Posted on 26 dicembre 2012 by admin
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Posted on 14 dicembre 2012 by admin
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Posted on 12 dicembre 2012 by admin
GINESTRA (di Lorenzo Zolfo) – Sabato 15 dicembre il piccolo centro del Vulture si trasformerà in un borgo arbereshe con l’arrivo ed il saluto dei Sindaci di alcuni Comuni Arbereshe (assicurata la presenza dei Sindaci di Maschito e Barile), l’esibizione del gruppo storico “Rethnes” di Maschito e l’apertura del “Borgo dei Sapori Arbereshe” con degustazione di alcuni prodotti tipici del posto. Questa iniziativa, patrocinata dalla Regione Basilicata e dal Gal Sviluppo Vulture Alto Bradano, ha lo scopo di mantenere viva la storia, la cultura e le tradizioni arbereshe. Dopo il saluto delle autorità, alle 17 nella sala consiliare del Comune in piazza Albania, alle ore 17,30, per le principali strade del paese, si esibirà in costume arbereshe la comunità arbereshe di Maschito con la “Retnes”, una rievocazione dell’origine di Maschito, fondato dai mercenari guidati dal Capitano Lazzaro Mathes. La Retnes, tra le manifestazioni maschitane(che si svolge ogni 6 agosto) è sicuramente la più antica ed interessante, risale certamente ai primi anni della nascita della cittadina (primavera del 1517) e commemorava la sua fondazione con una giostra di Stradioti.Alla luce di nuove ricerche storiche inedite singolari ed eroiche sul passato di questo centro arbereshe è stata organizzata, con minuziosità di particolari, sia nella realizzazione dei costumi, sia nelle armi tipiche nonché in tutti i dettagli di carattere storico, da alcuni anni, una rievocazione storica della Retnes. Particolare attenzione è stata posta per organizzare i figuranti in due schieramenti che rappresentano le due etnie principali che fondarono Maschito: i Greci-Coronei ( che si insediarono nella parte nord del paese)e gli Albanesi-Scuterini (occuparono la parte sud del paese), i primi “Majsor” e secondi “Cndrgnan”, da sempre rivali per diversi motivi fino agli anni ’70. La rievocazione della Retnes vuole essere un viaggio nella memoria per rinsaldare i vecchi legami con la storia e l’identità, un salto nel cinquecento tra colori,musiche,costumi, armi e cavalieri, per vivere l’emozione di essere trasportati nel passato. Il borgo dei sapori arbereshe realizzato dal Comune di Ginestra alcuni anni fa consiste di un museo all’interno del nucleo storico, costituito da una rete di locali che ospitano le diverse fasi della gastronomia locale e della trasformazione agroalimentare. Visitando la Cantina del Vino, la casa del grano, la bottega dei pastori (verrà preparato in seduta stante la ricotta ed il formaggio), la bottega dell’olio si potranno degustare alcuni prodotti della cucina arbereshe: Prscesc (minestra di verdure), P’Z’Fugliat (è un tipo di focaccia molto particolare e prelibato), Papdign Crc (i)-CRC (i) (peperoni cruschi),Cuddac (pane-biscotto),Mastazzul Cu u vin Cut e Casatedd (due dolci natalizi). Un appuntamento da non perdere.
Commenti disabilitati su DITE ARBERESHE : GINESTRA 15 DICEMBRE,ESIBIZIONE IN COSTUME DEL GRUPPO “RETHNES” E DEGUSTAZIONE DEI PRODOTTI TIPICI.
Posted on 08 dicembre 2012 by admin
Commenti disabilitati su Protetto: ORE 11 DEL 13 DICEMBRE 1856 CRONACA DELL’ESECUZIONE DI ANGESILAO MILANO
Posted on 04 dicembre 2012 by admin
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Posted on 02 dicembre 2012 by admin
ROMA ( di Paolo Borgia) – E venne il tempo per il nonno di portare in campagna il nipote. Il primo, quello del nome. Da molto tempo, il bimbo gli chiedeva questa gita, ma la saggezza attendeva la fine del freddo inverno e che il sole salisse più alto nel cielo. Ora,dunque, poteva iniziare ad esplorare il mondo al di là del protetto piccolo vicinato.
Una tiepida brezza saliva dal Piano di Santa Caterina verso il Monte Saravulli accarezzando il mulo gravato dal peso del nonno sul basto e del bimbo di dietro a cavalcioni sulla groppa, mentre raggiungevano la contrada sottratta alla boscaglia e spietrata: Llazi. Lungo la costa del monte, ricoperto di querce e castagni, apparivano al bimbo rocce appoggiate in bilico sul vuoto, che gli sembravano antichi inquietanti fantasmi, protagonisti di acrobatiche lotte solitarie.
Entrarono nella vigna attraverso un angusto varco tra i rovi, le acacie e i fichi d’India cresciuti da molto tempo tra le pietre tolte dal campo e messe tutt’intorno a confine. Appena dentro, ecco nell’angolo kalivja, il consueto capanno di pietre a secco poste in tondo e sormontate da una alta copertura conica di canne. Nello spiazzo antistante una grossa pietra cubica e in un angolo un fornello di muratura per scaldare al fuoco il misero cibo, sostegno per la dura fatica.
Non c’era un filo d’erba nel campo, tenuto pulito come una chiesa. Le viti erano messe ad alberello solitario e sorrette ad una ad una da un tutore di canna, distanziate giusto a farci passare un mulo. Un legaccio nella parte alta manteneva i lunghi tralci a formare una pupa di pampini. Qua e là alberi di pere, fichi, ciliege, amarene e un maestoso noce. C’era anche lo spazio sul bordo per seminare ceci o lenticchie. Due piccole sorgive d’acqua sgorgavano dal terreno ed erano raccolte da due cubici tabernacoli appoggiati al suolo, aperti su un lato da cui si attingeva per bere da pale di fichi d’India rinsecchite a forma di coppa.
Raccolsero insieme un po’ d’amarene, fili d’erba da masticare un po’ rossicci di un sapore aspro ma gradevole e qualche ramo di ceci. I bacelli erano ripieni del seme già ingranato e risuonavano allegri come giocattoli. Il nonno si mise, poi, al lavoro e il bimbo andava scoprendo il ricco nuovo mondo dalle infinite possibilità di gioco. Il tempo trascorse veloce. Poi il nonno a conferma dei sintomi della fame guardò l’orologio a catena del gilé, lasciò la sua occupazione, mise sull’altare di pietra il pane, il vino ed un tocco di formaggio. E accese il fuoco nel fornello per scaldare la zuppa di zucchine e patate dentro la gamella portata pronta da casa. Un raro fresco vento del Golfo portò il suono delle campane di mezzogiorno.
Ci volle un po’ perché la zuppa si scaldasse. L’aria si era andata riempendo della sua fragranza e il bimbo faceva impaziente festa…
Tutt’a un tratto apparvero dal varco due uomini a piedi: uno, vecchio con le mani legate con una catena, l’altro con un fondina di pistola alla cinta che trascinava il primo, il vecchio.
Il bimbo, intimidito, corse verso il nonno appoggiandosi alle sue gambe. Il nonno come ispirato riuscì a dire d’un fiato: «A manciari! (favorite!)». Rituale formula di invito a condividere la mensa. Il bandito, strattonando il vecchio, si accostò alla mensa senza proferir verbo e in men che non si dica si sbafò il cibo e si scolò il vino del bariletto.
Poi, subito, così come erano apparsi, scomparvero entrambi nel verde della vegetazione, proseguendo nell’infame traduzione del sequestrato: lontano appena pochi metri dalle strade carrozzabili continuamente percorse dalle Guzzi e dalle Campagnole in dotazione alle forze dell’ordine. I soldati del 24° Reggimento Artiglieria da Campagna erano accampati lì di fianco, sotto gli ulivi della Sclizza.
Il bimbo…..
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