NAPOLI (di Atanasio Pizzi Basile) – È facile immaginare una scena pittorica realizzata, tra due episodi emblematici della vita di “Terra”, secondo la volontà del tempo breve (dove raffigurare la nascita ad Est, e il Termine a Ovest); concretizzando così, il tutto, in tre momenti distinti: Z., la Ricerca dell’inesistente; Tebe, la città di Edipo ed Agnoia, la capacità di trascurare il sapere.
Zètema è per Socrate, Zëtònàtë per la R.s.d.A. sono la ricerca certa e rigorosa di ogni nozione, di ogni valore utile a delineare la storia vera e, noi potemmo aggiungere, privata di ogni sorta di gàllinarë.
Il tema che ogni proclama deve seguire non può esclusivamente mirare a diventare leggenda o filosofia di mito, ostinandosi a innalzare cose che non fanno altro che arricchire di contenuti i disastrosi percorsi dell’ignoranza.
Quando si affronta un tema per rilevare ed esporre i trascorsi della storia, non si tratta di illustrare o comporre la più suggestiva, conveniente o illusoria leggenda, oltremodo orfana dei minimali principi di confronto, altrimenti si termina con l’alimentare il braciere dell’ignoranza, col la polvere degli errori rubata per innalzare glorie occulte.
Non si opera producendo o disegnando tragedie inventate da altri paralleli o meridiani e, siccome sono del passato dovrebbero essere vere, una favola una leggenda rimane sempre tale, pur se è stata garantita da Z.
Per questo, ad oggi urge spiegare e raffigurare, avvenimenti, luoghi e stipule di archivio, in tutto, una tessitura attenta, confrontata con le cose esistenti, questo e solo questo è il modo per fermare il mitizzare o auto eleggere, sé stessi, per il riconoscimento, con variegati colori della palese non conoscenza.
Questi accenni di cromatica apparizione, della moderna storiografia, sono l’introduzione per risvegliare l’interesse verso, un’emergenza a dir poco epocale, alla quale, per certi versi, non hanno voluto rispondere eccellenze senza eguali, e chi legge e compone le cose della storia, si deve rendere conto che il momento che viviamo ha bisogno, di gruppi di lavoro in molteplici discipline e, non di semplici giullari di corte, sempre meno formati dei cortigiani e falsi regnanti.
Andare alla ricerca di Z. con le inquietudini di Edipo in compagnia di Agnoia, al giorno d’oggi e molto semplice, giacché non tutti studiano leggendo le cose del Baffi, con l’educazione profusa da Teresa Caldora, come ebbe fortuna di avere il figlio Miche.
Essere un esperto in diplomatiche non è certo mestiere che possono fare i comuni giullari/e, in altre parole, tutti quelli/e, allungano la coda in archivio e nel contempo allungare le orecchie, per capire lo strombazzare dei Doria con le navi per il macero.
Non sono più concepibili esposizioni a dir poco inesistenti di fatti uomini cose e luoghi privi di alcuna struttura di ricerca comparata, il cui fine termina sempre con lo svolgersi di fatti e cose banali, se non addirittura inesistenti o attribuite ad altri faccendieri dell’epoca.
Ripetere due giorni di letture e componimenti dell’ultima ora e, quindi senza radice, serve solo ad incantare i comuni viandanti; certamente, non quanti hanno nel cuore, nella mente la storia e, non abbisognano di leggere le cose, perché gli esperti leggono a casa per poi esporre in pubblica conferenza.
Oggi non servono gli scolaretti furbi, i quali non avendo studiato a casa, interrogati alla lavagna, lasciavano il libro aperto, al primo banco per truffare il professore.
Certamente sono bugiardi con se stessi e con il sistema sociale denominato sapere per questo ancora oggi per ricordarsi le menzogne devono scriverle, giacché, figure storiche di poca memoria.
I bugiardi nella storia si dice che siano tutti cresciuti nei pressi dei reflui che dal Trapeso, ai torrenti producevano maleodoranti vitamine per la mente e quanti li respiravano in adolescenza, non certo incameravano lucidi sostanze per la mente.
Solo quanti hanno avuto la fortuna di sviluppare il proprio acume, seguite da madri e nonne speciali, note come Basile Caruso, Guido e Miracco hanno ereditato i principi della decenza, garbo, solennità e del fuoco, perché la formazione della saggezza viene trasmessa con somma di completa grazia, solo da regine, del costume, del conversare, del fuoco e della casa.
Solo chi è stato allevato con questi protocolli, oggi prova dolore immenso nel vedere o sentire compromesso senza misura i quattro principi cardinali del nostro essere minoranza, ovvero, Idioma, Consuetudine, Canto, Costume e Religione.
Vedere spezzettate queste storiche radici, ritenendole al pari della “nduglja insaccata a gennaio “e, ricevere sin anche l’avvallo delle istituzioni di ogni ordine e grado, è il termine della disciplinare Zetema, dove ad essere protagonista di ogni cosa non è la storia.
Le competenze di ricerca non sono delle istituzioni che hanno solo il compito di formare, un po’ come facevano le quattro nonne; la mono disciplina, fa solo danno e se un dipartimento si illude perché ha avuto esperienze, in discipline specifiche mente e fa danno.
Vero è che riferire di storia, architettura, ambiente e ogni sorta disciplinare non presente nei risicati piani di studio perseguiti, senza riferimento a cose materiali ed immateriali di una ben definita macroarea, è solo auto eleggere i portatori di code e origliatomi delle navi al macero.
E terminato il tempo di appellare le cose o i gruppi di generi secondo termini di “IA” perché chi studia e conosce i processi sociali, sa bene che il temine non ha radice di nobili principi anzi è tutto il contrario di buone cose e nobili principi.
Ormai si va avanti con l’esempio di bambini e dei peggiori che vogliono dare lezioni si ambiente costumi e progetti pei i domani e nel contempo all’uomo accadono le cose più penose che l’uomo comune avrebbe ma immaginato accadessero.
Irriverenze di una tale leggerezza che un tempo si prospettavano per spaventare le nuove generazioni o spaventare le più adulte, oggi si organizzano con una tale incoscienza, che non ha precedenti, come rievocazioni delle peggiori giornate della nostra storia accompagnati da incoscienti suonatori; santi protettori presentati con effigi a dir poco blasfeme, imponendo alla mano benedetta, di dover apparire come quella dei mammasantissima o appiattire il confine tra cosa pubblica e credenza religiosa.
Non è concepibile che sia rimasta la natura l’unica capace di redimere e far riflettere gli omini del continuo poltrire, sicuri che poi gli astanti un giorno possano essere premiati.
Oggi si vorrebbe tutto elettrificato dalla luce del sole, e vagare con e pile cinesi, senza guardare che chi viaggia per cielo, ogni volo di passaggio, inquina più di mille auto che fanno traffico nelle nostre città.
Alle cose della natura che dovrebbero rendere migliore la vita degli uomini, mancano solo picconi, pale, carriole e zappe; ora mi chiedo, invece di fare e raccontare le inesattezze della storia che è cosa raffinata e complicata che altri compilano da decenni.
I tanti addetti, perché non tornano alle cose del passato e, senza migrare come fecero i genitori, i quali vergognosi di fare i contadini a casa propria lo andavano a fare nelle terre di confine.
Oggi nella nostra regione serve rendere l’agro migliore, sotto l’aspetto produttivo dei cunei agrari, senza bisogno di risalire al tempo del Monte del Grano, o magari fare solo attività utili dell’equilibrio idro geologico, senza appesantire cementificando anfratti, che ormai sono pronti per la tragedia.
I bambini devono andare a scuola e studiare, i genitori produrre e confrontarsi tra loro per valorizzare al meglio tutte le consuetudini in eredità in fraterna continuità con l’ambiente naturale buono; i preti benedire e infiorare le chiese, le mamme crescere ed educare i figli, almeno, presentarli con decenza di colori e significati beneauguranti per l’onore della casa, senza esporre i minori, per una irragionevole grazia, con l’incompreso collare di una scellerata attesa materna.
Gli istituti e le istituzioni preposte alla salvaguardia della regione storica, notoriamente, incantate e distratte verso la conoscenza, utile o meglio indispensabile, per la valorizzare e promuovere la storia le cose e gli uomini, in tutto, le eccellenze locali, “maliziosamente”, hanno taciuto o per così dire, con il braccino della mente molto corta o incolta, danno valore con mendaci ed ingrate osservazioni di alcuni stranieri che, non potendo fuggire dalle nebbie, le miserie, e le turbolenze delle loro contrade, non hanno potuto altrove trovare agio, sanità e quiete, sotto questo cielo Arbër, proposto con la protezione delle nostre maliziose regole, nate per valorizzare le cose migliori che avrebbero dovuto onorarci con tutta l’umanità.
Purtroppo così non avviene, perché siccome i preposti, furono scelti tutti di piccola statura, una volta saliti in cattedra hanno scambiato il ruolo, immaginandolo campanile.