NAPOLI (di Atanasio Pizzi) – Lunedì ventidue Gennaio del millenovecento dodici, in via Ascensione 24, nasceva Janari i Passionatit, mio padre.
La sua famiglia di umili origini, seppe educarlo secondo nobili principi e lui, facendo tesoro di quelle basi, seppe emergere prima come pastore e poi con il solo bagaglio di arte e manualità, ereditata da suo padre, riusciti a dare valore alla sua vita in modo egregio e dignitoso.
Il matrimonio con la sua amata Lina, mia madre, la fedele compagna con la quale ha condiviso tante gioie e difficoltà.
Come le vicissitudini della guerra, che li aveva divisi, sino a quel rocambolesco ritorno a piedi, da Riva di Trento sino in paese, che come un segno del destino termino’ il 2 maggio a ostilità concluse, presentandosi davanti al sagrato della chiesa mentre il santo era portato in processione.
L’episodio segnò la vera ascesa per assumere la meritata posizione sociale, per la quale alcune persone si posero sempre come ostacolo, perché non facile figura da emulare, specie per il fatto, di voler consolidare un gruppo familiare che nell’ambiente del piccolo centro, si distingueva per; rigore, onestà e validissima operosità.
Niente e nessuno ha mai potuto disgregare il modello di famiglia realizzata, pur se i tentativi a tal proposito non furono né pochi e né flebili.
Donasti ad ognuno dei tuoi figli, il meglio di te, arte, operosità, parsimonia e caparbietà, ma per colpa della salute, che è venuta meno troppo presto, non hai avuto l’opportunità di trasferire compiutamente i valori in alcuni di essi, per questo motivo l’operosità divenne indifferenza e la parsimonia avarizia.
Oggi festeggi i tuoi primi cento anni e con rammarico ti voglio comunicare che le cose non sono andate come noi tutti ci saremmo aspettati.
La caparbietà è stata usata come scudo al fine di perpetrare slealtà, ed è stato così che l’avarizia ha disseminato e distrutto irreparabilmente tutto quel patrimonio di valori materiali e morali che avevi costruito, con sacrificio e onestà assieme a nostra madre.
Allo stato devi sapere che l’arte è morta, l’indifferenza, l’avarizia e la caparbietà, per un perverso e perpetrato gioco dell’avarizia, hanno smarrito ogni riferimento di quell’antico e ideale nucleo familiare che avevi realizzato.
Non tutto però è perduto, perché Io, “la caparbietà”, sono qui a festeggiare i tuoi primi cento anni; Auguri “Saggio Padre”, Cento e undici anni sono trascorsi e nonostante tutto: “stiamo tutti bene”.