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11-11-1799: ANCORA NON CAMBIA L’ANIMA DEL igNOTO TRADITORE

Posted on 10 novembre 2021 by admin

01 - RaccontiNAPOLI (di Atanasio Basile Pizzi) – Aver dato se stessi per ideali di un nuovo pensiero civile e culturale, incassando il titolo di una strada, una lapide e un busto a memoria dai suoi gjitoni, denotano quanta gloria, dopo oltre due secoli, sia inghisata nella figura e il ricordo di Pasquale Baffi, l’uomo più colto, sapiente, gentile e garbato della discendenza Arbéreshè.

Poco o nulla si conosce di eventuali atteggiamenti in forma di protesta di stati generali, i luoghi di pensiero minoritari cui apparteneva o gli eventuali titoli prodotti dagli anni sessanta del secolo scorso dai concittadini ormai tutti scolarizzati.

Dopo la battaglia di Vigliena del 28 giugno del 1799 e il conseguente ordine di arresto, disposto dal vertice dalle autorità; eseguito la fine di luglio definitivamente, è iniziato  un estenuante calvario, protratto per altri tre mesi, durante i quali, ha germogliato il protocollo del più vile tradimento, dopo quello dei trenta tre danari.

Solo per una ricompensa,  di poche decine di ducati, oggi poco più di sessanta euro; il valore della viltà, per quanti, sedevano sui bordi del “lavinaio”,  a dirigere.

Lo stesso luogo  tra i più insani del mediterraneo arbëreshë, lì, dove le cose false , riportate per nome e per conto di figure altre, amalorano ogni cosa, appartenenti alla memoria e al buon senso arbëreshë.

Lo stato di malafede e senza alcun principio morale o religioso, valorizza l’ambasciatore di pene, accolto da quanti le notizie non le sottopongono neanche al ragionevole dubbio, loco di virtù  assente, nonostante doveva essere  spazio di coesione sociale.

Seguirono nel corso di questo stato di cose, un numero imprecisato d’illusioni, offese, umiliazioni, cattiverie, disposte, da vili figure, sin anche nei confronti della moglie e i figli dell’illustre uomo di pensiero libero.

Il conseguente trasferimento, quel Novembre del 1799, quando, il generale della suprema corte condanna l’illustre e libero pensatore “per colpe riportate da generi vilmente allevati”.

Definendo eseguirsi la sentenza lunedì, undici corrente novembre, si diede luogo a quanto stabilito dagli organi preposti, conducendo l’illustre e libero pensatore, nella struttura, davanti il Palazzo di supplizio senza fine.

L’ordine, in oltre, precisava che si doveva predisporre le truppe per accompagnare al pubblico patibolo, disponendo, preventivamente pattuglie per le vie e le piazze del borgo, onde evitare ogni genere di contatto o adesione in favore della colta figura .

Così dopo la falsa apparizione di gjitoni e germani, il giorno 11 novembre, verso l’ora “diciassettesima e mezzo”, in otto coppie vestite a festa escono, dalle porte dei palazzi, regine del fuoco povero; e verso l’ora “diciottesima” di quel dì, mentre la madre dell’ignoranza  gioiva e ballava divertita, come i turchi con le resta del Castriota portavano per le terre in trionfo al grido; “ abbiamo fatto fuori, un altro”.

Da quel momento in poi, liberi da ogni genere di figura, si vestono da attori protagonisti; il valere della corona va avanti, certa che alcun antagonista si schiera in difesa del libero pensatore.

Le date e le tappe che ricordano quella storia che denota il cattivo gusto dalla corte reale, originaria dove i generi hanno solo “in dote la casa”, si articolarono così come segue:

– giugno segna la svolta; inizio di un’epoca buia;

– agosto il tempo del tradimento e della china senza fondo;

– settembre il tempo per violare il patto di unione;

– ottobre viene sprecato per sciupare le tracce del costruito storico;

– novembre la fine del riscatto: il ritorno a essere come un tempo casale;

La storia si ripete imperterrita il 13 giugno, sino l’11 novembre; un Pasquale Baffi è sempre, basta ripetere, fatti e gesta; germogli che non smettono di compromettere il grano buono; la falce del “potere” protagonista, fa da giudice e testimone, in favore del fatuo, nel mentre il buon grano è lasciato lontano dalla filiera della mietitura, sperando non germogli più.

Pur consapevoli che le madri vestite di raso, conoscono quali sono i germogli del grano che lievita e fa crescere il pane buono e pur se poco non manca mai, giacche, sufficiente a  garantire domani migliori, in certezze e cose garbatamente tramandate.

Per finire e aprire un nuovo stato di fatto, è opportuno precisare che Pasquale Baffi rappresenta il più alto emblema culturale e di pensiero della minoranza storica arbëreshë, noto  “non”  ad aver scritto discorsi, trattati in tema sociale, perché, quanti idoneamente formati, ogni volta che sentono o leggono i temi citati, quale farina buona di altri favellanti, sanno che il sacco di grano buono, da cui è stato prodotto, appartiene all’illustre e libero pensatore Sofiota.

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