NAPOLI (di Atanasio Pizzi Architetto Basile) – Storicamente il “Grand Tour” nel sud Italia, attirava viaggiatori europei che dovevano allargare le proprie frontiere culturali, artistiche, intellettuali, in tutto, un’esperienza di vita vissuta unica e irripetibile, rispetto al resto del continente, che non aveva avuto tanti scenari aperti nel corso della storia.
L’Italia meridionale, per le sue bellezze naturali, i benefici di accoglienza e ospitalità, era ed è considerata la destinazione più ambita per i viaggiatori che vogliono migliorare e conoscere le cose che hanno reso dato agio positivo all’uomo e all’ambiente naturale.
E come molti studiosi affermavano, l’aver letto libri, documenti ed ogni genere di edito, pubblico o privato, non avrebbe mai dato completezza di una presa visione, al pari di ritrovarsi immerso fisicamente nelle prospettive e nei luoghi dove la storia aveva avuto luogo, senza essere appresa come racconto altrui.
Ed è per questo che i rampolli delle famiglie più nobili, e gli intellettuali più evoluti di tutta Europa, qui si recavano per vivere ed essere presenti, non per un racconto fatto da altri, ma partecipare al personale punto di vista o indagine, in tutto, prendere atto di cose che nessuna descrizione fatta da altri, avrebbe potuto sodisfare come l’essere protagonisti o attori nei luoghi, dove era stata la storia degli uomini.
Sicuramente come in passato, numerosi viaggiatori hanno fatto, avrebbe sodisfatto sotto ogni punto di vista lo svolgersi dei fatti, magari rivedendo, proprio in quei luoghi le annotazioni fatte da altri.
Alla luce delle esperienze dei numerosi viaggiatori che in tutto il settecento e sino ad oggi qui, si recavano a indagare e leggere, per cogliere verità stese al sole.
Personalmente ho vissuto, ormai da un ventennio, il “Grand Tour” attraverso i luoghi della regione storica degli Arbëreşë e, siccome sono parlante e ascoltatore di questa antica lingua, nulla può essermi sfuggito per essere interpretato senza ragione o non essere compreso compiutamente, come nella storia è accaduto agli altri viaggiatori che confondevano le minoranze storiche del meridione, accumunando e appellando tutti come Grecanici.
Vero rimane il dato che recarsi fisicamente in un luogo, offre una comprensione più profonda rispetto alla mera lettura, poiché permette di immergersi direttamente negli aspetti materiali, visivi e sensoriali, gli stessi che sarebbero sfuggiti alla sola esposizione per mezzo di editi o atti notarili.
La metodologia del “Grand Tour” consente di cogliere dettagli sull’architettura, i colori, i profumi e i suoni locali, che contribuiscono a una visione più completa e autentica del contesto, dove si va per partecipare.
Inoltre, l’interazione con le persone del posto, offre prospettive inedite, aneddoti e sfumature che non trovano luogo nei testi dove si espongono visioni e prospettive altre.
D’altra parte, leggere in anticipo le nozioni di un luogo può fornire una base storica e culturale, utile per apprezzare meglio quello che si vede, collegando elementi della realtà con la loro evoluzione e il significato certificato in loco.
Per chi ha interesse a cogliere i molteplici aspetti particolari, come dettagli storici, culturali degli Arbëreşë, combinando entrambe le esperienze risulta essere ideale, infatti: la lettura prepara e arricchisce, mentre la visita permette di vivere e validare la conoscenza dei sensi più ricchi.
La sola lettura consente una comprensione velata, soprattutto per un luogo storico, in quanto i testi, per quanto dettagliati, non riescono sempre, a trasmettere l’atmosfera autentica, le sfumature del paesaggio, o la sensazione tattile di certi aspetti materiali ed immateriali li avuti luogo.
Gli scritti possono fornire un quadro d’insieme, una guida che orienta e prepara la comprensione, ma è solo con la visita e l’ascolto sul campo, la conoscenza si anima e viene impressa nel cuore e nella mente.
Nei luoghi storici, l’esperienza diretta è particolarmente importante, in quanto lascia cogliere, sul campo, ingredienti che sfuggono alla narrazione scritta, che non da agio ai cinque sensi.
Nel caso di centri storici o complessi culturali come quelli degli Arbëreşë, per esempio, l’urbanistica, la disposizione dei rioni e persino i dettagli del “genio locale” si apprezzano a pieno solo vedendoli e vivendo sul posto, con la mente che porta al passato.
Ogni luogo ha una dimensione immateriale, fatta di piccoli dettagli, che si percepiscono solo con la presenza fisica e non con l’immaginario espresso da altri.
Come per tutta la popolazione oggi identificata come Arbëreşë, nessuno e, a tal proposito sfido istituti, istitutori e istituzioni a dimostrare il contrario, secondo cui chi nasce negli ambiti della Gjitonie o governo delle donne, abbia mai letto libri e avuto agio nel parlare questa lingua antica.
Nessuno mai ha partecipato per millenni a lezioni dove venivano editati con gesso o carbonella, in superfici verticali, lettere o alfabeti da pronunziare per apprendere l’Arbëreşë.
Il “Grand Tour” per questo, rappresenta un metodo antichissimo, lo stesso che le nostre madri unite nel governo delle donne, applicavano da secoli, e quanti oggi provano a fare il contrario, imponendo libri, letteratura in vocabolari riversi e alfabeti con numerazioni variabili commettono peccato, allo stesso modo di chi si reca in loco religioso o sacro e prega voltando le spalle all’altare in tutto, verso la direzione per il rispetto della credenza.
Oggi chi parla questa lingua e comprende il senso di ogni cosa, non lo fa leggendo, ma partecipando attivamente in presenza e, solo in questo modo chi parla e chi capisce l’Arbëreşë, invia, trasmette e dall’altra parte si colgono inflessioni e movimenti dell’interlocutore che non può mentire, “alla promessa parlata”.
Un “Grand Tour” tra i paesi Arbëreşë, è sostenuto dai seguenti motivi principali:
- Riscoperta del parlato: La regione storica diffusa e sostenuta in Arbëreşë offre l’opportunità di visitare una sorta di “santuario” dell’antichità classica, secondo un ideale tra i più antichi racconti d’Europa.
- Paesaggi unici e suggestivi: I viaggiatori attenti, saranno affascinati dal contrasto tra i paesaggi montuosi, le coste e la vegetazione lussureggiante del Meridione che, apparivano come luoghi quasi mitologici, capaci di ispirare artisti che diverranno attori della storia.
- Interesse per la “selvaggia di luoghi e cose”: l’idea di esplorare i Katundë viene percepito come “fare cose nuove” rispetto a quelli industrializzate, le stesse che poi sono ispirati da questi piccoli luoghi di confronto e movimento; essi rappresentano una vista esotica europea, dove i costumi, la musica e le tradizioni popolari sono ancora autentici e incontaminati, in un certo senso ” ancora primitivi” agli occhi dei visitatori e, se non si pone la giusta resilienza a breve termineranno di esistere e non avranno più nulla per dare.
- Influenza delle accademie e delle opere scritte: a iniziare dal XV ad oggi, opere letterarie contribuiscono a creare un immaginario che nel Meridione non ha mai avuto luogo e, molte volte anzi sempre di più influenzano, quanti intraprendono il viaggio in presenza.
- Clima e atmosfera: Il clima mite e la natura ospitale della popolazione Arbëreşë, rende la regione storica una meta piacevole anche per soggiorni prolungati, trascorrere qui, l’Estate nella Gjitonia e l’Inverno davanti al camino gestito dalla regina del fuoco, ti rende partecipe al piacere di una nuova cultura, in tutto, un crocevia tra passato e presente, natura selvaggia e archeologia classica, facendovi partecipare alle stagioni più suggestive della vostra esistenza.