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QUANDO L' ÓMAGGIO DEI SOFIOTI AL SANTO ERA SENTITO (2 Maggio1958)

QUANDO L’ ÓMAGGIO DEI SOFIOTI AL SANTO ERA SENTITO (2 Maggio1958)

Posted on 07 marzo 2020 by admin

ALTRI TEMPI ( A. Bugliari) – Il “calendimaggio” sotto i pagani, si concludeva con le feste di primavera: oggi, in alcuni paesi delle colonie Italo-Albanese, a causa della trasformazione, attraverso i tempi, nel rito cristiano, si ripetono quindici giorni do­po l’Ascensione con Wlamia e Moterna {fratellanza e so­rellanza).

A Frascineto, dette feste si celebrano i primi tre giorni di Pasqua; a Civita si celebrano i primi tre giorni di maggio.

A Santa Sofia questa festa cristianizzate, diedero ad un atto di culto di venerazione  per il proprio protettore S. Atanasio il Grande il famoso Patriarca di Ales­sandria, tanto veneralo in Occidente ed in Oriente.

E non è privo di significato il fatto che la processione, seguendo una tradizione antichissima, reca il Santo nel sacello eretto a Sua devozione in una tontai­na zona di campagna, sul colle ameno di “Monogò”.

Anche quest’anno è tornata la primavera: all’alba del 23 aprile, annunziata dal suono festante dei sacri bronzi, dallo sparo dei forti petardi, il popolo reverente è accorso netta Chiesa Matrice, dando così inizio ai festeggiamenti preannunziati col manifesto che si riporta in altra parte di questa pubblicazione.

Durante tutto il novenario la statua del Glorioso Santo Atanasio, si è vista rifulgere di vivida luce, e nel giorno della festa il 2 maggio, è passata nella Campagna in fiore – in un’aureola d’incomparabile bellezza, in un’apoteosi di fede e d’amore – accompagnata da una fiumana di popolo, giunto anche da lontano, fra inni osannanti, preghiere, suoni festosi.

E’ il rito che si ripete, è la gloria immortale di S. Ata­nasio che si rinnova più radiosa e che valicando i confini di madre natura, si diffonde nell’armonia dei cieli e si perpetua fra il suo popolo nel massimo splendore.

E’ il Nome che si tramanda da generazione in generazione, per giungere lassù fini a Lui nella luce dei cieli.

Dopo la celebrazione della messa in rito greco – bizantino, il lungo corteo si è snodata dalla chiesa Matrice verso il colle dove sorge il suo cello, attraverso l’ubertosa campagna; eccezionale spettacolo che può eternare solo il pennello di un gran pittore.

Rifulgevano le donne albanesi dai caratteristici costumi; meravigliosa policomia di colori dei mosaici di stile bizantino, di seta e raso prezioso che QUESTE DAME DEL LAVORO E DELLA FEDE, partano con superba maestà, con gelosia tradizionale, segni di una storia di una millenaria civiltà.

E’ un quadro palpitante di devozione, d’implorazione, di benedizioni e di promesse.

E’ l’incontro di un popolo. con la natura e la divinità; è un abbraccio di virtù, di sacrifici, di penitenza, che vi­vifica la figura del Santo – maestosa ed imponente – che ci fa più degni e più or­gogliosi di appartenere alla Chiesa di Cristo.

Al passaggio del corteo, gli atti di fede si ripetono, l’of­ferta cospicua a modesta, non importa, si moltiplica: è un amplesso di dedizione e d’amore, lo dicono i visi di ognuno, di tutti, commos­si fine alle lagrime, mentre i petardi vanno lassù fino in cielo ed un tradizionale pallone di carta affidato all’atmosfera porta fino agli An­geli, ai Cherubini, ai Serafini, la voce del popolo fedele che canta gl’inni al suo San­to Protettore.

Quando di ritorno entra nella Chiesa Matrice, un grido un grido solo sempre dal cuore di tutti e valle in valle e giunge lassù nell’arcana armonie e nella gloria divina dei cieli: Sant’Atanasio.

E’ un incantesimo che tra­sforma l’umano tormento in gaudio ineffabile !

L’ultimo raggio di sole di questa splendida giornata di maggio, in una visione di divino splendore s’irradia sulle creature e sul Creato: la festa è finita; è per tutti una gioia ampia, mista di beata malinconia che s’avverte di più sentendo dindondare i sacri bronzi dalla tor­re campanaria; suoni che vuotano l’anima dal quotidiano cuore, colmandola di melodia connessa all’eternità.

Il santo dal suo trono benedice gli astanti, i lontani, i fratelli all’estero, promettendo grazie e benedizioni: noi genuflessi preghiamo, promettendo di onorare sempre più degnamente il nostro protettore.

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CULTURA E TUTELA DELLA STORIA O COPERTURA ECONOMICA PER LA POLITICA?

CULTURA E TUTELA DELLA STORIA O COPERTURA ECONOMICA PER LA POLITICA?

Posted on 02 marzo 2020 by admin

Asino e CapraNAPOLI (di Atanasio Arch. Pizzi) – Sono continuamente allestite manifestazioni, piattaforme culturali, in cui si vorrebbero valorizzare aspetti e momenti della storia, ciò nonostante, per la scarsa formazione dei rilevatori/relatori, non si lascia mai solco in grado di durare oltre il tempo dell’evento.

Trovare i precursori di questa inesorabile e palese deriva, bisogna cercare nelle pieghe, anomale, della formazione di quanti avrebbero dovuto fungere da pietre miliare e segnare cosa sia libero da interpretazioni e cosa seguire rigidi protocolli.

Queste labili figure essendo state allestite non per meriti, ma per titoli fuori dal seminato, preferirono acque torbide della“acultura”  naviganti di notti perenni.

L’unica ragione plausibile è questa, specie dopo i fari accesi da esperti e formati ricercatori, i quali consapevolmente attenti alle ilarità diffuse in temi e in risultati di una politica senza cultura, segnala continuamente figuranti economici, il cui compito non segue i sentieri del sacrificio culturale, preferendo accumulare consensi elettorali per la gestione politica del territorio.

Chiaramente questa è un’ipotesi che non ha alcuna fondatezza, in quanto, sono sensazioni che emergono sulla base degli elementi di osservazione, di un sintetico dipinto, che non lascia presagire cose buone.

In genere quanti si fingono in difesa o per la giusta diffusione della cultura, non sono storici di raffinata completezza, ma “suonatori senza scrupoli”, il cui fine mira ad impossessarsi di frammenti acquisiti dalle altrui menti, per poi usarli senza ne rispetto e ne garbo, certi che i fruitori dell’evento che vanno a produrre è campo di semina di addetti di una simile deriva culturale.

Fissare le tappe storiche della minoranza e contestualizzarle in presidi territoriali ben identificati, non è un compito facile o alla portata di ogni addetto, in quanto, la lettura di particolarissimi episodi, può essere eseguita solo da quanti hanno nel loro bagaglio culturali, l’intangibile linguistico, tramandato senza segni e ne tomi e quindi nella sola forma orale.

Questo è il motivo che spiega i tanti episodi storici disconnessi, presentati come caratteristica della minoranza storica e sono il frutto acerbo di una non cultura irresponsabile, di quanti si elevano a guida senza averne alcuna formazione.

Gli stessi a preferire al libero arbitrio, pur di non assumere alcuna responsabilità storica, l’unica in grado di impedire il proliferare di anomale e mortificanti figure.

Questo ha consentito alla massa di “acultura” di vagare all’interno della regione storica e seminare “alloctonie”  prive di senso, costringendo l’intero indotto ad abbarbicarsi a Valjie e Gjitonie copiate da temi di ballo e di vicinato, in tutto rendere la regione storica così banale da non essere considerata da nessuno dei canali turistici.

Quanti studiano e impegnano, per la definizione della storia, documenti, risorse e tempo, non possono e non devono essere scambiati come semplici volontari, obbligati ad offrire,  gratuitamente le proprie opere inedite e per questo preziose, a inconsapevoli praticanti.

I quali non hanno la misura di cosa rappresenti la ricerca, l’unica risorsa in grado di contestualizzare, regione storca e la capitale del regno; a tal proposito è bene precisare, che quanti lo pensassero, abbiano almeno l’intuito di scuotersi dal torpore e prendano consapevolezza, che, il lavoro va pagato, se poi è anche esclusivo, va pagato, almeno il doppio anzi direi ancor di più.

Come si può pretendere di fare una mostra, un volumetto esplicativo, contestualizzarli in una ben identificata area metropolitana, secondo il volere di inconsapevoli  ed inadatti attivisti senza titolo, speranzosi che gli vengano affidati o consegnando scritti inediti e di inestimabile valore, ad uso/consumo di operatori, privi dei minimali requisiti di comprensione o competenza?

Se esistono persone che credono che per un momento di gloria, ogni cosa vada posto nelle disposizioni di quanti sono abituati a fare il mestiere di antiquari, per i politici locali, “hanno confuso il requisiti della buona educazione”, quella che sta alla base  del comportamento di chi fa lo storico, “con altra cosa”.

Questo non è dignitoso, non è giusto, non lascia un buon ricordo, di quanti si presentano come tutori di “beni culturali” e poi si rivelano “usurpatori di beni altrui”.

L’opera di quanti si occupano di storia e offrono solide risposte di luogo, di tempo e di uomini, va incentivano, non obbligato a produrre cento pagine di storia inedita, con immagini e documenti per lasciarli nelle disponibilità di quanti confondono sin anche: Bernardino di Salerno, con Bernardino di Bisignano; in fondo nulla di male si compie scrivendo ciò, solo un salto generazionale di tre secoli e per chiudere il cerchio siamo tornati all’inizio di questo breve.

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