NAPOLI (di Atanasio Pizzi Arch. Basile) – Nel mentre l’ANSA da ROMA, rilancia che, un altro turista, è stato denunciato dai Carabinieri del Comando di Piazza Venezia per aver deturpato il Colosseo, denunciando e sanzionando amministrativamente il turista sorpreso mentre grattava, deteriorando una parte del laterizio scalfendo le iniziali del suo nome; di contro succede che, in altri ambiti tutelati dalla legge 482 del 1999, si fa gran uso di pitture acriliche, pennellate, bombolette e chissà quali altri scalpelli e scalpellini, utilizzati a perimetrare, inconsuete attività e, deturpare porte, prospettive o monumenti di memoria storica dell’illuminismo, che se paragonata ai recenti attentati di concertazione illegale, parlerebbe la memoria alle stragi autostradali e abitativi del secolo scorso e, per non coler esagerare, arrivare a parallelismi in eccidi politici di eccellenza; bene immaginate se questi ambiti oggi venissero ricordati ad opera di comuni artisti senza alcuna formazione o nozione culturale, e i luoghi di appellino Capaci, Via D’Amelio e ………, da riattare.
Dal punto di vista della tutela storica e urbanistica, alcuni luoghi non hanno bisogno di leggi specifiche, ma solo di buon senso civico è, rivolgere solo attenzioni, quando i luoghi sono memoria di centri antichi, centri storici o di storiche vie, memoria di noi tutti, altrimenti è segno che il termine non fa più da Limes.
Nell’Art. 9 della Costituzione Italiana è sancito, a norma di legge lo sviluppo della cultura, la ricerca scientifica e tecnica, per rispettare con dovizia di particolari le cose del passato.
Tutelare il paesaggio e il patrimonio storico/artistico, tutte le cose che fanno parte dei valori locali della Nazione.
In oltre, nella legge sono rivolte particolari attenzioni all’ambiente, la biodiversità gli ecosistemi, nell’interesse delle future generazioni titolate a conoscere il senso del bene trasmesso.
La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela delle cose, l’ambiente naturale, quello costruito e gli ambiti di carattere identificativo e, gli animali.
Come tutelare il patrimonio storico? È una prerogativa basata sulla conoscenza e il rispetto che si ha per le cose al fine di conservare il patrimonio culturale, assicurando mediante una coerente, coordinata e programmata attività di studio, prevenzione, manutenzione e restauro.
Per prevenzione si intende il complesso delle attività idonee a limitare le situazioni di rischio connesse al bene culturale nel suo contesto.
Un Complesso di azioni intese a proteggere il patrimonio, impedendo che possa degradarsi nella sua struttura fisica e nel suo contenuto culturale, per questo prodigarsi a garantirne la conservazione per consegnarlo inalterato alla posterità.
In questo articolo si riporta la definizione di centro storico e centro antico, esprimendo quale possa essere una definizione “embrionale” di centro, spalleggiato tra la L. 1497/39, e la Legge ponte n. 765/67.
Diversamente dalle aree libere sono inedificabili fino all’approvazione del piano regolatore generale; L. 1497/39 art. 1 c.3: i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale; Diciamo che la necessità di tutelare e diversificare la disciplina di queste zone si è affermata sempre più, diventando prioritaria a partire dagli anni ’80 del Novecento, quando ormai si era praticamente conclusa quella stagione di trasformazione edilizia che non ha guardato in faccia a niente e nessuno.
Furono infatti emanate norme sempre più rivolte al recupero del patrimonio esistente, vedasi la L. 457/78 e la L. 179/1992.
Speculazione e abusivismo edilizio continuarono il loro corso, e fu così che per arginarne gli effetti si rese necessario emanare alcune leggi particolarmente rigide come la L. 431/85, meglio nota come Legge Galasso.
Nella stessa L. 431/1985 fu statuito espressamente che tale estensione del vincolo non si applicasse a: Comuni provvisti di PRG: nelle zone A e B e – limitatamente alle parti ricomprese nei piani pluriennali di attuazione – alle altre zone, come delimitate negli strumenti urbanistici ai sensi del D.M. 1444/68; Comuni sprovvisti di tali strumenti: ai centri edificati perimetrati ai sensi dell’articolo 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865.
Il vero problema non nasce per i vincoli di natura paesaggistica (Parte III del Codice), bensì i vincoli di natura di beni culturali (Parte II del Codice).
Infatti secondo il D.Lgs. 42/2004 si devono considerare tutelati fino a quando non intervenga una espressa verifica di interesse in senso contrario, che spesso risulta compiuta in fase di redazione o variante generale di uno strumento urbanistico comunale (Piano Regolatore).
Allo scopo si fa riferimento a spazi pubblici, quali vie, piazze, vicoli e le relative prospettive, dove prevale una sostanziale coerenza coi vincoli “tipici e paesaggistici”.
A quanto pare il Codice dei Beni Culturali D. Lgs. 42/2004 ha rinvigorito la valenza culturale di questi spazi pubblici, e lo ha fatto, ai sensi del comma 1 e del comma 4, lettera g), dell’articolo 10 del Codice stesso.
Stiamo parlando della parte II del Codice, cioè quella impropriamente detta per gli immobili vincolati “alle Belle Arti”. Più correttamente si deve dire dei beni culturali, da tenere distinta dalla parte III dei vincoli paesaggistici.
Rinvio ad apposito approfondimento e consigli trattandosi di aree ad alto valore e pregio storico identitario, di bellezza e architettura irripetibile, diviene necessario verificare la presenza di vincoli di ogni tipo, su immobili situati in centro storico e assimilati da normative regionali o strumenti urbanistici comunali che ne tutelino anche il valore ambientale.
P.S. Ascoltate e se avete saggezza residua traducete, capirete il senso delle cose:
https://www.youtube.com/watch?v=kmggw1sM9rY
https://www.youtube.com/watch?v=dcjec7WZ41s