NAPOLI (di Atanasio Basile Pizzi) – I fenomeni di persecuzione indirizzati verso ambiti, gruppi, minoranze religiose e culturali sono opportunamente arginati, con idonei strumenti, contenuti nel diritto internazionale; a garanzia di ogni forma con caratteristiche storiche minoritarie.
Quando si parla di tutela o valore dei centri minori di origine Arbëreshë, si entra a pieno titolo nel tema citato, rivolto al senso conservato nel perimetro del centro antico minore; sono proprio questi ad attende le necessarie misure, atte a contenere la marea di liberi operanti culturali, armati di mantici inenarrabili.
Notoriamente le minoranze storiche siano citate nell’articolo, sei, della Costituzione Italiana il cui enunciato precisa che: La Repubblica tutela con corrette norme le minoranze linguistiche. … Questo sintetico articolo s’ispira a un efficace principio di rispetto della lingua parlata da una comunità e precisa senza ombra di dubbi alcuno la presenza in Italia di minoranze linguistiche, ossia gruppi che non parlano l’italiano come prima lingua.
Il prodotto legislativo del 1999 n° 482, avrebbe dovuto consentire di adottare misure sostenibili rivolti ad ambiti, gruppi, minoranze religiose e culturali, attraverso il diritto internazionale, secondo cui ogni insieme riconosciuto quale forma storico minoritaria, poteva attingere risorse per sostenere la propria forza minore.
A ben vedere, visti i risultati cui si è approdati dopo oltre un ventennio di applicazione della legge 482/99 è opportuno rivedere l’insieme del dispositivo aggiungendo e rifinendo comma, al fine di aprire nuove prospettive di tutela attingendo nelle pieghe degli articoli 3 e 9 della Costituzione Italiana.
L’articolo tre della Costituzione esorta non solo di attivarsi per l’uguaglianza dei cittadini, ma come riferito nella seconda parte, della legge, sottolinea: il compito della Repubblica a Rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Chiara espressione non è adottata all’interno di alcune minoranze storiche, che nonostante allarghino la propria deriva culturale, nulla viene fatto per rimuovere o correggere le attività poste in essere, a scapito di quanti si adoperano per arginare lo stato delle cose .
Se a questo suggerimento costituzionale, non contemplato nei comma della 482 del 99, aggiungiamo cosa propone l’articolo nove della costituzione italiana, nel suo enunciato introduttivo si allargano enormemente le misure dell’orizzonte,in contenuti ambientali e di cose, come qui di seguito enunciato: La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica, tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.
Le direttive nascono e sono state specificate, nella legge n. 352, del 1997; avente come oggetto la promozione e il sostegno di progetti finalizzati al restauro e alla valorizzazione dei beni culturali.
Il decreto lgs. n. 42/2004, in fine definisce senza ombra di dubbio alcuno, il codice per i Beni Culturali e Paesaggistici e per la prima volta si giunge a dare una definizione di bene culturale, infatti, l’articolo 2, sancisce che: Il patrimonio culturale è costituito dai “beni culturali e dai beni paesaggistici”.
- Sono beni culturali “le cose” immobili e mobili che, ai sensi degli articoli 10 e 11, il cui interesse è rivolto ai valori artistici, storici, archeologici, etnoantropologico, archivistici e bibliografici e le altre cose individuate dalla legge o in base a questa, come testimonianze aventi valore di civiltà.
- Sono beni paesaggistici gli immobili e le aree indicati all’articolo 134, espressione dei valori storici, culturali, naturali, morfologici ed estetici del territorio, e gli altri beni individuati dalla legge.
- I beni del patrimonio culturale di appartenenza pubblica sono destinati alla fruizione, della collettività, compatibilmente con le esigenze di uso istituzionale e sempre che non vi ostino ragioni di tutela.
Va rilevato che le misure non identificano beni specifici, ne fanno una graduatoria del bene, giacché, oltre al paesaggio, la tutela mira ai beni individuati come “cose materiali ed immateriali”, lasciando agli esperti il valore decisionale; sulla base di questa breve introduzione nascono spontanei i seguenti interrogativi:
- Perche nel 2004 in piena espunzione delle attività di tutela della minoranza non è stata posta la giusta attenzione e rendere la 482/99 più incline alle esigenze che erano poste in essere con le tante attività il cui risultato lasciavano il tempo che trovavano, senza migliorare nulla della regione storica?
- Perché si e terminati, nel ritenere che solo l’aspetto idiomatico, andava preservato, immaginando la minoranza storica un fenomeno di voci altre sfuggito alla terra di origine e per questo andava riportato nell’ovile Albanese?
- Quale attenzione è stata rivolta alle attività d’innalzamento dei centri antichi tipizzando il modello o meglio la cellula abitativa di base estrattiva e in evoluzione additiva?
- Come si sono svolte le ricerche per la definizione della Gijtona che è finita per essere identificata come esempio copiato dal compagno di banco indigeno?
- Quale attenzione è stata rivolta ai percorsi bizantini,nel meridione Italiano, poi diventati dal XV secolo la stella cometa, per mantenere la rotta nel percorso di insediamento?
- Quale valore si è dato alle eccellenze in campo sociale, culturale, della scienza esatta o come liberi pensatori di un mondo nuovo che ancora attende il suo momento di attuazione?
Questi accenni e molti altri ancora sono le domande cui gli stati generali, non hanno saputo rispodere, ne hanno definito forme preliminari di progetti multidisciplinari.
Tutte le mancanze sono poi emerse, quando la pandemia, ha imposto conferenze non in presenza e tutta l’inesattezza delle cose è venuta a galla con tutti gli abbarbicamenti connessi.
Una e non certo è la meno importante è la definizione dell’insieme minoritario, ritenuto a torto, “eccellenza di nomadismo perenne”, nonostante sia estrapolato diffusamente nelle capitolazioni, con le case di pietra e arena, segno evidente di popolazioni stanziali.
La minoranza non è fatta di episodi d’incontro, tra due o più persone operose ad accendere un fuoco per iniziano a parlare in voce altra, poi magari se piove vanno via a e lasciano i carboni ad ardere e bruciano l’ambiente circostante.
La minoranza storica contiene un patrimonio identitari fatto di cose materiali e immateriali, essa si ferma per costruire e solo dopo accende il fuoco della casa, identificata come la prima cosa da proteggere e mai lasciata al suo destino, perché culla di un mondo antico.
La minoranza storica non inquina, lasciando imprudentemente fuochi accesi per discutere di cose futili, essa rispetta la natura con cui dialoga, al fine di garantirsi le risorse e la continuità storica di un identificato luogo parallelo alla terra di provenienza; tutto questo non si può sintetizzare nel tempo che bruciano sarmenti o si fa un discorso inutile, fatto in voce altra; in altre parole la minoranza stoica non è un fuoco di paglia acceso da comuni viandanti.
Come si possa parlare di minoranza, senza avere consapevolezza del labirinto costruito, denominato sheshi, “il rione” sovrapposizione di tempo e ingegno; cose prodotte dalla minoranza, per segnare indelebilmente la presenza, nella più stretta collaborazione con la natura; l’ambiente parallelo individuato oltre il fiume Adriatico accanto ai segni bizantini.
Per terminare si vuole rilevare che l’appellativo “Regione storica diffusa Arbëreshë; il modello più longevo di integrazione mediterranea”, ha ricevuto i complimenti Presidenziali, a cui si è aggiunto l’intero gruppo della sua segreteria, nel novembre del 2018.