NAPOLI (di Atanasio Pizzi Architetto Basile) -Erano gli anni sessanta del secolo scorso, quando giunto a casa dopo la scuola, notai sulla mensola che sovrastava il camino, un lume artigianale fatto interamente di cose di casa, realizzato da mia madre.
Non avevo spunto per comprendere a cosa servisse, oltre tutto di giorno e le chiesi a cosa servisse; lei mi fece sedere vicino al camino e continuando ad avvolgeva con sapiente manualità i nuovi stoppini, (Fitilljat) roteandoli con la mano, su una superficie piana, tramando una vecchia credenza consuetudinaria arbëreshë, su quale valore avesse, quella luce e cosa più importante a chi sarebbe stata il faro di riferimento.
Una ciotola di terracotta, riempita per metà di acqua e poi colmata sino a tre quarti di olio, per innalzare la posizione della fiammella, in conformità dell’antica economia della fonte energetica naturale; immerso lo stoppino (Fitilj) questi galleggiava nel filo superiore del prezioso liquido, grazie ad un rifinito apparato in sughero, il tutto veniva realizzato per guidare i cari estinti a ritrovare i luoghi della trascorsa vita terrena.
Da quell’anno che notai il piccolo manufatto, la vidi ripetere quei gesti identici, anno dopo anno e alcune volte gli chiedevo se non sarebbe stato meglio comprare il manufatto, con uno più moderno e lei mi ripeteva che la tradizione era quella e lei non aveva alcuna intenzione di cambiarla per una modernità che non contemplava la consuetudine di quei gesti.
La fioca luce svettava giorno e notte senza soluzione di continuità e lei con pazienza aggiungeva, l’olio quando il livello era prossimo alla linea d’acqua, calibrando con sapiente manualità lo stoppino (fitillj).
La luce rappresenta la guida per i defunti che attendono la ricorrenza per recarsi nei luoghi a loro più cari e condividere una notte; tutti più vicini, un rito che per gli arbëreshë serve per tenere vivo il legame con le persone care che non avremmo mai voluto che ci lasciassero.
Un modo di avvertire quanti non appartengono più al mondo dei vivi, con i quali condividere la tavola che si lascia imbandita durante tutta la settimana e poi chiudere questo ideale rapporto, di cose terrene con mursjelin sulle tombe dei defunti, il giorno del loro ricordo.
La manualità di realizzare un manufatto come tradizione ereditata da mia madre, non sono in grado di ripeterla, ma la tradizione la mantengo viva realizzando il manufatto, con la metà di una buccia di arancia, riempita d’olio, cosi come con poche cose di casa anche il supporto della fiammella; un modo casalingo di mantenere la tradizione, forse non è proprio in linea con l’antica consuetudine messa in atto dalla mia genitrice, rimane il fatto che, il modo di avvicinare i defunti rimane inalterato.
Una fiammella rimane tremolante, forse perché accarezzata dell’aria quando sto li accanto ad osservarla, o forse sono aliti prodotti delle persone care che sono sempre presenti, nel nostro instancabile cuore.