NAPOLI (di Atanasio Pizzi Architetto Basile) – Quando le scelte di convivenza comune, non hanno forza e radici per segnare lo svolgersi della vita, in armonia con i tempi del vivere civile, questi, sono contraddistinti con appellativo di Gjitonë irrequieto.
Il senso di questo sostantivo in lingua Arbëreşë noto per la crusca letterale in: Sbèndë, se poi a fare il disturbatore di riverberi continuati e progressivi, nella quiete e i tempi del vivere civile che alimentano studio, sapienza e buon gusto, si antepone l’appellativo Yllj, ovvero Stella.
L’insieme così viene composto in “Stella inquieta”, (ylljsbendë), in tutto, discolo senza educazione, rispetto e regole, verso il prossimo, i saggi, e quanti si prodigano per lo studio al fine di tracciare storia vera.
A ben vedere e dopo aver ascoltato in diversi appuntamenti in presenza e documenti le esternazioni che da diversi decenni sono poste in essere dal dilagare di queste “Stelle inquiete”, (ylljsbendë), le stesse che, invece di fermarli, trovano agio, dalle istituzioni che godono con il moltiplicarsi di questi inopportune stelle disturbatrici.
Allo stato delle cose si può rilevare ch,e un numero consistente di progetti utili solo a deturpare i centri antichi, sono divenuti la deriva più crescente, dopo quella degli anni settanta che sostituiva orizzontamenti varchi, porte e finestre, nella totale assenza delle istituzioni o dipartimenti preposti, i quali, invece di correre ai ripari, voltavano le spalle al violare questi luoghi e addirittura elogiando gli operatori, che in qualche caso di incoscienza estrema rimasero sepolti.
Ormai la dispersione culturale ha raggiunto e superato ogni limite di decenza, in tutto vengono citati e ricordati, fatti secondari e sin anche i protagonisti primi, sono preferiti ai comuni viandanti, che per la loro natura lasciva si facevano trascinare dalle correnti in atto, nei frangenti storici più significativi, per la tutela e la salvaguardia della memoria locale.
Esistono momenti storici, che superano lo scorrere modesto di un Katundë Arbëreşë, sono questi intervalli fortemente pregnanti, che vanno ricordati come memoria storica e, assieme ad assi le figure che li determinano, li alimentano con ragione, sentimenti e garbo.
Si potrebbero citare tanti episodi, relativi alla continuità storica di radice locale, del centro antico denominato “Terre di Sofia” e, sicuramente non mancheranno episodi, in continua produzione di buoni propositi con senso di radice locale.
Qui saranno rievocati luoghi fatti e figure locali, che hanno dato avvio alla Primavera Italo Albanese, nota come ottava di Sant’Atanasio, il gruppo in vestizione da sposa e da festa, e la nascita delle sonorità Belliniane che dalle processioni di “Terre” le stesse che sono diventate melodie diffuse in tutto il meridione italiano.
Progetti immaginati e posti in essere dall’operato del trittico culturale locale, noto con l’acronimo di: T.A.G., storiche figure che dagli anni cinquanta del secolo scorso, alimentarono o meglio fornirono i mezzi necessarie e complessi per valorizzare e sostenere lo scorrere del tempo in continuità di ragione, con consuetudini e atti di ragione sociale insostituibili.
Tuttavia, siamo in pochi a ricordare, come si svolsero i fatti che portarono il piccolo Katundë a non perdere i valori della retta a impronta di storica rievocazione, con rispetto dei nostri avi.
Come possiamo no ricordare Temisto, Angelo e Giovanni, i costituenti che trasformarono, tre suonatori storici, in trentatré maestri di melodie irripetibili, senza dimenticare, il dato che, ispirati dalle melodie canore, di Adelina, Ginevra e Maria, affiancate dalle storiche assonanze di genere maschili di Celestino, Orlando e Antonio, realizzarono con senso genio locale, il primo gruppo folcloristico in Terre di Sofia, del quale nessuno riconosce, luoghi cose e nascita.
Non da meno sempre gli stessi T.A.G. in collaborazione con il Fondo Ambiente Italia, inghisarono le reali radici delle Valljie, riportate nei discorsi storici di Pasquale Baffi, nella famosa ottava di Sant’Atanasio, notoriamente diffusa come “Verà Arbëreşë”.
Sono numerose le cose e le figure che hanno reso il piccolo centro Arbëreşë, famoso in tutte le macroaree di simili radici, tuttavia gli eletti locali di turno da troppo tempo ignorano questi fatti e tutte le cose prodotte nella più solida continuità storica locale, preferendo fatti secondari che non portano o forniscono alcun episodio della forte identità locale che da tropo tempo viene lasciata poltrire nell’ombra anche se degli antichi gelsi, ormai non restano che pochi rami cadenti che non fanno più ombra, alle figure moderne locali che sono Nemo Propheta in Patria.
Quando queste “Stelle inquiete”, la smetteranno di fare danno e spariranno dalla portata della vista, la voce, gli odori e daranno spazio ai prediletti Nemo Propheta in Patria, che finalmente siederanno dove gli compete e, potranno diffonderanno la più idonea crusca Arbëreşë, che ormai è indispensabile al nuovo tempo che scorre e non si è mai fermato con l’essenza storica del genio locale, quello buono naturalmente.