parte del XX secolo, che comunque sono fuori dal nostro intervallo di Studio.
A tal fine e per analizzare il processo sociale sostenuto dal governo delle donne è utile iniziare con il citare le vicende storiche più antiche,
Dove emerge la figura di Penelope tessitrice, che in casa, mentre Ulisse attraversa tutti i mari e le terre del mediterraneo, lei fedele tesseva e disfaceva il sudatorio che dove servire per avvolgere il padre.
Penelope (“anatra”) per essere scampata da giovinette dall’essere annegata, anche se per alcuni il nome è connesso all’evento della tela (dal greco- pēné), in quanto protagonista principale dell’infinita tessitura casalinga.
Infatti, attese per ben due decenni il ritorno di Ulisse, partito per la guerra di Troia e dato per disperso, crescendo da sola il piccolo Telemaco evitando perennemente con garbo il dover scegliere uno tra nobili pretendenti e, grazie al famoso stratagemma: che di giorno tesseva e, la notte lo disfaceva, per essere fedele alla promessa di famiglia.
Mantenendo, a debita distanza con l’ironica promessa che avrebbe scelto il futuro compagno al termine del lavoro.
Alla fine, Ulisse tornò, uccise i provocatori della moglie e si ricongiunse con essa; tuttavia questi brevi accenni, danno la misura di un ambito, anche se meno regale, e simile alle tempistiche giornaliere, che ogni moglie arbëreşë, ha vissuto e trascorso, nelle innumerevoli Gjitonie, che caratterizzarono in antichità i Katundë.
Dalla mattina prima che il sole sorgesse, sino alla sera prima del tramonto del sole, il marito partiva per i campi e rincasare dalle sue imprese quotidiane, mentre le donne rivestivano il ruolo di tessitrici preparando corredi ed elementi tessili con i telai tessendo seta e filamenti naturali nuovi e disfacendo quelli più danneggiati, e nel contempo allevavano i propri figli e sin anche quelli altrui, al fine di consentire che ogni famiglia avesse opportunità di domani migliori, secondo il patto sociale.
Donne protagoniste in prima linea, che sfidavano avversità di genere e, davano agio a ogni figura che qui cresceva, in tutto, ambiti non circoscritti e senza confini, se non quelli del rispetto e di cinque sensi, che qui si vivevano e si respiravano ad oltranza, per le nuove generazioni.
Gjitonia era anche una tessitura solida di iunctura familiare o insieme costruito fatto da Kallive, Vicoli, Orti Botanici, Vally, Suppostici, e Vicoli Ciechi, che costituivano percorrenza lenta regolata dalla articolata e difficile percorrenza, colme di accessi delle piccole case del bisogno.
Il vicolo non conduce a spazi liberi se non Vally o negli orti botanici di pertinenza, in tutto “percorsi angusti”, articolati con scale apparentemente disorganizzato, perché mai facile o veloce percorrenza.
Strade che mirano a rallentare il comune viandante, per essere meglio osservati, prima di accedere in aree di sosta.
Sono gli stessi valori urbanistico che caratterizzano dal punto di vista storico un Katundë, generalmente tessuto su tre assi, verosimilmente in direzione ovest/est, posti in solidale intreccio orientate in direzione nord-sud, generando l’interazione sociale paritaria gestito dalle donne.
Gjitonia mantiene viva la continuità sociale e il confronto in ogni forma o sfaccettatura, diretta o indiretta, perché composta da spazi privati e pubblici in condizioni dove sono regolate sin anche la temperatura, l’umidità o altre caratteristiche di tessitura che proteggono l’onore delle donne, fatto di: Vichi, Case Archi, Strade chiuse e Orti Botanici.
Il sistema così articolato divenne nel tempo riferimento di un’ecologia strettamente legata a un habitat preciso, fatto di “tessitrici specialiste” di un ambiente intimo, ristretto e fortemente diretto e disposto al confronto, dal noto governo delle donne.
Furono molte le figure nobili o meglio femminili che qui transitarono del Gran Tour, infatti qui non transitavano gli uomini ma le donne e furono tante che dopo aver vistato Roma, Napoli, Pompei ed Ercolano erano attratte da questa apparizione al femminile dei piccoli centri antichi ancora vitali e sostenuti dalle donne, quando visitavano il meridione, apprezzando i manicaretti, le pietanze e i prodotti alcolici fatti con i derivati del territorio locale, gli stessi che poi divennero, dieta mediterranea per tutto il continente antico.
Si realizzava in questa parentesi storica un confronto epocale dove donne nobili e alto locate di tutta Europa si recavano in questi luoghi per capire costumi colori e avere misura di un modo assai dissimile con cui crescevano le rampolle d’Europa colme di agio e ricchezza.
La Gjitoni dal punto di vista delle agiatezze era un luogo molto essenziale, ma il senso del rispetto e il valore dei cinque sensi, qui sicuramente era molto più alto, altrimenti perché queste grandi donne della storia che miravano alla parità dei generi, partivano, da Londra, Parigi, Barcellona e altre capitali d’Europa per ascoltare e vivere atti e sensazioni, possibili solo in questi luoghi, riecheggianti di cinque sensi.
Quanto adesso trattato e accennato, è una piega di storia conviviale mai da nessuno approfondita, ma da oggi in poi, “intellettuali”, “antropologi” e ogni “sorta di lettore libero”, avranno da sudare non poco nello scartabellare, leggere e comporre, dopo aver avuto piena consapevolezza del significato e il valore di Gjitonia, che non è stato mai Mero Vicinato Indigeno, ma luogo della tessitura delle donne Arbëreşë.
Atanasio Arch. Pizzi Napoli 2025-02-09