NAPOLI (di Atanasio Pizzi, Architetto Basile) – Le dinamiche storiche che caratterizzano e hanno segnato la minoranza Arbëreşë nel corso della storia, sono emblema di speranze, rinunzie, orgoglio e memoria.
Questa è il teorema che unisce le genti Arbëreşë dell’antichità, con quelle delle varie epoche, esclusi chiaramente i modernismi di transumanza culturale, che approfittano degli avvenimenti del secolo scorso, usano in maniera inopportuna gli abbracci naturali lungo le rive dell’Italia meridionale.
I quadranti che uniscono e restituisco la giusta prospettiva storica Arbëreşë, non sono altro che echi ripetuti in forma genuina, atti identici profusi da ogni eccellenza, che viaggiano con colmi di valori indelebili, della propria esistenza, in tutto atti di rinunzia, agio, conquiste di attività senza l’aiuto di messaggi fraterni per fare più ripida la china.
Chi non è partito dal proprio ambito nati senza pena, con la speranza di migliorarsi, rinunziando per questo alle cose più care e intime della propria formazione culturale procedendo, colmo di orgoglio, nuove e incerte prospettive di vita, disdegnando memoria, genio e discendenza.
A tal proposito si potrebbero citare o ricordare storie illustri come: il Deposto P. Baffi, Scrivere Note per V. Torelli, Costruire Ponti e Negazioni di Patibolo dei fratelli R. e L. Giura, Termini di memoria di fondi Marini per F. e G. Bugliari, ma tutto questo sarebbe troppo complicato per “i tutori del parlato o accoglitori di viandanti senza memoria “.
Tuttavia raccontare una storia moderna può essere da stimolo anche per le comuni figure che fanno accoglienza in Terra e i suoi cunei frumentari locali, svelando così quale cattiveria gratuita per il non bene locale, secondo i protocolli dell’ostinazione, dal 17 gennaio del 1977, giorno che si ricorda, Sant’Attanasio Vescovo, detto il Piccolo.
A tal fine va rilevato anche cosa avvenne il giorno prima di quella storica partenza, quando nella piega della via che non attraversa la Trapesa, fu assegnato un compito, al giovane studente, ovvero, studiare e tornare, in quel luogo per dare senso storico e lettura del costruito locale.
E nonostante quel giovane ormai vecchio laureato, ha tenuto fede e conosce le cose di ogni pietra, fondazione, casa luogo toponomastico dell’antico loco natio, oggi è preferito a quanti si presentano dicendo di essere figli/e di caio o del sempronio più inadatto.
Tutta via e per tornare nel nostro racconto, il giovane da quell’incarico non ufficiale ricevuto il quel Trapeso, ne fece una meta fondamentale, iniziando così il giovane studente, la missione acquisendo migliaia di fotogrammi d’archivio di esclusiva locale, con mira del percorso di titolo con maestri a disposizione di ogni allievo che a quell’epoca, elevavano il senso dell’urbanistica e dell’architettura in Monteoliveto di Napoli.
Tuttavia le esigenze di una nascente famiglia obbligò a tornare nel luogo natio l’allievo ancora senza titolo e, dare vita alla famiglia ma, quando si prospettò di allagarla, fu bestialmente imposta la pena di Termine, il 27 febbraio del 1985 della mai nata Hadlë, mira perversa della regia locale di istituzioni civili, religiose e germana certificazione.
E ancora oggi, nonostante siano trascorsi quattro decenni, quanti continuano a perpetrare e diffondere menzogne per rifiutare cultura locale come se nulla fosse accaduto e, tenere le nuove generazioni ben lontane da nuove e rinnovate ricerche in Terra di Sofia.
Tornando al racconto di pena, va rilevato che il maggio successivo fu l’inizio di una Nuova Opportunità Partenopea, per il giovane ricercatore e, questa volta, di valore inestimabile, nonostante le vicende germane diventassero sempre più nere e non certo costruttive di abbracci come avrebbero dovuto essere.
Il camminare culturalmente divenne più intrepido ma, senza distrazione alcuna verso la meta, continuò con non pochi sacrifici e pene, ma una volta raggiunta la meta, si viene premiato con il tiolo accademico, tra i più nobili partenopei, ovvero, “caparbietà senza mai smettere di credere al titolo di se stesso con lode”.
E dopo un tirocinio durato circa un ventennio, precisamente diciotto anni, sempre con mira la professione dell’ARCHITETTO, il 20 ottobre del 2004 un nuovo protocollo, certificato e titolato di memoria Arbëreşë, ha così ufficialmente avuto inizio con certificazione.
In tutto un nuovo studio veniva posto in essere, in componimenti architettonici, urbanistici supportati da una nuova professionalità sino ad allora ignota, la stessa che oggi fa temere ogni genere di cultore, comunemente formato, gli stessi che dicono di sapere, ma ignorano ogni cosa dei temi che non siano idiomatici, di specifici protocolli, confronto, le cose e le figure Arbëreşë sino al 204 hanno ignorato.
Allo scopo sono state poste in essere nuovi concetti con argomento l’Idioma, con mira di Consuetudini Costumi e sviluppo dell’edificato locale, mai portati alla ribalta, con misura perché ritenuti, a torto, simili a quelli indigeni e, fuori dai protocolli linguistici della moderna Albania o Albanistica dirsi voglia.
La stessa che vive ancora oggi è diventata, transumanza linguistica Albanese, in tutto, componimenti inadatti secondo cognizioni senza nessuna ricerca storica di senso riferito, in adunanza pubblica.
Una nuova era di componimenti in diplomatiche culturali, che porteranno l’esempio di Terra Sofiota, nei palcoscenici per la difesa dei paesi Arbëreşë, comunemente paragonati a semplici “News Town”.
Vero resta il dato che nelle discussioni con alti livelli politici e legali governativi, il vecchio laureato, sortisce vittorioso nel 2014 e, da allora niente e nessuno ha preparazione culturale per potersi misurare, a questo contribuisce in favore degli Arbëreşë.
Anche se penosamente in difficoltà, il 29 giugno del 2020 impedirono di partecipare al vecchio saggio laureato, perché non avevano risorse per l’ammontare di 63, 00€, (sessanta tre euro), per ospitarlo, nonostante era già preferito dagli organi regionali come: “direttore artistico di un finanziamenti di scopo”.
Lui, caparbio e colmo di memoria storica, non smetterà mai di pensare e progettare cose che un giorno saranno realizzate, daranno a questi luoghi, il più idoneo rilancio, lo stesso che va ben oltre il dipingere prospettive senza alcuna radice locale o deporre componimenti lapidei nei Vutti storici locali.
L’entusiasmo è tale ed elevato, al punto che i direttori locali, fano politica nel buio più degenerare, secondo un antico progetto, sin anche contro una concepita bimba mai nata e, ostinatamente dopo decenni di trascorsi in pena abbiano sottratto al nero locale due cose buone, le stesse che ancora non sa di aver perso per sua colpa.
Nonostante tutti questi malefici diretti verso chi si prodiga per superare le difficoltà storiche degli Arbëreşë, la caparbietà come quella del titolo non degenera e lotta per elevare gli ambiti di Terra e dei suoi agri, tanto da divenire protocollo da imitare da tutti i conduttori della regione storica e della capitale Napoli.
Il protocollo di studio condotto prende spunto degli studi comparati di Pasquale Baffi, portati a buon fine e stampati nel 1765, la cui impronta ha ispirato e suggerito il protocollo da eseguito dalla fine degli anni ottanta del secolo sorso dal vecchio Laureato di Terra.
Infatti grazie alle comparazioni sociali, di genio dei protocolli architettonici e urbanistici, diffusamente applicati, si è giunti ad ottenere il risultato, più avanti esposto più in dettaglio.
E grazie all’affiancamento e la sovrapposizione digitale dei modelli cartografici, delle varie epoche, è stato possibile risalire alla tipizzazione dei Katundë Arbëreşë, che non risultano essere né Borghi e né come quelli dei limitrofi indigeni Civitate locali realizzati a impronta di sistemi chiusi o murati.
Quello che gli Arbëreşë, portarono negli atti di memoria ritmica, sono riconoscibili da chi è in grado di confrontarsi ascoltare e dedurre secondo le antiche consuetudini, le stesse concepite grazie all’ascolto di lingua Arbëreşë, che non è paragonabile né al moderno Albanese e né all’Albanistica di transumanza che oggi liberamente senza aspettare stagioni si diffonde, la stessa colma di Islamismi o espressi di consonanti mute.
Trattando e analizzando, argomenti architettonici e urbanistici, all’interno dei centri antichi è stato possibile estrapolare il modulo primario dell’edificato e poi attraverso le vicende telluriche e dell’economia conseguente si sono definite le crescite in direzione orizzontale, occupando gli interi lotti di Iunctura pertinenziale e, poi in forme verticali, con il piano terra adibito a deposito, il primo piano di residenza sormontato da tetto multi falda con sottotetto pertinenziale di mitigazione degli eventi estivi e invernali.
L’indagine di studio prende avvio dalle vicende storiche che coinvolgono la Calabria ai tempi della Sibari Fannullona, continuano con le vicende della terminazione della Diocesi di Thurio, a cui fanno seguito i termini per la difesa tra Bizantine e Longobarde, continuano con i Fortilizi della Grancia Cistercense.
Questi ultimi allocati a misura di giornata per valorizzare i cunei agrari con credenza Latina, tuttavia la vera svolta territoriale nelle pertinenze Giordane della Calabria si concretizza con l’arrivo delle Famiglie legate alla Iunctura Arbëreşë di promessa data, sino ai nostri giorni, con il continuo riverberare, di una parlata che riecheggia in questi ambiti, da sei secoli circa e costruisce cose secondo la consuetudine più antica del vecchio continente.
Ed è proprio la tendenza culturale di sostenere e valorizzare esclusivamente questa parlata che, ha distratto i grandi canali culturali.
Figure culturali secondarie hanno preso piede con testi miscele letterarie ad impronta di Dante, Petrarca e Boccaccio, immaginando di dare solidità a una cultura parlata che doveva essere indagata con più elementi culturali, come genio credenza, scienza e fenomeni sociali.
Una deriva che oggi ha come emblema le transumanze che da est verso ovest e viceversa, sporcano i cieli e le acque del fiume mediterraneo che li imparziale mantiene i suoi abbracci e le irrequietezze delle rive sempre più basite.
L’osservare i tanti intrecci di deriva rinforza sempre di più la teoria del Vecchio Laureato, imperterrito continua la sua china, dando risposte certe a quanti dopo Convegni, Incontri e Confronto di acculturazione tornano con la mente disturbata, per le irripetibili teorie senza alcun fondamento di radice Arbëreşë.
Il grande vecchio Laureato vi attende a Napoli, sempre pronto a rispondere a ogni cosa, senza citare i meno adatti cultori, come supporto, senza avere spunto dagli editoriali dai locali inesperti che scavano con la speranza di trovare, Cani, Lupi, Cavalli Capre o emblemi da esporre a conferma di una storia mai esistite fatta di islamica radice.
Questi prodi erranti senza Orecchio, Cuore e Memoria è bene che rammendino che La Regione Storica Diffusa Sostenuta dagli Arbëreşë è una sola e indivisibile, e si mantiene storica mente grazie al quadrangolare delle “V” perché gli altri apparati proposti senza cognizione sono “reflui di lavinai culturali” che dal Surdo e il Settimo dopo aver intercettato il Crati, inquinano le terre di valle della “Terra Giordana” dove resiste la memoria dello Jonio; naturalmente quello attraversata e vissuto con dignitose regole Arbëreşë.