NAPOLI (di Atanasio Pizzi) – La moderna arberia ha una storia antica paragonabile a quella delle strade romane, comparando le consuetudini dagli antichi Arbëri con quelle strutture viarie dell’impero; si colgono similitudini tra la strada e il senso della consuetudine linguistica arbëreshë.
L’intangibile del significato viario dei romani e il messaggio sociale degli albanofoni è identico, giacché entrambi sono modelli che ad oggi sono attualissimi; la consuetudine arbëreshë, come una strada romana modellata da capaci esperti, in grado di intuire come quel territorio poteva accogliere un arteria; ponti, viadotti, gallerie sono il risultato per superare gli ostacoli che la natura contrapponeva alla linearità del cammino.
Le pavimentazioni sono il supporto strutturale che scaturisce dall’analisi per comprendere la capacità portante del terreno, divenendo così la caratterizzazione specializzata dei materiali per lo specifico luogo attraversato.
La meraviglia delle strade romane (come dell’arberia) è legata alla longevità della loro funzione, essa non è solo materiale, in quanto, via di comunicazione, ma un modo per orientarsi quando si smarriva la retta via: per secoli, anche dopo la fine dell’impero, le strade (come la consuetudine e la lingua arbëreshë) ha continuato a svolgere il loro scopo e poi, anche quando s’immaginava che fossero dismesse hanno assunto la funzione di “rotta” continuando ad indicare il cammino per i viandanti.
Proprio l’etimologia testimonia la vicenda della strada; mentre la parola italiana “strada” deriva dall’espressione latina via silice, “strata”, cioè la “via” o la traccia dove passano le merci “ricoperta con la pietra” della quale rimane solo l’ultimo termine che è divenuto “street” in inglese e strasse in tedesco.
In seguito dopo le rotture e la dismissione conseguente a secoli di mancata manutenzione, la via è divenuta “rupta”, cioè rotta.
Tuttavia pellegrini e commercianti continuavano a “seguire la rotta” come si dice ancora in italiano in termini marinareschi e come si dice comunemente per le strade francesi e spagnole ed inglesi con i termini; “route”-“rue”, “ruta” “road”.
“La parola Strada, come Arberia, rappresentano l’unica cosa immaginata e posta in essere dall’uomo, che funziona sempre, anche se rotto o dismesso”, l’impossibilità del trasporto delle merci, giustificato dalle cattive costruzioni e manutenzioni, che ancora oggi si fanno, malgrado si siano raggiunti i criteri costruttivi, manutentivi e di gestione non tolgono il primato e renderle re e regina dell’intelligenza umana.
E cosi come la strada anche l’arberia per la solidità delle sue radici, anche oggi che appare devastata e manomessa, riesce sempre a indicare la rotta per raggiungere la meta; oggi, infatti, abbiamo un quadro devastato del suo aspetto materiale, tuttavia la sua manifestazione consuetudinaria, “la rotta” ovvero gli l’essenza della sua radice rimane viva e può essere docilmente ripristinata.
Noi che facciamo tanto e senza particolari scopi, come diffusamente è costumanza, dobbiamo solo seguire la vecchia rotta e cogliere il senso del messaggio indelebile di cui è intriso il territorio della Regione storica Arbëreshë.
La via è stata consumata giacché non è stata mai fatta un’adeguata manutenzione, anzi al contrario, perché chi ha avuto occasione, si è portato i pezzi del selciato a casa propria, tuttavia molti segmenti di sono rimasti intatti sul territorio e sono in capaci ancora oggi di fornirci la rotta di quel antico percorso cosi come era quando fu immaginato e costruito.
È obbligo per tutti quelli che sentono e vedono questa rotta come strumento indispensabile della propria identità, intraprendere questo percorso e fornire ogni risorsa e ogni energia per continuare a condividere un messaggio antico, fatto di promessa, fratellanza e consuetudine, che sono il riassunto noto a pochi eletti nel modello di Gjitonia.